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Errico Recanati

Destinazione Marche: 50 anni di Vinitaly e un nuovo “Polo Enogastronomico”

in Mangiare e bere da

Il Padiglione 7 del Vinitaly così pieno non l’ho mai visto. Sono qui, a Verona, di lunedì. Il giorno classico destinato agli “operatori”. Ne riconosco molti ma vedo anche tanta “folla comune”. È inconfondibile. Non mi piace cominciare polemizzando e quindi mi fermo qui. Ma siccome sono sempre (ho fatto giuramento) dalla parte del produttore divento suscettibile e sensibile agli “sprechi”. Chi vuole capire ha già capito.

vinitaly tycheL’interesse per il vino italiano è in crescita. Lo dicono gli addetti ai lavori. I nostri vini marchigiani, grazie al lavoro lento e costante nel tempo di persone che sanno bene cosa stanno facendo e lo fanno bene, sono diventati indispensabili protagonisti nelle più belle cantine del mondo. “So’ soddisfazioni!”, direbbe Marcello Nicolini del Laghetto di Portonovo. Il primo che incontro accanto allo stand di Marco Caprai. Pure lui al 7. Mi precipito al primo piano nello spazio Imt. C’è la stampa che conta, tant’è che incontro Valentina Conti del Messaggero, riunita per ascoltare nuovi progetti e progetti realizzati. Sulla “Terrazza delle Marche”, così la chiamano gli affezionati, la cucina è in mano a Errico Recanati. Con lui Ramona e tutto lo staff. C’è Neri Marcorè, simpatico e disponibile. C’è Moreno Cedroni, frizzante come sempre. C’è Carlo Cambi, un mito. C’è Tiziana Forni, il naso marchigiano che lavora e vive a New York. Bello rivederla. Alberto Mazzoni, insieme al sindaco di Jesi Massimo Bacci, annuncia l’apertura, questa estate, del “Polo enogastronomico” di cui faranno parte TreValli Cooperlat (fregiata della certificazione Qualità Marche per il latte), consorzio Casciotta d’Urbino Dop, BovinMarche, Con Marche Bio, consorzio Vini Piceni, istituto marchigiano Tutela Vini, associazione Maccheroncini di Campofilone Igp, consorzio tutela Oliva Ascolana del Piceno Dop, consorzio del Tartufo di Acqualagna e delle Marche. Con loro aderiscono al Polo altri quattro soggetti: l’agenzia dei Servizi del settore agroalimentare delle Marche (Assam), il consorzio Frasassi che gestisce le grotte, l’agenzia di viaggi Esitur ed il centro agroalimentare San Benedetto del Tronto.

Nel frattempo si materializza, come d’incanto, un buffet stellato che ha l’eleganza e l’allegria dei colorati e ghiotti antipasti di Andreina, insieme alle idee culinarie che Errico si è inventato con i prodotti e i produttori del prossimo “Polo enogastronomico”. La Terrazza è strapiena. Vedo facce note, molto note, di “non marchigiani”. Saluto e abbraccio Elio Ghisalberti e Andrea Grignaffini. Per i colti lettori di guide e riviste d’elite, Elio e Andrea sono tra le firme più interessanti del panorama della critica eno-gastronomica italiana. Sono qui, nella “Terrazza Marche” per la riunione interna di una famosa guida. Con Elio e Andrea altri colleghi da ogni parte d’Italia. Bell’occasione. Complimenti a chi l’ha creata!

