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Mangiare e bere - page 7

I marchigiani al Cibus di Parma, la più importante fiera biennale del food

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I marchigiani al Cibus di Parma, la più importante fiera biennale del food. Questa fiera continua ad attirare importatori da ogni parte del mondo. Fedeli e affezionati europei, americani, australiani, thailandesi, giapponesi, indiani, cinesi. Il Made in Italy, quello vero, «continua a funzionare», mi dice Marcelo Antoniolli che viene da Manchester.

cibus tycheI marchigiani a Parma ci sono, ma non ci sono le Marche. Nel senso che non c’è la Regione in veste ufficiale. Come è successo, invece, a Vinitaly, a differenza di altre che sono presenti, concentrate nel padiglione 8. Qui trovo i marchigiani-artigiani. Pastai all’uovo come Aldo, salumifici come Saporito salumi. Hanno stand affollati ma mai come la Regione Puglia o la Regione Friuli Venezia Giulia. Così, insieme, ad un amico italiano, Massimo Vidoni, che ha lavorato negli Usa e che ora è il re del tartufo fresco a Dubai, andiamo alla ricerca dell’agro-alimentare marchigiano che tanto piace all’estero. Io so chi sono ed anche lui. Mappa in mano e partiamo. Al padiglione 6 troviamo Maurizio Giacchetti patron dell’Ortoconserviera Cameranense. Sott’olio e preparati di ottima qualità. Gentile, Maurizio esce dallo stand per salutarmi poi rientra veloce. Sta conducendo una degustazione con i buyer di un grande gruppo americano. Faccio una foto e catturo la tensione positiva che sempre tensione è, che vive dentro i protagonisti di una fiera così importante. Dove, come in tutte le grandi fiere, prendi 6 appuntamenti per la mattina e forse diventano 8 oppure solo 4. Dipende anche dal tempo che ci vuole per entrare e parcheggiare. Come per Vinitaly a Verona, per Parma vale la stessa identica polemica. Fiera vecchia, per passare da un padiglione all’altro si esce all’aperto. Il giorno che ho scelto era quello delle grandi piogge “tropicali”. I cellulari prendono poco… insomma disagi su disagi che non tolgono il sorriso a chi da dentro lo stand aspetta visite commerciali.

Quattro passi più in là saluto gli amici di Acqualagna tartufi. Un nome che, non meno di Alba, vuol dire nel mondo tartufo di pregio. Loro, credo, siano stati fra i primi nelle Marche a produrre creme e condimenti, oli e burri che permettono di conservare al meglio i profumi ed i sapori del “diamante grezzo della terra”. Come lo chiamò Raffael Garcia Santos durante uno degli ultimi appuntamenti de “Lo mejor de la Gastronomia” a San Sebastian. Ed a proposito di tartufi voglio salutare dei miei amici che hanno il brevetto dell’olio al tartufo realizzato per osmosi. La loro è stata una scommessa vincente che ha riconciliato il mercato mondiale con l’olio artigianale al tartufo. Vengono da Arezzo, si chiamano Boscovivo. Perdonate la parentesi non marchigiana ma è giusto ricordare chi ha cominciato in questo filone.
Cammina cammina… eccoci al padiglione 3. Con Massimo mi sono già lasciata da un po’ per passare sotto le ali protettive di Paolo Paciaroni che è qui con la sua brigata per uno show cooking. Mi porta da Baldi Carni. Avete presente l’uscita di Monsano sulla superstrada per Fabriano? Baldi Carni è lì. In fiera conosco Luca Scorcella, nuovo direttore commerciale. Un ragazzo giovane e pieno di quell’entusiasmo trascinante di chi ha in mano un progetto nuovo. Vuole parlarmene ma non c’è tempo. Assaggio però i nuovi hambuger tutti Made in Marche. Tanto di cappello ragazzi! Finalmente il mio telefono ridà segni di vita. Marco e Beppe, amici italiani che affrontano il difficile e complesso mercato di Malta, sanno che ci sono e vogliono darmi un bacio. Ci becchiamo alla Quack, sempre al 3, salumi e prosciutti d’oca. Appunto Quack. Ritorno all’8 da dove ero partita e mi fermo per un succo di frutta vera con Maurizio Curi della Golosa di Montelparo a Fermo. Già incontrato a Taste ricordate? Parliamo di costi e di quanto sia impegantiva questa fiera. Come vi ho scritto da quando mi conoscete ammiro il coraggio individuale dell’agro-alimentare marchigiano. Di tutti quelli che c’erano. Il prossimo Cibus sarà fra due anni. Mi auguro di vedere all’8 uno spazio tutto Marche.

Carla Latini

 

Maria De La Paz tra i fornelli della Prova del Cuoco: prossimamente nelle Marche?

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Maria De La Paz, alla Prova del Cuoco su Rai1 regala il suo sensuale ed energico amore per la cucina. Prossimamente nelle Marche?

«Se se semo beccate», visto che lei ora vive e lavora a Roma è il modo più diretto, dopo diversi tentativi. Io sono paziente. Poi una sera di alcuni giorni fa, prima di cena mi suona il cellulare. Eccola è lei. Adoro il suo italiano addolcito dall’accento colombiano. Adoro la sua generosità nel darsi. Che bella persona che è Maria. Sa che dobbiamo parlare di Marche e delle Marche. Io mi sento un po’ imbarazzata, la conosco poco e non so se è informata sulla nostra regione. Lei non è imbarazzata, anzi. E parte come un treno ad alta velocità. Mi racconta che frequenta le Marche per tanti motivi. Come l’amicizia con Kruger Agostinelli, il nostro direttore. Maria ama il mare e la montagna. Ama le Marche perché ci sono entrambi. Ha lavorato diversi anni in Umbria in una situazione che definisce molto bella. Poi anche le cose belle finiscono. Forse perché troppo belle per essere capite?

