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Mangiare e bere - page 9

Gegè Mangano e i profumi del Gargano per il Giro d’Italia dei sapori a Fano

in Giro d'Italia dei Sapori/Mangiare e bere da

La Lanterna di Fano, insieme a Flavio Cerioni e Elide Pastrani, è stata travolta e stravolta dall’energia di Gegè Mangano. Se l’è portata tutta da Foggia e noi l’abbiamo, con grande gusto, assorbita. A cominciare dal “panino del muratore”. Le tappe del Giro d’Italia dei Sapori di Flavio e Elide Cerioni con Alfredo Antonares e Elsa Mazzolini sono sempre più affollate. Affollate da un pubblico attento, incuriosito, con tanta voglia di divertirsi e imparare. Perché lo scopo è questo. Flavio, che se gli lasciate il microfono vi sommerge di verità (ci sveglieremo un giorno o l’altro?), in questi appuntamenti impara, cresce, racconta. Elide, grandissima cuoca mignon, mi dice che è bello capire come fanno gli altri. Ed allora: pronti, via per la terza tappa! In cucina c’è Luigi Mangano, per gli amici Gegè. Il suo ristorante si chiama Li Jalantuumene ed è a Monte Sant’Angelo in provincia di Foggia. Suoi amici al tavolo con noi – fra poco vi dico chi sono – ci raccontano che, in tempi non sospetti, quindi anni fa, Gegè serviva i suoi piatti anticipando il servizio con champagne e bolle di “alto lignaggio” solo per introdurre la cena. Magnum aperti in mezzo alla sala. Potrei ubriacarvi di parole e bolle senza fine ma la cena di Gegè alla Lanterna merita di essere ricordata con attenzione e senza distrazione. Terra: Gargano. Profumi: sole, mare, calore. Odori: verdure strascicate, mandorle, amore. Ora a me il compito difficile di riassumere quanto scritto. Il panino del muratore era il classico panino, la galuppetta o come volete chiamare voi il pranzo da asporto, dei lavoratori che non potevano rientrare a casa. Si mangiava bene, anzi meglio, senza pause pranzo con paste riscaldate al micro-onde, “camogli” e panini schiacciati in mezzo a piastre incandescenti. Il panino del muratore di Gegè è bagnato nell’uovo e fritto, intendo le due parti sopra e sotto senza farcia, riempito con alici marinate, cicoriella di campo e pomorodino dell’anno prima conservato in salamoia (buonissimo e schizzantissimo!). Le nostre mani si ungono. Mi giro e qualcuno/qualcuna usa forchetta e coltello. Ma è un panino e va mangiato con le mani! Lo dice anche Gegè quando introduce questo antipasto con la presenza colta e preparata di Alfredo Antonares. Ormai siamo, almeno tanti quanto basta, muratori foggiani. Quindi ci meritiamo le fave. In qualsiasi modo siano. Gegè ce le velluta (divine!) e le decora con un fungo cardoncello e un gambero fritto in tempura. Al nostro tavolo ci sono due giovani pastai (gli amici di Gegè di cui sopra) che Gegè protegge e promuove. L’unico primo piatto della serata sono i ravioli dei giovani produttori. Sfoglia di semola di grano duro e ripieno di podolico (che è un formaggio) e mugnoli (che sono i fratelli broccoli delle cime di rapa). Conditi solo con bottarga di muggine di Lesina. La sfoglia è trasparente. I mugnoli sotto sono evidenti e verde scuro. Non fanno grinze né “buchette”. Sono buonissimi e gaudenti in bocca. I giovani produttori si prendono tutti gli applausi. Loro sono Casa Prencipe. Gegè entra e esce dalla cucina. <<Mi sento una star>> dice ai partecipanti. Un altro applauso e si sentirà una rock star. Con il microfono in mano ci spiega la passione dei giovani pastai Prencipe e di come gli sta vicino per farli crescere. Intanto arriva ai nostri tavoli una guancia di maialino cotta a bassa temperatura con un tortino di foglie di papavero e miele di castagno. Tenerezze a fine cena. Prima di arrivare al dolce. Gegè ci ha portato le ostie ripiene di mandorle. Per farvi capire meglio, Monte Sant’Angelo, il paese dove vive e lavora Gegè, è sulla strada di passaggio verso gli imbarchi per la Terra Santa. Le suore, negli anni, usavano le ostie avanzate, per farne dei “panini” con miele e mandorle. Gegè ci fa assaggiare la versione “morbida” con miele di acacia. Insieme al dessert che ci riporta bimbi contadini: mousse di ricottina su crema di cioccolato al profumo di Strega. Unico sapore dolce in questo dolce sono croccanti scorzette d’arancia. La terza tappa del giro d’Italia dei sapori con un vincente Gegè psichedelico, si conclude con le creazioni di Paolo Brunelli (più volte menzionato sulle pagine di Tyche). Abbiamo bevuto marchigiano all’inizio e alla fine con il brut passerina spumante dell’Azienda San Giovanni a Offida e il passito di Bianchello dell’Azienda Bruscia a San Costanzo. Nel mezzo Nero di Troia e Crusta. Senza e con barrique. La prossima tappa sarà il 23 gennaio con il San Domenico di Imola. Vi tengo aggiornati. Per le prenotazioni: 0721 884748/ 335 367446/ info@allalanterna.com.