montecappone monteschiavo vinitalyScendo insieme ai miei amici di Malta, Marco e Benji (interessati al verdicchio), e provo a passeggiare fra i produttori. Sgomito rende meglio l’idea. Bello il nuovo stand di Monteccapone. Gianluca Mirizzi e la moglie sono sorridenti e instancabili. Monteschiavo è un’altra tappa e ci vado con Mirizzi. Mosè Ambrosi di Fontezoppa ha gli occhi di un bambino a Gardaland. ambrosi e cambi vinitalyIntravedo Angela Velenosi e il suo staff tutto al femminile. Che donna questa donna: se le Marche del vino volano così in alto lo devono anche a lei. Da lei c’è Mauro Uliassi. E a produttori eclettici e lungimiranti come Stefano Antonucci. Lo stand di Santa Barbara è assolutamente sold out. La mia amica Luciana è bloccata lì da due giorni e non ha visto ancora nulla intorno. Errico Recanati ha “rappresentato” le Marche in cucina per tutta la fiera che si è conclusa con un pranzo, chi c’è stato mi ha confermato quanto sto per scrivere, nel quale il nostro ha raccontato i piatti in abbinamento ai vini della Cantina dei Colli Ripani, di Velenosi, Tenuta De Angelis, Tenute del Borgo, Cantina Offida, Carassanese Vinicola, Costadoro, Vinicola del Tesino e Moncaro. Un menu studiato per l’occasione e solo per i tantissimi privilegiati intervenuti: gambero con sapa, perle d’aceto e aromi; crocchetta di latte di baccalà; sgombro marinato con stracciatella delle Marche e polvere d’oliva; pizza di baccalà; rotolo di fegato grasso arrostito, caprino e visciole; marshmallow con alici di San Benedetto, ripassato nella paprika.

Esco e fuori, in fondo ai padiglioni 7 e 8 c’è il camion/cucina di Marco Caprai. Gianfranco Vissani e i suoi sono dietro i fornelli. Passo a salutare e porto i saluti dei marchigiani. Prima di andare faccio una fila di quasi mezz’ora per prendere un caffè e una bottiglietta d’acqua al padiglione 11, dove c’è un bar degno di essere chiamato tale (in mezzo a tanto vino è assolutamente impossibile trovare dell’acqua!). Ho aperto con una polemica e chiudo con un’altra. Amo Verona, è una città bellissima. Ma i giorni del Vinitaly diventa invivibile. Si passa più tempo in coda in macchina, taxi o bus navetta che dentro alla fiera. Cambi di direzione, vigili affaticati. Si inciampa su marciapiedi che sono così da sempre. Con una polvere/terriccio che è terribile quando piove e quando c’è il sole. L’ho sempre scritto e pensato e non c’è verso che una nuova “impostazione” di questa struttura mi faccia cambiare idea. Leggete i pensieri di Oliviero Toscani. Lui è molto diretto e tagliente. Purtroppo dice la verità. Ancora di più, quindi, sono grandi grandi i nostri marchigiani che, pazienti e contenti, sorridono e versano i loro magnifici vini e raccontano, coinvolti e commossi, le loro storie più belle dalla vigna alla cantina, dall’enologo alla bottiglia. Moltissimi, ora, votati al biologico, biodinamico e vegano… Bevete marchigiano!

Carla Latini

Storie di cucine e brigate. Errico Recanati sceglie la marchigiana Caterina Moss Gasparri

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Ho il privilegio di gustare spesso la cucina di Errico Recanati da Andreina a Loreto. Sto bene lì con Ramona che mette a suo agio i miei amici. Il suo, quello della sala, ne ho già scritto su Tyche (QUI), è un lavoro che si fa o per passione o per amore. Così come quello del cuoco.