Mentre parliamo percepisco un fondo di delusione nelle sue parole. Rimpiange di aver fatto scelte sbagliate. La consolo con il “retorico” chi non le ha fatte? Ma chi le ha fatte ne soffre ancora. Inutile nasconderlo. Parliamo di sogni che potrebbero avverrarsi. E parliamo di San Benedetto del Tronto, che le piace tanto. Le piace la cultura contadina fra terra e mare. I prodotti che le colline e le montagne offrono. Mi confida che vorrebbe fare di più alla Prova del Cuoco. Una cucina che le somigli meglio. Ma le leggi dell’auditel vanno rispettate e così, come dice lei ridendo, si fanno involtini. Ma i suoi. Che tutti possono fare. Conditi con il suo sorriso. Che buca lo schermo. E la sua voce buca il telefono. Un futuro marchigiano magari ci sarà. Noi tutti la vorremmo qui. In un ristorante sul mare a cucinare le sue fantasie. Coinvolta dal suo entusiasmo tenero e sincero le chiedo una ricetta marchigiana. Una che le piace e una che le piacerebbe fare. Della tradizione non scarta alcuna preparazione. Che sia terra o mare. Poi scendiamo nello specifico e mi illustra, passo dopo passo, la sua ricetta del collo di maialino grigio arrosto: il collo del maiale non viene mai utilizzato. È fibroso, costa poco ed è tenero. Lo chiedi al tuo macellaio senza osso e ti fai dare il pezzo intero. Poi lo leghi e lo insaporisci con tutti i condimenti tipici dell’arrosto marchigiano e lo cucini, se puoi, a bassa temperatura a lungo. O brevemente al forno. In una padella fai un caramello di birra artigianale marchigiana. Ne ho conosciute tante e sono molto buone. Il caramello serve sopra la carne che dovrà poi essere affettata. Come contorno e per grassare il nostro arrosto sto pensando alla carciofina che si trova adesso, agli asparagi e alla bietolina da taglio. Ma la testa mi va alle carote viola ed alle carote arancioni. Che nelle Marche, a sud, vengono coltivate. Vanno pulite con il pelapatate e le bucce messe nel fondo della teglia dell’arrosto. Perché non si butta niente. Tagliate sottili, quasi trasparenti a julienne e condite con una vinaigrette di olio evo, mostarda, lime, sale e pepe. Attenzione ad assaggiarla e aggiustarla prima di condire le carote colorate. Perché la mostarda è sempre molto salata. Immaginate che buono il maialino e le sue carote colorate che lo sgrassano ed esaltano.
Immagino e proverò a farlo. Lo faremo tutti. Maria De La Paz, le Marche ti aspettano con le braccia spalancate. Questa è casa tua! Facci sapere!

Carla Latini

 

Paolo Paciaroni e Simone Baleani: un cuoco a tavola e uno in cucina a Portonovo

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«Dove vuoi che andiamo a mangiare?». Domando a Paolo Paciaroni (ho già abbondantemente scritto di lui), quando mi annuncia un suo breve ma intenso rientro nelle Marche. «Al mare, da te». Il mare “da me”, per un ragazzo di Tolentino che “scende” dalle rive del lago di Como (attualmente Paolo è occupato come secondo chef in un luogo meraviglioso e di respiro internazionale) è solo Portonovo. Propongo e scegliamo di andare al Molo. Lo abbraccio con slancio perché è tanto che non lo vedo. Mi piacerebbe tornasse nelle Marche. Ma questa è un’altra storia.

Quella che vi sto per raccontare riguarda un pranzo nella baia sotto un cielo “brillante” e con un vento freddo che non permette al sole di fare “il sole”. Simone Baleani è il cuoco del Molo da quando era piccolo. Lo ricordo ragazzino e lo chiamo sempre ragazzo. Anche se è già papà di due splendide bambine. I due cuochi non si conoscono personalmente ma solo di fama. Questo perché nell’ambiente si conoscono sempre tutti. È dopo il «fai te», che consiste nel non ordinare alla carta ma lasciare fare allo chef. Che, ovviamente, fa il meglio del meglio che può. Aiuto! Questo film l’ho visto tante volte nella mia vita eno-gastronomica. Cominciamo con gli antipasti crudi fra cui spicca un’ostrica con la sua foglia. Non finirò mai di imparare (che bello!). Paolo mi consiglia di «mangiare la foglia» da sola: sa proprio di ostrica. Poi arrivano i freddi, intendo gli antipasti. Buonissimi il baccalà mantecato e le sarde in saor. Venezia è lontana ma il mare sempre Adriatico è. Gli antipasti caldi vedono il trionfo dei moscioli. Semplici, semplici aperti in padella. Che ci riportano nella baia. «E’ tutto buonissimo e tantissimo…», dice Paolo che è non una buona ma un’ottima forchetta. «Avresti fatto così anche tu per Simone non è vero?». Ovvio. Le raguse sono con il pomodoro e le “conchigliette” di mare in due versioni con e senza pomodoro. Quelle “bianche” sono deliziose. Due “spaghettini”, due, con i moscioli? Il piatto di spaghetti è a dir poco sontuoso. Presentato con eleganza e molto, tanto, abbondante.