Carla Latini

“La cucina delle Marche”: un affresco d’amore nel libro di Petra Carsetti

in Cultura/Libri/Mangiare e bere da

Come nonna Lavinia comanda! Petra Carsetti conferma il clamoroso successo con il suo libro cult. Petra è la moglie di Carlo Cambi (con lei nella foto) nonché sua stretta coadiutrice e coautrice. Una coppia, una garanzia per l’enogastromia marchigiana. Oltre 450 ricette della tradizione gastronomica marchigiana raccontate, come in un romanzo, con gli abbinamenti ai vini di questa meravigliosa terra. Un ricettario che è prima di tutto un saggio storico-antropologico, dove i piatti della più stretta tradizione marchigiana non hanno più segreti. Petra riedita La Cucina delle Marche dopo il grande successo che dal 2010 accompagna questo volume. E lo fa con l’inchiostro della passione e il vocabolario dell’amore. Passione per la cucina, amore per la sua terra. L’autrice infatti è maceratese Doc e ha trasfuso prima nella ricerca – durata oltre un anno tra conventi, case nobiliari, osterie e famiglie delle Marche – poi nel racconto delle ricette questo sentimento d’appartenenza alla sua terra meravigliosa di cui narra profumi sapori e restituisce immagini folgoranti. Sono oltre 450 le ricette contenute nel volume e seguendo il metodo di Pellegrino Artusi, Petra le ha tutte sperimentate con l’ausilio di una sua “Marietta”, Emilia Migliorelli, che ha eseguito le preparazioni prima di affidarle alla codificazione del libro. La Cucina delle Marche è edito dalla Newton Compton (382 pagine 4,90 euro), la casa editrice con la quale Petra Carsetti collabora da anni come una delle massime esperte di gastronomie regionali. Basta leggere la dedica in premessa di Petra per capire l’essenza di questo volume: “A nonna Lavinia che è stata mamma, culla di affetti, maestra di vita e che mi dato il senso del rispetto della natura, il valore dell’onestà, il piacere dell’amore; a mia figlia Carlotta che possa avere altrettanto dalla vita”. E’ infatti prima di tutto una cucina degli affetti, del territorio e della familiarità quella che si incontra nelle pagine di questo libro. A cominciare dall’introduzione che rappresenta uno snello trattato di cultura gastronomica e un intenso ritratto della terra marchigiana. Dai brodetti ai vincisgrassi; dallo stocco all’Anconetana al torrone di Camerino; dalle olive all’ascolana al coniglio in porchetta; dal ciambellone alla ricetta del mistrà; dal pottacchio al fritto. Tutti i classici marchigiani sono spiegati, motivati, narrati con il doppio scopo di fare del libro un testo di cultura gastronomica e un praticissimo ricettario al quale ispirarsi per ritrovare il calore dell’affetto, il sapore della cucina di casa, il valore del convivio. A completare il volume ci sono, per ogni ricetta, gli abbinamenti con i vini esclusivamente marchigiani. Si può dire che il volume è anche una sintetica ma informatissima guida al nettare di Bacco delle Marche.