Piatto Errico RecanatiL’ultima volta, giorni fa, lo stesso Errico mi spiegava come coniuga, mentalmente, la sua fantasia e la sua inventiva con la tradizione che si respira accanto alla brace ed alla griglia. Da Andreina si può fare metà, metà o tutto creativo o tutto tradizione. Qualunque siano le vostre preferenze le entrée della Famiglia Recanati arrivano sempre al vostro tavolo. Sono prima da guardare perché molto belle, poi da annusare perché le calde sprigionano grandi profumi, da assaggiare e da incrociare. Da mangiare con le mani leccandosi le dita. Anche se diverse fra loro per temperature, consistenze e materie prime. Un bel gioco tanto per cominciare. Il mio consiglio, se mi permettete, si rivolge ai primi piatti. Ho mangiato un brodo di cipolla di Suasa cotta sotto la cenere con raviolini di fagianella e fegato grasso di grande impatto emotivo.  E poi fatevi pure un piccione allo spiedo. Semplice semplice solo con un filo di sale. Ovvio se la vostra scelta di vita ve lo permette. Potete seguire anche un percorso alternativo. Che sarà dello stesso valore di quello “carnivoro”. Ma chi va da Andreina ha già fatto la sua scelta di vita.

Sapevo da amici comuni che nella cucina di Errico ora c’è Caterina Moss Gasparri. Ma quando l’ho vista a fine cena, bella come il sole, con il suo sorriso di bimba, mi si è aperto il cuore. Cuore di mamma. Che ci posso fare? Dopo il diploma ad Alma (la scuola di cucina più ambita dagli aspiranti cuochi di ogni dove guidata dal rettore Gualtiero Marchesi) si è incamminata verso orizzonti che le hanno aperto ancora di più la mente. La sua strada professionale è piena di tappe splendide, invidiabili, emozionanti, costruttive. Alla tenera età di 26 anni, da compiere a breve, ha un concetto materico della cucina come fosse una cuoca adulta. Ama Antonia Klugmann che considera la sua guida di cucina. Si è fatta 7 mesi al Noma da Renée Rezdepi. Lo chef più premiato al mondo. Per poi decidere che quella non era la sua cucina. Non imparava nulla ma eseguiva come in una catena di montaggio ricette fatte con erbe, licheni, alghe. Procededimenti segreti di umidificazione e macerazione. C’era solo il pro di essere nella brigata del ristorante internazionale, riconosciuto da tutte le guide come il luogo della sperimantazione pura. Dell’avanguardia. Ma la ragazza è intelligente e quindi decide di mollare. Tornata in Italia ha la gioia di essere del gruppo del Metropole di Venezia che in quel momento prende la prima stella e di far parte della rinnovata squadra del Ristorante Borgo San Jacopo a Firenze. Credo che Errico la seguisse da un po’. Poi, e qui ci metto del mio perché non ho chiesto come è giusto che sia, ci sarà stato un incontro di fronte ad uno spiedo fumante e ad un calice dei vini di Ramona. Errico è contagioso. Con la sua esuberanza. Lei è una lavoratrice caparbia e costante. Una ragazza forte che non teme la fatica e le sfide. Che Errico le mette di fronte per farla crescere e per dare al locale altri stimoli. Come i petali di rosa essiccati la sera di San Valentino. Di memoria rezdepiana, se si può dire così. Con Caterina in cucina e Ramona in sala Errico ora prova (ho scritto prova, attenzione, perché Andreina è sempre pieno, per fortuna), a portare la sua professionalità, richiesta, in paesi lontani che stanno apprezzando la vera cucina italiana. Dulcis in fundo forse non sapete che Caterina è marchigiana, vive a Montecassiano. Una ragione in più per gustare le ricette di Errico con la sua collaborazione. Tanto per fare del gossip che mi fa sempre piacere fare, l’avrete vista su Canale 5 nel programma del Maestro Marchesi il Pranzo della Domenica duranta la puntata dedicata alla scuola di Alma. Dalle Marche il tifo per lei era da stadio! Se Marchesi l’ha voluta in trasmissione con lui ci sarà un perché. Ed ora vola Caterina che con Errico sei in ottime mani!