E’ piacevole vedere con che grazia Simone impiatta. Quanta attenzione ai colori abbinati. Su piatti rigosamente bianchi poggiati su tovaglie celesti. C’è qualcosa di nuovo al Molo. In pratica è nuovo. Si nota ma non vorrebbe farsi notare. I colori del mare e del cielo con il bianco delle pareti si confondono. E lo sfondo delle onde diventa una parete reale. Paolo finisce i suoi spaghetti congratulandosi per la giusta cottura, per il condimento che sia pur con i moscioli ha un sapore diverso da tutti i piatti di pesce precedenti. Siamo sazi? Ebbè! Ma Simone ha in serbo un’altra sorpresa per noi: un rombo al forno con le patate. A parte il rombo che è freschissimo e cucinato ad arte, sono le patate a colpirmi. Leggermente rivestite da mollichine di pane aromatizzate di spezie e erbette. Sono croccanti fuori e tenerissime dentro. Gradevoli anche fredde. Abbiamo finito? Non ancora. Può Simone far andare via Paolo senza due pescetti fritti di paranza? No. Non può. Il fritto del Molo è da manuale. Delicato e leggero. Paolo mi spiega come frigge ora lui. Mi insegna che il pesce deve essere freddissimo e bagnato prima di essere infarinato. Alla mia prossima frittura ci penserò. Ma sarà prossima prossima perché preferisco farmela fare da Simone. Che, finalmente, si siede con noi. E i due cominciano a parlare. Ammiro le persone che fanno questo lavoro. Il lavoro del cuoco è un lavoro faticoso, pesante. Ore in piedi accanto ai fornelli. Nuove idee da “cucinare”. Clienti da soddisfare. Quel giorno al Molo c’erano più di 30 persone. Un mercoledì qualunque e fuori stagione. Immaginate quando sarà “alta stagione esagerata”. Stessa cosa vale per Paolo che segue, oggi, un ristorante cult dove i numeri che sono devono andare a braccetto con la creatività e la qualità. Si scambiano consigli e complimenti sinceri. Confesso che mi piace stare con loro però è tardi per tutti. Prima di andare decidiamo di rivederci in un prossimo rientro “a casa” di Paolo. Quando? Anche sul lago di Como sarà “alta stagione esagerata”. Marchigiani! Simone, Fabrizio e Luca vi aspettano al Molo. Portonovo è sempre una scelta vicente!

Carla Latini

Al Giro d’Italia dei Sapori la Sicilia di Maurizio Urso: gusti e colori scoppiettanti come fuochi d’artificio

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Uno degli scopi “benefici” della formula “Giro d’Italia dei Sapori” è quello di farvi provare un viaggio che non vi sareste potuti permettere. Appurato che il viaggio diventa sempre più difficile da realizzare. Siracusa è una delle più belle città della Sicilia. In realtà le amo tutte e tutte le città “valgono il viaggio”. In ognuna c’è il cuoco sapiente che la rappresenta e la esalta. A Siracusa c’è Maurizio Urso.

Urso Giro d'Italia dei Sapori 2Ho avuto la fortuna di approfondire la sua conoscenza durante la cena della presentazione della Guida Eurotoques di cui Maurizio è presidente per la sua regione. Maurizio è anche presidente di Italcuochi, l’associazione italiana che raccoglie i più versatili e creativi chef. Quelli che piacciono al maestro Gianfranco Vissani. Di cui Maurizio è amico e spesso valida spalla. In Maurizio regna l’anima dell’antico Monsù, come mi conferma Elsa Mazzolini che, se ancora non l’avete imparato, è ideatrice del Giro insieme a Alfredo Antonaros e Flavio Cerioni (patron della Lanterna a Fano dove si svolge il Giro). Il Monsù era il cuoco delle famiglie nobili e ricche. Quello che, all’occorrenza, era capace di organizzare pranzi sontuosi e ruffiani che si “francesizzavano” con stile. Era capace di conservare, gelosamente, le tradizioni delle “cucine” povere fra terra e mare. Scrivo “cucine” perché la Sicilia è fatta di tante cucine. Dalla povera, che utilizzava solo il raccolto e pescato fresco, a quella evoluta che si ispirava alle “contaminazioni” di altre culture. Quella dei Monsù era il massimo. Il Monsù doveva essere diplomatico e attento come un cerimoniere di corte. Ora comprendo perché Maurizio riesce sempre a fare “squadra”. Comprendo meglio anche la sua cucina e l’affetto sincero che la circonda. 
Arrivo alla Lanterna, come sempre, qualche quarto d’ora prima. Trovo Maurizio in cucina con i suoi ragazzi. Non resisto e mi faccio fotografare con loro, con i loro cappelli, di fronte ad una immensa padella colma di vignarola. <<Ma che dici? Vignarola? Questa è la frittedda!>>. Carciofi, fave, piselli e cipolla che faranno da base, contorno, al dentice in campagna. Il piatto forte del nostro Monsù. Che è anche un “dizionario” gastronomico vivente. Le danze gastronomiche cominciano quando l’ultima “Marietta” si siede a tavola. Le Mariette, sapete già tutto di loro, coccolano Maurizio chiamandolo “Ursetto” e lui “storpia” vezzeggiando alla sicula i loro nomi. Così Valeria diventa “Valeriuzza” e così via! Il Tonno vestito al sesamo su maionese senza uovo al latte di mandorla e lampone racchiude in un sol boccone la filosofia di Maurizio. Concretezza, solidità, tradizione e il tocco di colore e sapore diverso dato dal lampone. Urso Giro d'Italia dei SaporiQualcuno farebbe il bis. Lo scooby-doo di alici con beccafico, spuma di cavolo vecchio di rosolini e wafer di sesamo a cacio merita la foto. In questo piatto ci sono ricordi di classici ripieni dedicati alla cacciagione che nella cucina povera rendevano omaggio alle alici. Le regine incontrastate del mare. Nel piatto spunta il “cacio”. Altro ingrediente presente spesso, fra terra e mare, nelle ricette sicule. Una parentesi a parte merita
il cavolo vecchio di Rosolini. Che Maurizio ci racconta così: <<Rosolini è un paese fra Ragusa e Siracusa conosciuto fin dai tempi dei Bizantini per le saline e la vocazione all’agricoltura. Il cavolo vecchio veniva coltivato ai bordi delle saline. Simile al fratello toscano nero ha foglie grandi e carnose. Con un verde più delicato. Adatto a ‘grassare’ cibi importanti>>.
I fuochi d’artificio (come scritto sul titolo) iniziano a “scaldarsi” e cominciano a “scoppiettare” quando arriva il Risotto al fumo di alloro, mirepoix di spada, arancia e limone femminello. C’è chi sente tutti i sapori distinti; chi “sperava” in un risotto all’onda; chi cerca il pesce spada; chi si fa travolgere dagli agrumi consistenti in bocca e “scoppiettanti” appunto di colori; chi “pesca” il pistacchio “maltagliato” che viene, veramente, da Bronte. Chi fa il tris. Elsa domanda: <<Hai imparato da Vissani a fare il risotto così?>>. E Maurizio: <<E’ lui che ha imparato da me!>>. Ecco che il Monsù che è in lui ritorna, gentile. Monsù, per chi non lo sapesse, è l’abbreviativo di Monsieur (Signore) dal francese. Il piatto forte di cui vi ho anticipato prima , il dentice in campagna, si “poggia” sulla frittedda ed è circondato da creme di peperoni rossi e gialli. Il dentice, complice la provocazione di Elsa che Maurizio ha colto prontamente facendola sua, si presenta in veste di involtino ed è pure in verticale. Sopra di lui, come a proteggerlo, una sottile fetta di pane. E a proposito di pane… Elide, la cuoca della Lanterna, nonché moglie di Flavio, sostiene il Giro con la sua brigata e con i pani, straordinari, che è capace di fare. Perché anche di solo pane si può godere.

