Uno degli scopi “benefici” della formula “Giro d’Italia dei Sapori” è quello di farvi provare un viaggio che non vi sareste potuti permettere. Appurato che il viaggio diventa sempre più difficile da realizzare. Siracusa è una delle più belle città della Sicilia. In realtà le amo tutte e tutte le città “valgono il viaggio”. In ognuna c’è il cuoco sapiente che la rappresenta e la esalta. A Siracusa c’è Maurizio Urso.
Ho avuto la fortuna di approfondire la sua conoscenza durante la cena della presentazione della Guida Eurotoques di cui Maurizio è presidente per la sua regione. Maurizio è anche presidente di Italcuochi, l’associazione italiana che raccoglie i più versatili e creativi chef. Quelli che piacciono al maestro Gianfranco Vissani. Di cui Maurizio è amico e spesso valida spalla. In Maurizio regna l’anima dell’antico Monsù, come mi conferma Elsa Mazzolini che, se ancora non l’avete imparato, è ideatrice del Giro insieme a Alfredo Antonaros e Flavio Cerioni (patron della Lanterna a Fano dove si svolge il Giro). Il Monsù era il cuoco delle famiglie nobili e ricche. Quello che, all’occorrenza, era capace di organizzare pranzi sontuosi e ruffiani che si “francesizzavano” con stile. Era capace di conservare, gelosamente, le tradizioni delle “cucine” povere fra terra e mare. Scrivo “cucine” perché la Sicilia è fatta di tante cucine. Dalla povera, che utilizzava solo il raccolto e pescato fresco, a quella evoluta che si ispirava alle “contaminazioni” di altre culture. Quella dei Monsù era il massimo. Il Monsù doveva essere diplomatico e attento come un cerimoniere di corte. Ora comprendo perché Maurizio riesce sempre a fare “squadra”. Comprendo meglio anche la sua cucina e l’affetto sincero che la circonda.
Arrivo alla Lanterna, come sempre, qualche quarto d’ora prima. Trovo Maurizio in cucina con i suoi ragazzi. Non resisto e mi faccio fotografare con loro, con i loro cappelli, di fronte ad una immensa padella colma di vignarola. <<Ma che dici? Vignarola? Questa è la frittedda!>>. Carciofi, fave, piselli e cipolla che faranno da base, contorno, al dentice in campagna. Il piatto forte del nostro Monsù. Che è anche un “dizionario” gastronomico vivente. Le danze gastronomiche cominciano quando l’ultima “Marietta” si siede a tavola. Le Mariette, sapete già tutto di loro, coccolano Maurizio chiamandolo “Ursetto” e lui “storpia” vezzeggiando alla sicula i loro nomi. Così Valeria diventa “Valeriuzza” e così via! Il Tonno vestito al sesamo su maionese senza uovo al latte di mandorla e lampone racchiude in un sol boccone la filosofia di Maurizio. Concretezza, solidità, tradizione e il tocco di colore e sapore diverso dato dal lampone. Qualcuno farebbe il bis. Lo scooby-doo di alici con beccafico, spuma di cavolo vecchio di rosolini e wafer di sesamo a cacio merita la foto. In questo piatto ci sono ricordi di classici ripieni dedicati alla cacciagione che nella cucina povera rendevano omaggio alle alici. Le regine incontrastate del mare. Nel piatto spunta il “cacio”. Altro ingrediente presente spesso, fra terra e mare, nelle ricette sicule. Una parentesi a parte merita
il cavolo vecchio di Rosolini. Che Maurizio ci racconta così: <<Rosolini è un paese fra Ragusa e Siracusa conosciuto fin dai tempi dei Bizantini per le saline e la vocazione all’agricoltura. Il cavolo vecchio veniva coltivato ai bordi delle saline. Simile al fratello toscano nero ha foglie grandi e carnose. Con un verde più delicato. Adatto a ‘grassare’ cibi importanti>>.
I fuochi d’artificio (come scritto sul titolo) iniziano a “scaldarsi” e cominciano a “scoppiettare” quando arriva il Risotto al fumo di alloro, mirepoix di spada, arancia e limone femminello. C’è chi sente tutti i sapori distinti; chi “sperava” in un risotto all’onda; chi cerca il pesce spada; chi si fa travolgere dagli agrumi consistenti in bocca e “scoppiettanti” appunto di colori; chi “pesca” il pistacchio “maltagliato” che viene, veramente, da Bronte. Chi fa il tris. Elsa domanda: <<Hai imparato da Vissani a fare il risotto così?>>. E Maurizio: <<E’ lui che ha imparato da me!>>. Ecco che il Monsù che è in lui ritorna, gentile. Monsù, per chi non lo sapesse, è l’abbreviativo di Monsieur (Signore) dal francese. Il piatto forte di cui vi ho anticipato prima , il dentice in campagna, si “poggia” sulla frittedda ed è circondato da creme di peperoni rossi e gialli. Il dentice, complice la provocazione di Elsa che Maurizio ha colto prontamente facendola sua, si presenta in veste di involtino ed è pure in verticale. Sopra di lui, come a proteggerlo, una sottile fetta di pane. E a proposito di pane… Elide, la cuoca della Lanterna, nonché moglie di Flavio, sostiene il Giro con la sua brigata e con i pani, straordinari, che è capace di fare. Perché anche di solo pane si può godere.
Godere è il verbo esatto che deve precedere il dessert di Maurizio Urso. Che spiazza tutti quelli che si aspettano Sicilia anche e soprattutto nel dolce finale. Che ci sarà. Tranquilli. Ma non ora. Ora arriva un calice stile Martini ma più grande (gli esperti sanno come si chiama… io no) con Fragola in Zephir di fiore di Ibiscus, coulis di pere speziato al finocchietto e gelato di yogurt e limone. Tante note che non si sovrappongono ma che, come spesso succede nei piatti di Urso, si accentuano, diventando protagoniste di qualche boccone. Poi, per i nostalgici e per quelli che la Sicilia è arancia, cioccolato e mandorla (come dar loro torto?) volano al centro dei tavoli vassoi ricolmi della più gaudente pralineria che potete immaginare. Chiudete gli occhi e vedrete: scorzette di arancia con o senza cioccolato, amaretti, cannoli mignon, cioccolatini. Una malvasia delle Lipari bagna il nostro finale. Maurizio è rimasto a parlare con gli ospiti (più di 100 persone) fino a tarda notte.
La prossima tappa del Giro sarà a Madonna di Campiglio, il primo Giugno, con Enrico Croatti del DV Chalet Boutique. Con lui, forse?, Gino Angelini. Già celebrato su queste pagine. Per info e prenotazioni info@allalanterna.com tel. 0721.884748 – cell. 335367446 sino all’esaurimento dei posti disponibili.
Carla Latini