Carla Latini

Alle Cantine Monteschiavo incontri fra vigne e ulivi

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Clienti, amici, opinion leader e semplici appassionati hanno “invaso”, la collina di Maiolati Spontini in occasione di un appuntamento organizzato dalle Cantine Monteschiavo. La scusa buona quella dell’olio evo non filtrato appena franto. E di un vino coraggioso. Una Lacrima Superiore che si chiama la Rediviva. L’annata, quella del 2014. Un vino giovane, rosso rubino trasparente. Intenso nel profumo inconfondibile. Alla bocca molto piacevole. Perfetto per esaltare l’olio denso e verde, come le foglie di ulivo, servito su fette di pane bruschettate e croccanti. La festa è cominciata con i tappi saltellanti delle bollicine cult dell’azienda. Ogni persona è stata accolta così e accompagnata in un percorso di calici colmi da degustare e prodotti unici da assaggiare. In questo percorso ho conosciuto il produttore e il cuoco delle zuppe di legumi e cereali “La vita è bella”. Zuppe biologiche, perfette per l’olio nuovo. Si ferma, interessato, Glen, il cuoco filippino de Il Libeccio di Marcelli di Numana (leggerete di lui su queste pagine a breve). Mi interessa il suo punto di vista. Il suo lato, diciamo, non italiano. Anche se credo di aver capito che sia nato in Italia. I cuochi sono tutti uguali. Basta una farina di cereali alternativi, delle lenticchie che sembrano coriandoli colorati a stimolare la fantasia creativa. Ed è bello ascoltarli quando lo fanno a voce alta. Glen pensa, con il sonoro, a pesce e lenticchie. Alle pelli – in realtà la pelle del pesce si chiama cute – lavorate in maniera tale da rimanere croccanti colorandosi dei colori delle lenticchie. Accanto una lasagna a due strati fatta con le farine di ceci e di farro. In mezzo una crema di lenticchie che sarà di un unico colore. Glen parla ed io immagino.

Accanto a noi si ferma Luca Belleggia. Giovane manager del nuovo Hotel di Ancona il Seeport. Anche di questo vi racconterò a breve. Con lui si ragiona sullo stile che deve avere un albergo internazionale. Di come la cucina lascia alla creatività il giusto spazio. Spesso un viaggiatore stanco non ha una grande voglia di mangiare piatti elaborati. Quindi nel menu di un international ci sono anche piatti “tristi” ma necessari. Luca si occupa dell’acquisto dei vini e mi porta un calice di pecorino Monteschiavo. Mentre beviamo – ed io imparo – ci avviciniamo alla “bancarella” di Baldi. È molto conosciuto fra i ristoratori perché li rifornisce delle migliori carni italiane ed estere a filiera controllata e certificata. Ma oggi è qui con una “chicchissima” (il pubblico merita). Un baccalà delicato, scaglioso e quasi croccante cucinato “nientepopodimeno” che da Errico Recanati nella classica ricetta all’anconetana. La mano di Errico è lieve e alleggerisce qualsiasi provocazione di questo celebre pesce essiccato con il sale. Così il mio pecorino rimane persistente e non viene sopraffatto da altri sapori. Accanto alla classica ricetta, Errico ha preparato una sorpresa nel suo stile, spiritoso! Inconfondibile. Baldi mi fa vedere una specie di oliva che nella forma somiglia di più a un grande cappero. La prendo dal picciolo, che è un picciolo vero, la metto in bocca e lentamente si scioglie. A cosa penso? Al baccalà mantecato del Vecio Fritolin di Venezia, il più buono della mia vita! E ai capperi che mi manda sempre Carlo Hauner da Pantelleria. Buonissimo boccone. Degno della Rediviva che, Emanuele Boccaccini, il maitre del Marchese del Grillo, mi sta offrendo. Alcuni scappano via dopo veloci assaggi. Altri, è lunedì e sono chiusi, rimangono a chiacchierare. Il buio è arrivato prima. Le vigne, con le foglie arrossate dall’autunno, brillano grazie a luci messe con grazia e maestria. È un po’ umido. Olio, pane e vino ci scaldano. Ma che bella festa!