Godere è il verbo esatto che deve precedere il dessert di Maurizio Urso. Che spiazza tutti quelli che si aspettano Sicilia anche e soprattutto nel dolce finale. Che ci sarà. Tranquilli. Ma non ora. Ora arriva un calice stile Martini ma più grande (gli esperti sanno come si chiama… io no) con Fragola in Zephir di fiore di Ibiscus, coulis di pere speziato al finocchietto e gelato di yogurt e limone. Tante note che non si sovrappongono ma che, come spesso succede nei piatti di Urso, si accentuano, diventando protagoniste di qualche boccone. Poi, per i nostalgici e per quelli che la Sicilia è arancia, cioccolato e mandorla (come dar loro torto?) volano al centro dei tavoli vassoi ricolmi della più gaudente pralineria che potete immaginare. Chiudete gli occhi e vedrete: scorzette di arancia con o senza cioccolato, amaretti, cannoli mignon, cioccolatini. Una malvasia delle Lipari bagna il nostro finale. Maurizio è rimasto a parlare con gli ospiti (più di 100 persone) fino a tarda notte.

La prossima tappa del Giro sarà a Madonna di Campiglio, il primo Giugno, con Enrico Croatti del DV Chalet Boutique. Con lui, forse?, Gino Angelini. Già celebrato su queste pagine. Per info e prenotazioni info@allalanterna.com tel. 0721.884748 – cell. 335367446 sino all’esaurimento dei posti disponibili.

Carla Latini

Mezzometro di pizza a Senigallia e Jesi. Vuoi vedere che mangi pure il “cornicione”?

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Scrivere di pizza non è semplice e inizio con tutte le domande che mi vengono in mente. Pizza gourmet? Normale pizza al taglio che mangiamo tutti i giorni sotto casa da bimbi finché non diventiamo nonni? Pizza al piatto, moscia moscia, che nemmeno si tiene in mano? Pizza che si piega e si mangia “strada facendo” (e se anche sgocciola un po’ che bello che è)? Ma perché nessuno mangia mai il “cornicione”?

Come è successo per la pasta, la nostra pizza ha subìto il doloroso processo del “copia-incolla”. Nel mondo la pizza porta nomi italiani tipo “mamma Maruzzella” e “nonna Maria”, provenienza varia “internazionale” e il “cornicione” finisce negli “umidi”. Cavalcando l’onda o meglio la “bufala” noi che siamo, comunque e sempre, gli inventori e i divulgatori della vera pizza ci siamo organizzati da tempo. È un piacere per me raccontarvi la Pizza, con la P maiuscola. La Pizza di Mezzometro. Mezzometro è a Senigallia e a Jesi. Il nome la dice lunga (perdonatemi ma non potevo resistere). Sono stata a Senigallia, lungomare Leonardo da Vinci 33 dove c’è un forno a legna. Più di 100 coperti e tavoli spaziosi. alessandro e alessio mezzometroAlessandro e Alessio Coppari mi illuminano sul presente e sul futuro della loro missione. Da Mezzometro si mangia una tipica “schiacciata romana” lunga e stretta così che ogni pezzo ha il suo “cornicione”. Mezzometro è la lunghezza e potete farvela farcire anche a metà. Metà Mezzometro margherita e metà Mezzometro capricciosa. La cottura nel forno a legna merita un’attenzione doppia. Tripla a volte. Perché la temperatura interna non è uguale in fondo come all’entrata. Ci vuole maestria e il pizzaiolo con la pala sembra danzare davanti alla bocca del forno. A Jesi, invece, il forno è elettrico e la gestione è più serena. Il risultato è perfetto in entrambe le cotture e dà al “cornicione incriminato” gusto, croccantezza e leggerezza tali che non vi accorgerete che lo state mangiando.