Petra Carsetti, durante gli studi di medicina, ha coltivato la sua vera passione: l’enogastronomia. Ha studiato con alcuni dei maggiori chef della Regione Marche e di tutta Italia, ha partecipato a numerosi stage di formazione sulla cultura del vino spaziando dalla Napa Valley a Bordeaux, dall’Australia alla Franciacorta, da Montalcino alla Nuova Zelanda. La sua attività editoriale l’ha portata a collaborare con numerose testate nonché alla stesura di autorevoli guide enogastronomiche. Dal 2010 ha una rubrica fissa di enogastronomia sull’inserto “LiberoGusto” del quotidiano Libero. È la coautrice della guida Il Mangiarozzo, vero e proprio bestseller pubblicato dalla Newton Compton. Ha inoltre collaborato alla redazione de Le ricette e i vini del Mangiarozzo, 101 osterie e trattorie di Milano dove mangiare almeno una volta nella vita, Le ricette d’oro delle migliori osterie e trattorie italiane del Mangiarozzo, Alberghi e Ristoranti della DeAgostini, Le Locande e gli Agriturismi del Mangiarozzo. Nel presentare la sua fatica Petra Carsetti ha semplicemente affermato: <<Ho voluto fare un atto d’omaggio alla mia terra, alle mie radici, ai sapori della mia vita. Spero che possa essere per molti l’occasione di riscoprire la gioia di cucinare per fare del cibo un atto dativo e nativo. E mi auguro che in fondo ad ogni ricetta, ad ogni vino che ho raccolto, descritto e segnalato, tutti possano riconoscere il profilo delle mie colline, il fascino delle mie montagne, il calore dei miei borghi, quell’azzurro infinito dei Sibillini e dell’Adriatico, le nostre armonie. Devo un enorme grazie a quanti mi hanno per mezzo – dalle famiglie nobili, alle suore di clausura, dagli artigiani del gusto ai ristoratori – di scartabellare tra i loro ricettari per estrarre il contenuto di questo libro che mi auguro sia per le mie Marche un’occasione per farsi scoprire attraverso la suggestione dei suoi sapori>>.

Carla Latini

Villa Magnolia 2, si balla e si recita nel social eating di Luca e Loredana

in Cinema/Mangiare e bere da

Continuano i social eating, gli incontri, a Villa Magnolia da Luca e Loredana. Fra tango argentino, delfini e attori di grande livello. Cibo e vino di contorno (leggi l’articolo QUI).

Questa volta ci sono stata in prima persona e mi sono divertita molto. All’entrata un grande elefante bianco, rassicurante, simboleggia l’atmosfera che si respira in questa casa. Accogliente, calda e multitasking. Per cui la grande sala da pranzo diventa una pista da ballo dove Raffaele racconta il tango. Dalla sua nascita, ispirato in Argentina dai ritmi tribali africano, fino alla sua possibile morte, quando è approdato a Parigi ed è diventato il tango da sala da ballo. Ma il tango argentino, spiega Raffaele ad un pubblico che continua ad arrivare, ha ripreso la sua vera identità con dei musicisti agguerriti. Il tango era il ballo dei bassifondi. Sensuale e “sessuale”. Fra le donne di strada e i delinquenti di allora. Ed allora comincia a Villa Magnolia un persorso danzante, bellissimo, che attraversa la storia del tango raccontato da Raffaele. Nel frattempo, dalla cucina, arrivano i profumi delle impanadas che saranno il contorno, con un ottimo primitivo fresco, di questa bella serata. Che si conclude con una promessa. In sala con noi c’è un bel ragazzo biondo. Un attore professionista che ci legge alcune cose. Lui si chiama Barbato De Stefano. Si, Barbato di nome. Così si chiamava il nonno. Barbato promette una serata con lui a Villa Magnolia e Luca deve fare il bis. Due serate per lui. A cavallo di queste due date Luca invita Ric O’Barry, premio oscar per Dolphin projet. È un sabato pomeriggio. La gente arriva in ordine sparso. Si parla di mare, di coraggio. Di difesa dell’ambiente. Seduti sui divani di Villa Magnolia. E qualcuno accende il camino che comincia a far freddo. Torno un momento a Barbato che merita la vostra attenzione. Attore brillante, ha ricoperto vari ruoli importanti nella compagnia Italiana di Operetta, nella compagnia di Corrado Abbati e nella Compagnia di Edoardo Guarnera riscuotendo un grande successo di pubblico con il personaggio di Sigismondo nell’operetta Al cavallino bianco. Per la televisione invece ha preso parte al cast di produzioni come Sotto Casa, la nona stagione di Incantesimo, la terza di Provaci ancora Prof e La nuova squadra, Don Matteo 7 e La Ladra. Nel 2006 si è laureato con una tesi in critica letteraria su Massimo Troisi, nella quale ha analizzato alcuni manoscritti inediti del grande attore napoletano. Gli anni successivi ha collaborato come assistente alla regia di Vincenzo Salemme per La vedova allegra e Bello di papà. Ha diretto il cortometraggio Sala Buia, da lui scritto e interpretato, che il 30 novembre 2008 ha vinto il premio regia al Pistoia corto film festival. Nel 2011 è autore e interprete di un inno dal titolo Napoli Vincente e per l’occasione ha diretto il video clip nella Galleria Umberto I di Napoli con 150 artisti partenopei. Nel 2011 riceve un premio Special Award al Roma Videoclip 2011 per il video Napoli Vincente per la regia. Nel 2012 consegue il titolo di Laurea Magistrale all’ università La Sapienza di Roma Facoltà Lettere e Filosofia corso di Laurea in Forme e Tecniche dello Spettacolo, tesi sulla Nuova Serialità Televisiva in Italia. Durante le due serate ha attinto dal suo bagaglio artistico per deliziare gli ospiti. Che hanno finito con il piatto prefetito da Barbato: gli spaghetti in tutte le salse! Seguite Luca e Loredana sulla pagina Facebook “cucinainamicizia”. Per scoprire un modo diverso per stare insieme.