Carla Latini

Il Gallo Rosso di Filottrano, l’abbraccio dei prodotti artigianali

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Per essere più precisa il Gallo Rosso di Filottrano è una trattoria ed i suoi patron, Gessica Mastri e Andrea Tantucci sono orgogliosi di averla chiamata così. Consci che solo una “trattoria” può creare l’atmosfera informale che diventa il palcoscenico giusto per cibo e vino.

La trattoria abbraccia i produttori artigianali e li fa sentire a proprio agio. Insieme, Andrea e Gessica, mi hanno raccontato di quanto sono importanti per loro le materie prime e di quanto sono rigidi nel rispettare le tradizioni del territorio. Moderni però (bello riprendere il termine moderni) negli abbinamenti e nel modo di comunicare le loro passioni. Che sono tante. Torniamo ai produttori. La trattoria il Gallo Rosso è la casa delle mamme, dei papà e dei nonni dei prodotti che Andrea e Jessica usano. Potrete vederli di persona, “appesi” ai mattoncini di queste pareti. Sono allevatori, casari, agricoltori, pastai, vignaioli, contadini. Le loro facce sorridono sincere. Rassicuranti. Potrete assaggiarli nei piatti che fanno parte dei due menu. Uno completo degustazione e l’altro a la carte.

Nel menu degustazione c’è l’anima creativa di ognuno di loro. È come un vocabolario gastronomico nel quale le stagioni fanno da segnalibro. Equilibrio ed armonia di sapori. Dolcezze dei latticini delle nostre colline. Qualche volta Andrea e Gessica sconfinano e vanno in altri territori. Ma a ragione. Capperi di Pantelleria, alici del Cantabrico e olive taggiasche sono un gustoso e giustificato sconfinare. A la carte c’è un percorso molto interessante con antipasti originali tipo il pomodoro presentato a modo loro in tre versioni diverse, taglieri di salumi e formaggi di elevata e controllata filiera, come del resto, tutto qui è così. Primi piatti semplici e gustosi dove gli ingredienti sono al massimo due, tre con la pasta. Tagli di carne marchigiana che si trasformano in hambuger acculturate. Animali da fattoria che donano il meglio di loro con le idee di Andrea. I dessert danno risalto alle varietà di frutta dei nostri frutteti. In fondo ai due menu, c’è l’elenco dei produttori. Che Andrea a Gessica conoscono personalmente uno per uno. Conoscono le loro realtà artigianali al punto da farvi innamorare quando le “raccontano” fuori e dentro il piatto.

Gli stessi produttori diventano, a volte, animatori di serate a tema. Incontri intimi ed esclusivi resi ancora più preziosi se accanto a un cibo c’è anche un vino raccontato dal vignaiolo con il cuore nella vigna e nel bicchiere. Come vi ho già scritto varie volte ho avuto la fortuna di partecipare ad altre serate esclusive a tema. Serate in cui i nostri hanno cucinato insieme ai cuochi stellati targati Marche. Con Errico Recanati, Riccardo Agostini (ex marchigiano ora romagnolo), Michele Biagiola e Pier Giorgio Parini (dopo il confine con la Romagna). Di quelle cene la prima cosa che ricordo sono state le parole di Andrea e Gessica per Tyche: <<Oggi pomeriggio abbiamo imparato più che se avessimo fatto una stage in una grandissima cucina stellata>>. Questo è un altro aspetto della giovane coppia del Gallo Rosso: la generosità nell’accoglienza. Un po’ raro di questi tempi.

Prima di arrivare a Filottrano, passando da Osimo, si incontra, sulla destra, un minuscolo santuario in restauro perenne. Si chiama La Madonna di Tornazzano. Quando ho conosciuto Andrea e Gessica gli ho parlato della mia affezione per questo posto e della pietra intorno alla quale hanno costruito la chiesa. Una pietra dove i pellegrini che andavano a Loreto e poi in Terra Santa si fermavano a pregare e si sedevano a turno. Tornazzano sta per “torna sano”. Nella mente e nel corpo. Un posto mistico che merita di essere visitato. Se decidete, come immagino farete dopo aver letto le mie parole, di regalarvi un pasto al Gallo Rosso, potete fermarvi la mattina al Santuario e poi lasciarvi andare in un lungo percorso culinario da Andrea e Gessica. Non sarà come unire sacro e profano.