pizza kruger mezzometroLe Pizze Mezzometro sono realizzate con le migliori farine che Alessandro e Alessio scelgono e selezionano. Tutte artigianali e marchigiane. Il punto fermo del loro lavoro è che apprezza i prodotti locali, artigianali, trovati dove li fanno meglio. Mi raccontano della loro missione alla ricerca del “pomodorino perduto”. Quello che non ha bisogno di nessun condimento. Basta lui. Si sono fatti un viaggio in Campania e sono rientrati con delle chicche straordinarie. Le mozzarelle sono di Giulia Honorati. Le verdure e gli ortaggi di dove li coltivano meglio. I salumi locali e senza glutine. Un altro dei motivi per cui Mezzometro a Senigallia e Jesi è considerata, a ragione, la migliore pizza del centro Italia è la sensibilità di Alessandro che anticipa i bisogni dei suoi clienti e li fa sentire a loro agio. Una sensibilità che, unita all’intelligenza, ha creato tutte le pizze con le stesse farce anche senza glutine. Una spiga barrata le segnala sul menu. Sono buonissime. Le ho assaggiate. Fatte con farine alternative e gustose. Posso scrivere, senza timore di essere smentita, che Mezzometro ha riconciliato il celiaco e l’intollerante al glutine con la pizza. Ha reso piacevole un momento bello da condividere con le persone amate e con gli amici. E gluten free sono anche birra e primi piatti. Che meritano una parentesi quadra. Perché la graffa è per la pizza! Se le farce delle pizze partono dalle classiche e arrivano fino quasi alle gourmet (soprattutto per gli ingredienti spettacolari e genuini) i primi piatti, la pasta in genere, portano i nomi, rassicuranti, di ricette datate. Qui molto ben fatte. Ho assaggiato le pennette alla vodka. Alessandro ha provato a toglierle dal menu. Invano. Impossibile privare i suoi clienti della cremosità golosa “anni Settanta” che qui suona come un pezzo di Donna Summer. E a proposito di estate. È l’estate il periodo di punta per Mezzometro? Visto che a Senigallia è sul lungomare. Un po’ nell’interno però. Accanto alla ferrovia. I due fratelli mi confessano che d’estate c’è da impazzire e c’è la fila fuori. Ma che anche l’inverno non si scherza. E Jesi batte Senigallia.

Concludo, riconcigliata anch’io con la pizza, spiegandovi perché Mezzometro è la pizza più buona e più mangiata del centro Italia. Anni fa, dopo lo scandalo delle pizze gourmet criticate dai puristi, Dissapore (il portale online che mette il naso nei casi da comprendere) face una sorta di gara/classifica allo scopo di decretare un senso logico che avrebbe fatto da linea guida nella scelta della Pizza, con la P maiuscola. Il direttore di Dissapore, Massimo Bernardi, che conosco e penso sarà felice della citazione, aveva organizzato prove e degustazioni proprio da Alessandro e Alessio. Come sia finita questa ricerca magari, un giorno, lo chiedo direttamente a Bernardi e alla redazione del Gambero Rosso che era stata coinvolta. Fatto sta che è servita per accendere un faro su un grande prodotto lavorato italiano. Ha creato interesse e voglia di fare bene. Se la pizza che si mangia oggi, in giro per l’Italia, è molto più buona e più sana a qualcuno dobbiamo dire grazie. La classifica iniziale di Dissapore segnalava Mezzometro come la migliore del centro Italia. E al sud? A Alessandro e Alessio non toccate Gino Sorbillo! Hanno assaggiato anche la nuova produzione “milanese” di Gino. Perfetta!

Carla Latini

Oggi cucino io, ospiti a sorpresa per la festa di fine corso da Sandwich Time

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Sono le coincidenze che la vita per fortuna ci regala. Potevo immaginare che i miei amici di Sandwich Time, Andrea De Carolis e Marco Paniccià, fossero dei fans del dottor Mauro Mario Mariani? Potevo immaginare che la mia amica Ilde Soliani, il naso più ispirato che conosca, volesse conoscere il dottore?

Oggi cucino io Mariani e IldeLo ammetto. Vi ho fatto venire il mal di testa. Vado per ordine. Mercoledì 6 aprile ad Osimo al teatro la Nuova Fenice c’è stata la presentazione-spettacolo del Tao dell’alimentazione di Mauro Mario Mariani, già celebrato da me QUI. Il giorno stesso c’è stata la festa di fine corso di “Oggi cucino io” di Sandwich Time (ve l’ho già raccontato QUI). Sempre mercoledì 6, nel pomeriggio, alla stazione di Ancona arriva Ilde Soliani (sapete già chi è). Voglio stare con tutti, vedere lo spettacolo di Mariani, mangiare e festeggiare da Sandwich Time. Mi si stavano intrecciando le idee quando, qualche giorno prima, lo stesso Andrea mi risolve il problema. <<Vi aspettiamo dopo lo spettacolo>>. Ed io: <<Ma faremo molto tardi>>. <<Noi vi aspettiamo>>, mi risponde Andrea. Apprezzo commossa la soluzione di Andrea De Carolis (i cuochi, si sa, sono abituati a cucinare a qualsiasi ora) e la inoltro ai miei amici, che accettano felici. Più che un dopo teatro è stato quasi un “prima dell’alba”. Ma il piacere di stare insieme e conoscersi reciprocamente ha superato la barriera della stanchezza.