Carla Latini

Un Giro d’Italia dei Sapori per Gino Angelini alla Lanterna di Fano. Ben 26 le stelle in cucina

in Mangiare e bere da

Il 15 novembre, un incastro irripetibile ha riunito in cucina con Gino Angelini, uno dei cuochi italiani più famosi in Usa, i grandi chef amici venuti da ogni parte d‘Italia e dagli States. Un’occasione ghiotta in tutti i sensi: gastronomica perché con tante stelle in cucina, 26, si poteva solo che mangiare divinamente come è successo, ma soprattutto culturale. Per il pubblico intervenuto, circa 166 colti gourmet, conoscere, condividere e confrontarsi con i loro beniamini ha avuto un senso molto profondo. E poi il magico carisma di Gino ha fatto la parte del leone.

cuochi gino angelini I miei ricordi corrono a tanti anni fa. Hotel de Bains Riccione, Festa della Donna. In cucina con Gino c’è Gianfranco Vissani. Passo a salutare. Mi convincono a rimanere a cena. Una cena giallo mimosa, dove la più brutta era Ornella Muti, cominciata con i classici filetti di triglia al limone di Gino (per la cronaca io ero in jeans e maxi maglione di cotone alle ginocchia…). Ma torniamo alla Lanterna da Flavio. Sono al tavolo con Elsa Mazzolini, l’ideatrice del Giro insieme a Alfredo Antonares e allo stesso Flavio. Del Giro d’Italia dei Sapori vi ho già scritto nell’articolo dedicato alle Mariette (QUI). L’atmosfera carica di tensione positiva ci contagia piacevolmente. Da buoni ospiti marchigiani beviamo un rosato con le bolle dei colli piacentini. Arrivano i piatti. I ragazzi dell’Alberghiero di Pesaro hanno scritto due righe che Gino legge volentieri. Due righe che parlano di come la loro scuola stia cadendo a pezzi. Sono bravi questi ragazzi. Sembrano formichine laboriose e silenziose vestite di beige. Flavio coordina. Il primo antipasto sono proprio le triglie del Des Bains. Inizio vintage. Così tanti cuochi nella cucina di Elide, che oggi è seduta a tavola, non ci entrano. Allora diversi girano per i tavoli raccontando storie di piatti. Sembra di essere ad un matrimonio. Un matrimonio d’amore fra il cuoco e la materia prima. Non è retorica amici di Tyche. Lo dimostra l’accostamento audace del prossimo piatto: ricci di mare, uovo pochè e scorzone. Iodio e terra in bocca. I sapori estremi del mare e dell’humus. Seguono i cromatismi di una croccante lasagna alle verze, dedicata alla sua anima romagnola e le due cotture dell’agnello con porri e patate. I nostri palati bevono il verdicchio riserva di Stefano Antonucci. Ed ora, nel menu, Gino ritorna a Los Angeles. La guanciola brasata con sedano rapa grigliato è uno dei piatti della sua Osteria Angelini. Per rendere il “viaggio culinario californiano” più credibile, beviamo un sangiovese della Three Valleys Sonoma County e si accendono i campanilismi. Il dolce calma gli animi. È una mattonella di cioccolato amaro con i frutti dell’autunno e un gelato alla zucca. Il nostro vino di visciole avvolge in bocca questi sapori.
Vengono serviti i caffè ma, dopo, nessuno si alza. I cuochi si confondono fra il pubblico. Come mantecati dentro un risotto di parole, esperienze e gusti.
Le luci si spengono lentamente, il pubblico lascia la sala e i cuochi aprono i panettoni di un amico e stappano lo champagne di un altro amico.
Tutti intorno alla tavola, ormai in borghese.