Carla Latini

 

Ramona Ragaini, il mestiere di rendere bello un ristorante

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Una cena da Andreina, a Loreto, la consiglio a tutti. Assolutamente necessaria per farsi del bene e per fare del bene a chi amate. Le indubbie capacità di Errico Recanati, le sue versatili e tenere (per me) invenzioni sono note. Errico è un cuoco maturo e sicuro. Molto divertente. Perché la cucina, tolti i puristi angoscianti, è divertimento. E io, mentre mangio, voglio ridere. La moglie di Errico, nonché mamma di due cuccioli biondi, si chiama Ramona Ragaini. Ma questo lo sapete già. D’ora in poi, nel pezzo che sto scrivendo, sarà solo Ramona.

Bella, elegante nel portamento, sorridente senza invadenza, bionda con labbra rosso corallo. Sobria nel vestire. Competente ed intelligente nel consigliarvi, coccolarvi, indicarvi verso la scelta del vino giusto. Durante il Congresso Identità Golose di quest’anno, Ramona ed altri suoi colleghi che si definiscono “noi in sala o quelli della sala”, hanno cercato di far notare ad un pubblico molto preparato, quello appunto di un congresso gastronomico, l’importanza della sala. Quando arrivate in un ristorante “famoso, premiato dalle guide e stellato” vi accoglie il cuoco? No. Vi accoglie il Maitre, il sommelier, il cameriere. Ramona, che sarebbe Maitre e sommelier insieme, con me gioca e si definisce “cameriera”. Mi sta bene. Grande onore anche a chi fa “solo” il cameriere o la cameriera. Mi domando, e con Ramona abbiamo discusso di questo, ma ci rendiamo conto noi clienti di quanto, qualche volta, siamo difficili da servire?

Così l’altra sera, appunto da Andreina, mentre gustavo il menu “Errico” che è come farsi rincorrere dal Bian Coniglio e pescare nella baia nell’Isola che non c’è, sentivo, involontariamente, commenti e consigli, esperienze e sicurezze, nostalgie e falsi miti, della bella clientela. Ramona innamorata del marito, dei loro piccoli, del lavoro e del vino, si sveglia ogni mattina conscia si essere l’assist con il quale Errico farà sempre canestro. Un grande cuoco, e non lo dico solo io, ha sempre bisogno di qualcuno in sala che racconti il suo piatto. Che trasmetta le emozioni e gli odori della cucina. La sala è il 60% del successo di un ristorante. Forse anche di più. Ovvio quando il cuoco esce la standing ovation è per lui. Ma chi per tutto il tempo ha curato il servizio, cambiato le posate, controllato la temperatura dei vini, riportato tovaglioli caduti, tolto cloche come fosse una danza, sorriso ai mille cambiamenti al momento dell’ordinazione del dessert merita un “posto al sole”. Soprattutto mentre gli state raccontando di tutti gli altri stellati che, beati voi, vi siete mangiati e di come vi siete trovati ecc… Per cui la prossima volta che vi fate un viaggio per andare da un cuoco big ricordatevi della sala. Un sorriso di Ramona, come quello dei suoi colleghi professionisti, ha un grande valore. Che completa in toto la vostra esperienza.