Oggi cucino io MarianiMariani ha rilasciato interviste personali e raccontato aneddoti. Noto con piacere che il menu, già preparato per la festa di fine “Oggi cucino io”, è come Mariani comanda. Fresco, locale e stagionale. Piatti semplici, profumati e molto ben fatti. Gradiamo molto la misticanza nel cestino di pasta fillo. Ilde, che di solito non rinuncia alla sua fama di Miss Tranchand, apprezza gli gnocchetti di patate dei Sibillini con ragù bianco e punte di asparagi e il vino fermo, bianco delle Cantine Fontezoppa. Il libro di Mariani, come era logico che fosse, ha dato un tocco di in più alla serata. Uno scambio di omaggi reciproci. E i libri? Dove sono i libri? Così dopo aver firmato centinaio di autografi ad Osimo, Mariani ricomincia a fare dediche. Le sue non sono firme, ma “brevi capitoli” (lo dice il suo editore, non io). Mariani ama conoscere le persone che vogliono leggere il suo libro. Fa così con tutti i suoi pazienti. Perché la migliore medicina è l’amore. Lo dice sempre Andrea De Carolis ai suoi ragazzi e ai suoi allievi: cucinando con amore si è già a metà dell’opera. La tecnica viene piano piano. Prima ci vuole passione. Sono le tre di mattina e siamo ancora lì a parlare e a mangiare un dessert di yogurt. Voglio essere presente alla nuova puntata del prossimo “Oggi cucino io”. Magari con Mariani e Ilde… chissà!

Sandwich Time è a Civitanova Marche in via Einaudi 214, tel 0733 816623. Per la cena è meglio telefonare. Per “durante il giorno” va bene a qualsiasi ora.

Carla Latini

Destinazione Marche: 50 anni di Vinitaly e un nuovo “Polo Enogastronomico”

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Il Padiglione 7 del Vinitaly così pieno non l’ho mai visto. Sono qui, a Verona, di lunedì. Il giorno classico destinato agli “operatori”. Ne riconosco molti ma vedo anche tanta “folla comune”. È inconfondibile. Non mi piace cominciare polemizzando e quindi mi fermo qui. Ma siccome sono sempre (ho fatto giuramento) dalla parte del produttore divento suscettibile e sensibile agli “sprechi”. Chi vuole capire ha già capito.

vinitaly tycheL’interesse per il vino italiano è in crescita. Lo dicono gli addetti ai lavori. I nostri vini marchigiani, grazie al lavoro lento e costante nel tempo di persone che sanno bene cosa stanno facendo e lo fanno bene, sono diventati indispensabili protagonisti nelle più belle cantine del mondo. “So’ soddisfazioni!”, direbbe Marcello Nicolini del Laghetto di Portonovo. Il primo che incontro accanto allo stand di Marco Caprai. Pure lui al 7. Mi precipito al primo piano nello spazio Imt. C’è la stampa che conta, tant’è che incontro Valentina Conti del Messaggero, riunita per ascoltare nuovi progetti e progetti realizzati. Sulla “Terrazza delle Marche”, così la chiamano gli affezionati, la cucina è in mano a Errico Recanati. Con lui Ramona e tutto lo staff. C’è Neri Marcorè, simpatico e disponibile. C’è Moreno Cedroni, frizzante come sempre. C’è Carlo Cambi, un mito. C’è Tiziana Forni, il naso marchigiano che lavora e vive a New York. Bello rivederla. Alberto Mazzoni, insieme al sindaco di Jesi Massimo Bacci, annuncia l’apertura, questa estate, del “Polo enogastronomico” di cui faranno parte TreValli Cooperlat (fregiata della certificazione Qualità Marche per il latte), consorzio Casciotta d’Urbino Dop, BovinMarche, Con Marche Bio, consorzio Vini Piceni, istituto marchigiano Tutela Vini, associazione Maccheroncini di Campofilone Igp, consorzio tutela Oliva Ascolana del Piceno Dop, consorzio del Tartufo di Acqualagna e delle Marche. Con loro aderiscono al Polo altri quattro soggetti: l’agenzia dei Servizi del settore agroalimentare delle Marche (Assam), il consorzio Frasassi che gestisce le grotte, l’agenzia di viaggi Esitur ed il centro agroalimentare San Benedetto del Tronto.

Nel frattempo si materializza, come d’incanto, un buffet stellato che ha l’eleganza e l’allegria dei colorati e ghiotti antipasti di Andreina, insieme alle idee culinarie che Errico si è inventato con i prodotti e i produttori del prossimo “Polo enogastronomico”. La Terrazza è strapiena. Vedo facce note, molto note, di “non marchigiani”. Saluto e abbraccio Elio Ghisalberti e Andrea Grignaffini. Per i colti lettori di guide e riviste d’elite, Elio e Andrea sono tra le firme più interessanti del panorama della critica eno-gastronomica italiana. Sono qui, nella “Terrazza Marche” per la riunione interna di una famosa guida. Con Elio e Andrea altri colleghi da ogni parte d’Italia. Bell’occasione. Complimenti a chi l’ha creata!

montecappone monteschiavo vinitalyScendo insieme ai miei amici di Malta, Marco e Benji (interessati al verdicchio), e provo a passeggiare fra i produttori. Sgomito rende meglio l’idea. Bello il nuovo stand di Monteccapone. Gianluca Mirizzi e la moglie sono sorridenti e instancabili. Monteschiavo è un’altra tappa e ci vado con Mirizzi. Mosè Ambrosi di Fontezoppa ha gli occhi di un bambino a Gardaland. ambrosi e cambi vinitalyIntravedo Angela Velenosi e il suo staff tutto al femminile. Che donna questa donna: se le Marche del vino volano così in alto lo devono anche a lei. Da lei c’è Mauro Uliassi. E a produttori eclettici e lungimiranti come Stefano Antonucci. Lo stand di Santa Barbara è assolutamente sold out. La mia amica Luciana è bloccata lì da due giorni e non ha visto ancora nulla intorno. Errico Recanati ha “rappresentato” le Marche in cucina per tutta la fiera che si è conclusa con un pranzo, chi c’è stato mi ha confermato quanto sto per scrivere, nel quale il nostro ha raccontato i piatti in abbinamento ai vini della Cantina dei Colli Ripani, di Velenosi, Tenuta De Angelis, Tenute del Borgo, Cantina Offida, Carassanese Vinicola, Costadoro, Vinicola del Tesino e Moncaro. Un menu studiato per l’occasione e solo per i tantissimi privilegiati intervenuti: gambero con sapa, perle d’aceto e aromi; crocchetta di latte di baccalà; sgombro marinato con stracciatella delle Marche e polvere d’oliva; pizza di baccalà; rotolo di fegato grasso arrostito, caprino e visciole; marshmallow con alici di San Benedetto, ripassato nella paprika.