Come in un colpo di scena, fuori programma, entra Maurizio Urso da Siracusa. Sì, direttamente da Siracusa. La notte, adesso, si fa giusta per due spaghi. Maurizio cuoce 5 kg di spaghetti con aglio, olio, alici, peperoncini e muddiga. Comincia il secondo tempo della festa di Gino Angelini nelle Marche. Concludo dicendovi che i cuochi della nostra terra erano Riccardo Agostini e Stefano Ciotti. Che dagli Usa sono arrivati Enzo Febbraro e Isabella Pedroli. Dalla Romagna i migliori fra cui Giampaolo Raschi. Da Bologna i migliori fra cui Max Poggi. Tutti gli altri dal resto d’Italia. Mi scappa un cameo per Maurizio Urso che sarà uno dei protagonisti del Giro d’Italia dei Sapori ad aprile 2016. Data da destinarsi che vi dirò. Prossimo appuntamento il 3 dicembre, invece, con Gegé Mangano, uno dei cuochi che meglio rappresenta la Puglia in Italia e all’estero. Io ci sarò e vi aspetto. Per prenotare 071.884748, 335.367446, info@allalanterna.com

Carla Latini

Merano WineFestival & Vini Buoni d’Italia, cin cin alle eccellenze marchigiane

in Mangiare e bere da

<<In tutti i ristoranti più importanti di Londra da tempo è presente nella lista dei vini il Verdicchio>>: queste le parole di Carlo Paoloni, manager di successo attualmente in Inghilterra, in una sua conversazione con l’enogastronomo Luigi Cremona. Il territorio marchigiano comincia ad avere degli autorevoli punti di riferimento a livello internazionale. Questo permette da una parte di far girare i nostri prodotti oltre i confini, dall’altra di rendere protagonista la regione e non solo, con una nicchia qualitativamente elevata a livello enogastronomico. A fare bella mostra di sé molti prodotti marchigiani hanno scelto il Merano WineFestival, alla sua ventiduesima edizione. Helmuth Köcher presidente, fondatore e direttore generale di questa importante manifestazione non può che esserne orgoglioso. Una macchina organizzativa efficientissima che ha saputo farsi apprezzare da un pubblico interessante e preparato, merito soprattutto dell’attenta selezione degli espositori. A questo va aggiunta anche la sinergia con Mario Busso che gli affida la giornata conclusiva di Vini Buoni d’Italia, la guida Touring Club dei migliori vini e le cantine autoctone.