Carla Latini

da Errico la cucina strappa un sorriso, tra birra e…baccalà

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E’ raro vedere decine di giovani affollare ristoranti stellati. I motivi, vari ed eventuali, sono facilmente comprensibili. Succede però che Errico e Ramona (ristorante Andreina a Loreto) ci riescano. Succede che le loro feste d’estate siano “feste giovani”. Bagnate da una birra eccellente che rende l’atmosfera più frizzante. Sono stata alla finale di “Cucina da Errico”. Peccato non aver seguito le altre ‘puntate’. Ogni concorrente partecipa con il suo tifo personale. La formula sembra semplice ai non addetti ai lavori. In realtà solo due professionisti come Errico e Ramona possono avere le capacità tecniche per reggere una “singolar tenzone” come questa. Tornate con me dalla parte degli spettatori, che è meglio, e lasciamo Errico in cucina con i 5 finalisti.

In giardino l’aperitivo di benvenuto profuma di fritto, delicato, di hamburger in piccoli e morbidi panini, di fresche composizioni di frutta e verdura. In fondo qualcuno stappa con stile e nonchalance una birra molto buona che si chiama, Kukà. Matteo Bora (il produttore) mi racconta che piace molto ai cuochi perché si abbina bene. La trovo perfetta per la serata. Frizzante al punto giusto. E rinfrescante. Perché fra poco i cuori dei partecipanti saranno molto caldi. Il cuore del cuoco batte forte in cucina, accanto ai fuochi. Ci sediamo nell’altro giardino, quello grande sul retro. Conto le tavole imbandite da 10 sedute ognuna. Evito di fare le moltiplicazioni del caso e mi lascio contagiare dall’allegria e dai toni accesi degli spettatori. I tifosi di cui vi ho scritto all’inizio. Cominciamo con l’antipasto e con Massimiliano Vallesi: insalatina di cappone con dadolata di patate al mosto cotto e scorza di arancia. La giuria scrive la sua valutazione in silenzio. Al mio tavolo il giudizio è unanime: molto buono. Francesco Marcone propone: baccalà su vellutata di topinambur con porro e pepe di Sichuan. Solito silenzio della giuria. Noi apprezziamo con mucho gusto. Questo piatto fa parte delle mie preferenze. Sara Sguerri ha una ricetta da ben equilibrare: capesante su cipolle di Tropea e crema allo zafferano. Ci aspettiamo in bocca troppa dolcezza ma ci sbagliamo. Brava Sara. Applausi sporadici qua e là testimoniano la presenza della tifoseria. Ma finora la “bella gioventù” a tavola è discreta. Prende il microfono Luca Paolorossi ed è una standing ovation con tanto di ola. Il suo piatto è coraggioso. Ci vuole una certa voglia di sfida nel proporre agnello al limone e taglio sartoriale. L’agnello spesso divide i palati. Il mio è dalla parte dell’agnello. Ci piace. Gli applausi si fanno sempre più sonori. Il dolce di Tina Tarabelli, l’ultima degli sfidanti, è dedicato all’anice.

E’ l’ora del verdetto. Chi vincerà? Errico dice poche frasi e torna in cucina. Ramona, da brava conduttrice, prende tempo, ricorda gli sponsor, ricorda gli amici… ed ecco cosa ha deciso la giuria. Ci credete se vi scrivo che siamo tutti in piedi? Vince il baccalà di Francesco Marcone. Lo avrei fatto vincere anch’io. E come in tutte le finali che si rispettino saltano i tappi, la Kukà finisce nei calici con la sua schiuma bianca e densa che brilla nella notte. Alla prossima festa!