Esco e fuori, in fondo ai padiglioni 7 e 8 c’è il camion/cucina di Marco Caprai. Gianfranco Vissani e i suoi sono dietro i fornelli. Passo a salutare e porto i saluti dei marchigiani. Prima di andare faccio una fila di quasi mezz’ora per prendere un caffè e una bottiglietta d’acqua al padiglione 11, dove c’è un bar degno di essere chiamato tale (in mezzo a tanto vino è assolutamente impossibile trovare dell’acqua!). Ho aperto con una polemica e chiudo con un’altra. Amo Verona, è una città bellissima. Ma i giorni del Vinitaly diventa invivibile. Si passa più tempo in coda in macchina, taxi o bus navetta che dentro alla fiera. Cambi di direzione, vigili affaticati. Si inciampa su marciapiedi che sono così da sempre. Con una polvere/terriccio che è terribile quando piove e quando c’è il sole. L’ho sempre scritto e pensato e non c’è verso che una nuova “impostazione” di questa struttura mi faccia cambiare idea. Leggete i pensieri di Oliviero Toscani. Lui è molto diretto e tagliente. Purtroppo dice la verità. Ancora di più, quindi, sono grandi grandi i nostri marchigiani che, pazienti e contenti, sorridono e versano i loro magnifici vini e raccontano, coinvolti e commossi, le loro storie più belle dalla vigna alla cantina, dall’enologo alla bottiglia. Moltissimi, ora, votati al biologico, biodinamico e vegano… Bevete marchigiano!

Carla Latini

Ai “Sapori di Ostra” si incontrano gusti e profumi di chi produce cose buone

in Mangiare e bere da

Uniamoci e partiamo! Così si saranno detti, diverso tempo fa, i produttori di cose buone di Ostra e dintorni. Insieme si vince. E loro, appunto tutti insieme, è quello che vogliono fare. Ostra è conosciuta come la città del miele. Ma soprattutto la città della Lacrima. Vitigno unico e tutto marchigiano.

sapori di ostraHo incontrato i “Sapori di Ostra” il 17 marzo alla Lanterna di Fano. Flavio Cerioni è un ospite straordinario e generoso. Elide, la cuoca sua moglie, ha creato un menu che profuma di Ostra dall’antipasto al dolce. In verità gli antipasti sono stati i produttori stessi. La formula vincente di queste serate tematiche è quella di mettere in diretto contatto produttori, prodotti e consumatori interessati. Pubblico colto che per svariati motivi (vi spiegherò poi il perché) partecipa con slancio. Si parte, entrando, da destra, con i frantoiani, Livieri, Zannotti e Ceccacci. Che fanno assaggiare in purezza o con pane locale (buonissimo) i loro blend e le loro monovarietali, raggia e tenera ascolana. A seguire i legumi ceci, cicerchia e fagioli sempre di Ceccacci che saranno protagonisti del menu di Elide. E poi i mieli di Gianni Guazzarotti. Un mito, lui. Che affascina e coinvolge i presenti intrattenendoli con gli argomenti “fantastici e favolosi”, nel vero significato di queste parole, sulle proprietà uniche della pappa reale e sulla vita complessa e organizzata degli alveari. Sui sentimenti delle api. Gianni è un folletto delizioso e so che non si offende se lo scrivo.

Prima di arrivare a salumi e formaggi è doverosa una tappa ai vini, Cantina Mezzanotte, Az Agr Larisa, Conti di Buscareto. La Lacrima la fa da padrona. Mi perdonino gli altri. Stasera bevo Lacrima in tutte le sue declinazioni. Dalle bollicine al fermo. Chiudono il percorso formaggi e salumi. Pittalis ci fa assaggiare pecorino e misto stagionato e meno stagionato. Valmisa lonza, salame Fabriano, sopressato e salsiccia. La cioccolata Vittoria sarà la regina del dessert di Elide insieme al miele di Gianni. Esperti della terra, del mare, del vino e della vita eno-gastronomica marchigiana raccontano alternandosi quanto è importante per tutti legarsi a fil doppio al consumo ragionato di prodotti veri che hanno dietro il volto sorridente di chi li fa con infinito amore. Ci sono io in veste di appassionata enogastronoma e di questo ringrazio Flavio. Ci sono anche per Tyche. Ovvio. C’è Corrado Piccinetti che quando lo senti parlare di mare e di pesci rimani incantato (lo rivredemo a breve su Linea Blu su Rai1). C’è Alfredo Antonaros che con il suo eloquio armonioso e musicale (Alfredo ha una capacità innata di usare le parole come fossero note musicali) dà ad ogni prodotto la sua storia. C’è Ettore Franca, presidente di Olea. Con lui i nostri oli extra vergine non hanno più segreti. Comincia la cena. Elide si rivela una grande. Ma ancora non ci crede. Dopo gli chef che hanno animato il Giro d’Italia dei Sapori diciamo tutti, e siamo sinceri, che lei è veramente una bravissima cuoca. Con i ceci e i fagioli fa due paste che inducono i presenti a fare il tris. Pasta e ceci e pasta e fagioli, che volete di più dalla vita? Poi adagia un filetto di muggine (pesce poverissimo e buonissimo) su una crema di cicerchia accanto a verza e pomodorini arrostiti. Il dolce è un classico di Elide: ricotta lavorata alla siciliana su cestino croccante al miele di melata (una novità per tutti) e salsa di arancia caramellata… e alla fine l’uovo di Pasqua fondente e al latte sempre della Cioccolateria Vittoria. Portato a tavola con il carrello come fossero confetti alla fine di un matrimonio. Un matrimonio che sarà sicuramente prolifico perché i convenuti interessati per motivi diversi, chi per lavoro e quindi per acquistare e vendere, chi per pura passione, chi per proporre le sue creature e cercare di unirsi al gruppo, faranno in modo che “Sapori di Ostra” cresca e si riproduca.