Premiati vini d'Italia Merano WineFestivalQueste le bottiglie premiate con le Corone dai Vini Buoni d’Italia 2016 nella nostra regione:
Bucci Azienda Agricola con Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Villa Bucci 2013
Casaleta con Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Barasta 2012
Fattoria Coroncino con Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Gaiospino 2013
Fulvia Tombolini con Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Fulvia Tombolini 2014
Garofoli con Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Serra Fiorese 2010
Landi Luciano Azienda Agricola con Marche Igt Rosso Nobilnero 2009
Le Caniette con Rosso Piceno Doc Nero di Vite 2007
Lucchetti con Lacrima di Morro d’Alba Doc Mariasole 2012
Mancinelli Stefano con Marche Igt Rosso Terre dei Goti 2010
Marchetti con Cònero Docg Riserva Villa Bonomi 2012
Montecappone con Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Federico II A.D. 1194 2014
Oasi degli Angeli con Marche Igt Rosso Kupra 2012
Pievalta con Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Pievalta 2014
Santa Barbara con Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Tardivo ma non Tardo 2013
Santa Barbara con Rosso Piceno Doc Il Maschio da Monte 2013
Sartarelli con Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Tralivio 2013
Serenelli Alberto con Rosso Cònero Doc Varano 2012
Serenelli Alberto con Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Sora Elvira 2013
Tenuta di Tavignano con Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Misco 2013
Terre Cortesi Moncaro con Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Vigna Novali 2012
Umani Ronchi con Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Vecchie Vigne 2013
Un piacevole vetrina, quella delle premiazioni dei Vini Buoni d’Italia 2016, deliziosamente presentata da un carismatico sommelier, Alessandro Scorsone, sempre più indispensabile intrattenitore. Gianluca Mirizzi dell’Azienda Montecappone di Jesi conferma l’interesse del vino marchigiano a livello internazionale: <<Sempre più estimatori del nostro Verdicchio e nuove fette di mercato arrivano da Belgio, Germania e Stati Uniti. Poi sul mercato italiano donne e giovani si avvicinano con interesse al buon bere, raggiungendoci con frequenza nella nostra cantina a Jesi. Segnali incoraggianti per continuare a fare sempre meglio>>.

Kruger Agostinelli

Alle Cantine Monteschiavo incontri fra vigne e ulivi

in Mangiare e bere da

Clienti, amici, opinion leader e semplici appassionati hanno “invaso”, la collina di Maiolati Spontini in occasione di un appuntamento organizzato dalle Cantine Monteschiavo. La scusa buona quella dell’olio evo non filtrato appena franto. E di un vino coraggioso. Una Lacrima Superiore che si chiama la Rediviva. L’annata, quella del 2014. Un vino giovane, rosso rubino trasparente. Intenso nel profumo inconfondibile. Alla bocca molto piacevole. Perfetto per esaltare l’olio denso e verde, come le foglie di ulivo, servito su fette di pane bruschettate e croccanti. La festa è cominciata con i tappi saltellanti delle bollicine cult dell’azienda. Ogni persona è stata accolta così e accompagnata in un percorso di calici colmi da degustare e prodotti unici da assaggiare. In questo percorso ho conosciuto il produttore e il cuoco delle zuppe di legumi e cereali “La vita è bella”. Zuppe biologiche, perfette per l’olio nuovo. Si ferma, interessato, Glen, il cuoco filippino de Il Libeccio di Marcelli di Numana (leggerete di lui su queste pagine a breve). Mi interessa il suo punto di vista. Il suo lato, diciamo, non italiano. Anche se credo di aver capito che sia nato in Italia. I cuochi sono tutti uguali. Basta una farina di cereali alternativi, delle lenticchie che sembrano coriandoli colorati a stimolare la fantasia creativa. Ed è bello ascoltarli quando lo fanno a voce alta. Glen pensa, con il sonoro, a pesce e lenticchie. Alle pelli – in realtà la pelle del pesce si chiama cute – lavorate in maniera tale da rimanere croccanti colorandosi dei colori delle lenticchie. Accanto una lasagna a due strati fatta con le farine di ceci e di farro. In mezzo una crema di lenticchie che sarà di un unico colore. Glen parla ed io immagino.

Accanto a noi si ferma Luca Belleggia. Giovane manager del nuovo Hotel di Ancona il Seeport. Anche di questo vi racconterò a breve. Con lui si ragiona sullo stile che deve avere un albergo internazionale. Di come la cucina lascia alla creatività il giusto spazio. Spesso un viaggiatore stanco non ha una grande voglia di mangiare piatti elaborati. Quindi nel menu di un international ci sono anche piatti “tristi” ma necessari. Luca si occupa dell’acquisto dei vini e mi porta un calice di pecorino Monteschiavo. Mentre beviamo – ed io imparo – ci avviciniamo alla “bancarella” di Baldi. È molto conosciuto fra i ristoratori perché li rifornisce delle migliori carni italiane ed estere a filiera controllata e certificata. Ma oggi è qui con una “chicchissima” (il pubblico merita). Un baccalà delicato, scaglioso e quasi croccante cucinato “nientepopodimeno” che da Errico Recanati nella classica ricetta all’anconetana. La mano di Errico è lieve e alleggerisce qualsiasi provocazione di questo celebre pesce essiccato con il sale. Così il mio pecorino rimane persistente e non viene sopraffatto da altri sapori. Accanto alla classica ricetta, Errico ha preparato una sorpresa nel suo stile, spiritoso! Inconfondibile. Baldi mi fa vedere una specie di oliva che nella forma somiglia di più a un grande cappero. La prendo dal picciolo, che è un picciolo vero, la metto in bocca e lentamente si scioglie. A cosa penso? Al baccalà mantecato del Vecio Fritolin di Venezia, il più buono della mia vita! E ai capperi che mi manda sempre Carlo Hauner da Pantelleria. Buonissimo boccone. Degno della Rediviva che, Emanuele Boccaccini, il maitre del Marchese del Grillo, mi sta offrendo. Alcuni scappano via dopo veloci assaggi. Altri, è lunedì e sono chiusi, rimangono a chiacchierare. Il buio è arrivato prima. Le vigne, con le foglie arrossate dall’autunno, brillano grazie a luci messe con grazia e maestria. È un po’ umido. Olio, pane e vino ci scaldano. Ma che bella festa!