Carla Latini

Errico Recanati, chef stellato, e lo spiedo di nonna Andreina

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Questa estate la parola d’ordine di Andreina a Loreto sarà alleggerire la cucina dei ricordi. Che diventa più attuale grazie alle tecniche ed alla fantasia di Errico. Qui si trova lo spiedo più antico delle Marche. Nonna Andreina tirava la sfoglia, faceva gli gnocchi, curava lo spiedo con la dedizione delle donne di un tempo. Errico Recanati, il nipote , figlio di Mamma Ave, marito della bella Ramona Ragaini, nonché papà di Rachele e Riccardo,  ha dato una svolta personale al locale che è meta di tutti i bon-vivant bazzicanti le Marche. Freschi di stella, lui e Ramona non trovano un momento per fermarsi a pensare. Travolti dall’inevitabile popolarità che la Michelin regala a chi la merita. Abbiamo gustato la cucina di Errico alla Trattoria Gallo Rosso a Filottrano durante una cena a quattro mani e due teste. Una cena in cui è riuscito a sintetizzare al meglio il contenuto delle prime righe. Soprattutto con due piatti: la Spugna di foje strascicate, ottenuta con lievito madre, è una pallina verde di mollica alle erbe soffice e deliziosa, e la Faraona in olio di cottura semi e fiori, un piatto “simulato” nel senso che i semi tostati intorno al cilindro di faraona simulano una grigliatura che la carne non ha subito. Stesso sapore. Tenera come i fiori che la circondano.

Ramona ci racconta che i ravioli con pollo in potacchio subiranno una trasformazione tecnica senza abbandonare il sapore, unico, che li ha resi così famosi. Stesso procedimento, anzi forse più spettacolare, per i vincisgrassi, composti al tavolo con quel rito magico e coinvolgente che vede il maitre, o il cameriere, finire il lavoro del cuoco. Questi vincisgrassi si chiamano “Secondo noi”. Ramona porta in tavola i pezzi di sfoglia all’uovo lessati, la carne marchigiana macinata, dei pomodori confit e della besciamella bollente. Monta lo scacco di vincisgrassi per ogni commensale, lo “nevica” di parmigiano e lo fa gratinare con il cannello da cucina. Bello da vedere e trait d’union perfetto fra cucina e sala. Domandiamo dello spiedo. Quello c’è e ci sarà sempre. Anzi ci sono delle idee nuove ma non posso anticiparle. Allo spiedo piccione, maialino e agnello. Affumicati per antipasto. Con Errico, il Ristorante Andreina si è avvicinato al pesce. Il mare è a due passi ma carni e cacciagione hanno sempre avuto la meglio. Ora c’è un nuovo piatto a menu che celebra il pesce e rende omaggio alle Marche. E’ un risotto con crema di peperoni rossi, alici di San Benedetto e panna montata. Cromatismi golosi e intensi. Il rosso in cucina ha sempre un suo perchè e la panna è candida. Panna e alici. Meglio del burro.

Azzardo e chiedo a Ramona: un vegetariano da voi cosa mangia?

<<Ci siamo organizzati molto bene. Le convinzioni delle persone vanno rispettate. Errico fa un eccellente carciofo fritto prima marinato nel verdicchio, un flan di pecorino di fossa con pere caramellate e dei ravioli a sorpresa ripieni del classico “fricandò”. A sorpresa perché in qualche raviolo capita la patata, in altri la melanzana, in altri peperone e zucchina. Sono molto apprezzati anche da chi poi si lascia andare con lo spiedo>>.

Ci piace molto questa naturale evoluzione e questa contaminazione di sapori che con pazienza Errico ha inserito nell’ingessato e classico (sempre verde e apprezzato) menu di Nonna Andreina. Tranquilli amanti della tradizione: gnocchi, tagliatelle, griglia e spiedo non mancano mai! Ramona, seguendo le orme professionali di Ave, vi stimolerà con etichette marchigiane che meritano di essere stappate. Per lei un percorso formativo da sommelier interrotto, un paio di volte, dal ruolo principale di mamma di Rachele e Riccardo. E fuori, nel dehors, questa estate passerete piacevolissime serate a lume di candela. Carnivori, vegetariani e vegani tutti. Durante la serata al Gallo Rosso la giovane coppia si è poi sottoposta alla domanda di Tyche, cioè la mia: Candido che ti fa pensare? Nel video potete ascoltare le loro risposte.

Carla Latini

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