Vi aspetto alla prossima il 18 aprile, sempre alla Lanterna, con Maurizio Urso, presidente di Italcuochi Sicilia e di Eurotoques per il Giro d’Italia dei Sapori. Non dovete perderlo! Per info 0721.884748 – 335.367446 – info@allalanterna.com

Carla Latini

 

 

Taste, a Firenze il gusto si veste di raffinatezza. E le Marche sono protagoniste

in Mangiare e bere da

A Firenze ogni anno, alla Stazione Leopolda, c’è Taste. Questa è l’undicesima edizione. Non è una fiera, non è lo è mai stata. La definirei il miglior week end lungo eno-gastronomico italiano. Anche perché si svolge a Firenze ed è quindi una ragione buona e giusta per passare tre giorni in questa splendida città.

Lunedì 14 Marzo, Firenze è illuminata da un sole caldo e piacevole e mortificata da numerosi lavori in corso. Taste, che fa parte degli eventi organizzati da Pitti Immagine http://www.pittimmagine.com, è solo per i più raffinati gourmet. Quelli che hanno sempre voglia di stupirsi e che sono super preparati. Qualche volta pure troppo. È per gli addetti ai lavori. Quelli che hanno la vocazione di vendere e quelli che hanno, invece, quella di comprare. È per i produttori artigianali di cose buone e giuste. Per loro partecipare a Taste non è molto facile perché vengono fatte a monte delle selezioni “selettive” allo scopo di tenere sempre alto il livello. Inventore di Taste è il noto giornalista Davide Paolini. Per i fans, il Gastronauta. Una garanzia per chi va e per chi espone. L’atmosfera da “girone dei golosi” come l’ha definita Marzia Tempestini, giornalista e scrittrice fiorentina, mentre scambiavamo due parole con Giuseppe Cerasa, il direttore di Repubblica Roma, si crea, naturalmente, fra la gente che assaggia, beve, confronta. Il luogo affascinante e trasgressivo fa il resto. Ci vuole un fisico bestiale ed un palato allenato per reggere un’intera giornata di Taste. E mente lucida e attenta. Perché gli stimoli intellettuali che provengono dal “ring” sono numerosi e a ritmo serrato. Volutamente mi sono concentrata sui produttori. Sapete bene, se mi leggete, quanta ammirazione, rispetto e affetto nutro per chi la mattina si sveglia e sorride perché sta andando a lavorare. Solo dieci i marchigiani. Oppure sarebbe meglio scrivere i dieci marchigiani presenti con i loro stand hanno dato lustro alla nostra Regione e dimostrato il loro attaccamento ad usi, costumi, tradizioni e innovazioni. Per trovarli cammino per Taste con la testa in alto. Naso in su per cercare i nomi sopra gli stand. I produttori sono collocati in ordine sparso ma in catalogo, per fortuna, sono in ordine alfabetico. Il primo che incontro è Maurizio Curi (con me nella foto in home page). È qui con tutte le creazioni di frutta che proviene dalla sua terra. Confetture, sciroppate e succhi che portano il nome La Golosa www.lagolosacm.it. Fra le paste artigianali (a Taste ci sono i migliori artigiani di semola e uovo) incontro la Mancini che presenta la sua nuova linea bio integrale http://www.pastamancini.com/it/, la Filotea http://filoteapasta.com/ e la Spinosi http://www.spinosi.it/home_it/ (già vista anche a Tipicità). Noto, non so bene se con piacere o con qualche dubbio, che tutti gli espositori hanno concentrato le loro forze sulle confezioni. Sui packaging. Non sto parlando dei marchigiani ma di tutti in generale. C’è tanto packaging superfluo. Ma è una mia opinione. Assolutamente discutibile. Per i tartufi e derivati abbiamo Cagli contro Acqualagna. ItaliaTartufi http://www.italiatartufi.it/ e T&C funghi e tartufi https://www.truffle.it/ . Poi mi mi fermo da Mario Mercuri. Che coltiva e seleziona zafferano. www.zafferanopuroinfili.it e lo propone in tutte le declinazioni. Di fronte, sempre con il naso in su, leggo Osimo. La mia città. Coda Nera http://www.codanera.it/codanera presenta un salmone scelto e affumicato da professionisti del settore. In una scatola bianca e nera che colpisce. Fin qui ho visto e salutato produttori famosi e in ascesa che conosco di fama e come ‘prodotti’. Un amico romano, affinatore di formaggi nonché venditore, Sandro Tomei, mi chiede se conosco l’Angolo di Paradiso di Amandola http://www.angolodiparadiso.eu/ . Felice rispondo no. Allevamenti e formaggi che se riuscite, tanto Amandola è bella ed è a due passi, meritano una visita. A fine serata mi viene l’idea, malsana, di passare a ri-salutare tutti prima di andare. C’è così tanta folla, direi ressa, ad ogni stand che rinuncio. Non mi vedono nemmeno se lancio baci. Volevo prendere un caffè Perfero http://www.perferocaffe.it/ o provare uno dei loro infusi che mi intrigano parecchio ma rinuncio anche a questo… lo prenderò nelle Marche con calma.

Carla Latini

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