Carla Latini

Gualtiero Marchesi assapora il tartufo bianco di Acqualagna. E taglia il nastro della Fiera nazionale

in Mangiare e bere da

“Io sono il mio stile”. Con questa frase Gualtiero Marchesi ha salutato, lo scorso 25 ottobre, i cittadini di Acqualagna e le Marche intere. Posso affermare, a ragione, che il Maestro di tutti i più grandi cuochi italiani, si è realmente affezionato alla nostra regione.

Quindi ogni scusa è buona per ritornare. A lui, quest’anno, l’onore di tagliare il nastro tricolore della Fiera nazionale del Tartufo Bianco Acqualagna, accanto al sindaco della città Andrea Pierotti e al Presidente Luca Ceriscioli. Che ho scoperto essere un grande buongustaio oltre che cuoco. I marchigiani lo vedranno all’opera il prossimo 15 novembre sempre ad Acqualagna. Perché qui il tartufo si festeggia per un mese intero. Ritorno a Gualtiero. Alla domanda: come usa il tartufo nella sua cucina? Ha risposto citando un suo cavallo di battaglia. Un piatto storico del suo repertorio: <<In insalata con asparagi e penne, accompagnate da tartufo fresco secondo le stagioni>>. Ha poi ripreso il discorso, mai interrotto, aperto a Senigallia durante l’incontro con i ragazzi dell’Alberghiero. Il concetto della materia prima ed il rispetto sacro di essa non abbandonano mai i suoi pensieri. <<Arriverò a fare un piatto con un solo grande ingrediente. Che sia carne o pesce o verdura. La materia prima da sola. Esaltata da se stessa>>. Mi dice al telefono qualche giorno dopo che è stato contento della calda accoglienza che gli hanno riservato e del premio La Ruscella d’Oro. Essendo i 50 anni della Fiera del Tartufo di Acqualagna, il Comune ha fatto le cose ed in grande. Il Maestro ha poi passeggiato per gli stand gastronomici dando saluti e attenzioni a tutti. E’ sempre un grande. Ed io sono felice di essere sua amica…

Carla Latini

Il pranzo della domenica delle Mariette al Giro d’Italia dei Sapori

in Giro d'Italia dei Sapori/Mangiare e bere da

Le Mariette, le “sfogline” più conosciute d’Italia, hanno inaugurato il Giro d’Italia dei sapori al ristorante La Lanterna di Flavio Cerioni. Ma chi sono e cosa fanno le Mariette con questo nome così buffo da sembrare quasi una compagnia teatrale? Sono più di cento e sono tutte romagnole. Età indefinita. Dalla ragione in su. Non sono cuoche, esclusa una che lavora in una mensa scolastica. Amano e tramandano la sfoglia. Quella vera fatta a mano. Insegnano, cucinano, raccontano. Svolgono un ruolo fondamentale nella Scuola di Cucina di Casa Artusi a Forlimpopoli. Le loro specialità sono la pasta sfogliata, tirata con il mattarello, la pasta ripiena, la piadina, il pane e i piatti tipici dell’Artusi. I classici della cucina romagnola di casa. Il pranzo che le Mariette hanno preparato per gli amici della Lanterna si è svolto di domenica. Un tavolo “vip” ospitava gli ideatori del Giro: Elsa Mazzolini, Alfredo Antonares e lo stesso Flavio Cerioni. Che non è stato seduto mai. Sempre in giro per la sala a coccolare i clienti. In cucina, con le Mariette, la bravissima Elide Pastrani. Una cuoca con una grande sensibilità olfattiva. Nulla da invidiare alle Mariette. Ma il gioco: a quante mani?, 16? 18? È riuscito molto bene. Si voleva, volutamente, riproporre il classico pranzo della domenica. Ai tempi in cui si mangiava, bene, solo una volta a settimana. La pasta sfogliata a mano era un cult. Ripiena e al forno. Ma andiamo per ordine. L’antipasto è il cappone in galantina con la composta di cipolla rossa. Un piatto quasi regale. Direi sontuoso nella sua complessità. I cappelletti all’uso romagnolo sono ripieni di formaggi vari, senza carne. Tanto grandi da riempire, ognuno il cucchiaio. Uno per uno, in un boccone all’altezza del cappone. Un boccone da re. Le lasagne della domenica stavolta sono in bianco. Con spinaci e altre verdure. Una densa e morbida besciamella le lega rendendole voluttuose e molto gustose. Avete capito che le Mariette non scherzano. Volete la tradizione romagnola? Eccola qui. Il piatto forte è un filetto di maiale all’aceto balsamico con scalogno in agrodolce alla Saba e sformato di carote e spinaci. Da notare, se non ve ne siete accorti, il ripetersi degli ingredienti nelle portate. Una cosa che si fa quando si cucina a casa. Se comprate gli spinaci in abbondanza perché sono belli e convenienti li declinate in quasi tutte le portate oppure no? Certo che si. Un cuoco ‘vero’ non lo farebbe mai a meno che non si tratti di un menu tematico. Ma le Mariette non sono cuoche e si comportano come farebbero a casa. Il dolce che ha chiuso l’allegro conviviale è la zuppa inglese con l’alchermes che fa tanto colore. I vini che hanno accompagnato i piatti sono stati, come da copione, tutti marchigiani: Garofoli, Lucarelli, San Lorenzo, Conti di Buscareto. Alla fine applausi e domande. Elsa e Alfredo si complimentano, chiedono informazioni e disquisiscono sulle quantità del sale utilizzato e su come cambiano, paese per paese, le tradizioni culinarie. Cavilli divertenti che fanno rimane gli ospiti seduti ancora un po’ a bere il caffè, rigorosamente corretto al Varnelli. Dopo un pranzo luculliano come questo ci sta! Prossimo appuntamento del Giro d’Italia dei sapori il 15 Novembre con Gino Angelini da Los Angeles. Io per Tyche ci sarò per voi. Provate a chiedere se ci sono ancora posti liberi info@allalanterna.com 0721884748.

Carla Latini

Nikita Sergeev gran finalista al Premio Chef Emergente 2015

in Mangiare e bere da

Nikita Sergeev de L’Arcade di Porto San Giorgio ci ha provato fino in fondo ma alla fine l’ha spuntata Oliver Piras del ristorante Aga di San Vito di Cadore. E’ lui infatti il miglior chef emergente d’Italia 2015. Onore anche a Gianfranco Bruno de La Masseria del Falco di Forenza, l’altro finalista in rappresentanza del sud. Questo il verdetto di una qualificatissima giuria di giornalisti e chef agli assaggi, di cui ha fatto parte anche Tyche Magazine, e un rappresentante della FIC dietro le quinte a controllare ogni mossa e scarto superfluo. Oliver ha convinto con il suo rigatone all’amaro di carciofi addolcito dalla stelvia, il salmerino al triplo verde, il maialino all’aglio bruciato e il gelato al pepenero mele e levistico. Una finale emozionante che ha visto Gianfranco Bruno sfiorare la vittoria con il finto peperone ‘mbuttonato, seguito dalla minestra di grano spezzato e dall’involtino di maiale con il dessert autunnale a chiudere, e Nikita Sergeev con le uova strapazzate, la coraggiosa minestra di cuore d’agnello, il maremonti di maiale e gambero, l’english breakfast in chiusura.

Un successo meritato per Cooking for Art 2015 impeccabilmente organizzato dallo staff della Witaly di Lorenza Vitali, condotta magistralmente da Luigi Cremona. Di seguito l’intervista allo chef Sergeev, che abbiamo già intervistato nel nostro primo Chef Tyche (potete leggere di lui QUI).

Kruger Agostinelli

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