Author

admin - page 8

admin has 368 articles published.

Il concerto delle Sister Sledge a Tyche Friday? “Ma che bella serata!”, il racconto, le foto e il video

in Donoma Civitanova/Eventi da

Se nella musica soul c’è l’anima, le Sister Sledge ci hanno dimostrato che nella disco c’è il cuore… Un cuore grande! Tutti sussurravano lo stesso slogan, dal pubblico “felice” a noi addetti ai lavori, passando per i camerieri e per i ragazzi della sicurezza: “Che bella serata”. Quando il nostro direttore generale Salvatore Lattanzi decise di dar mandato a Maurizio Della Fortuna per “prendere” l’unica data italiana delle Sister Sledge, avevamo la consapevolezza di portare al Tyche Friday del Donoma di Civitanova un altro ottimo concerto internazionale, dopo Imagination, Earth Wind & Fire e Incognito. Ma ci siamo sbagliati: abbiamo semplicemente assistito al concerto più bello di tutti, anzi il più emozionante, senza togliere niente agli altri.

Ma andiamo con ordine. Aldo Ascani, nel preriscaldamento della serata, ha iniziato a giocare alla grande, con il meglio della musica anni ’70 e ’80 (non quella dei “pataccari” fasulli revival di fine weekend). Poi c’è stato spazio all’autorevole e amichevole presenza sul palco della giornalista Rai Cristina Tassinari. La direttrice artistica del Disco Diva di Gabbice ci ha portato due fenomeni storici ed esperti della disco: Andrea Angeli Bufalini e Giovanni Savastano. Insieme ci hanno presentato, fra aneddoti e ghiotte curiosità, il loro monumentale libro, “La Disco”. Quindi è stata la volta sul palco delle favolose Sister Sledge, con un gruppo “da paura”: tastiere, sax, chitarra, basso e un batterista da brivido infinito. Ottime condizioni per assoporare al massimo il sound degli otto brani proposti sia in edizione originale che in remix. World rise and shine, Sledge meddley, Thinking of you, Good times (già propio quella delle Chic), He’s just a runaway, Amazing grace (il classico spiritual), Lost in music (in una versione estesa e ricca di assoli) e, inevitabilmente, We are family. Che dire del carisma di Debbie, Joni e Kim? Identico sia nelle prove che nel concerto. Un trio di ritmo ed armonia.

Godetevi ora la galleria fotografica e qualche frammento video che siamo riusciti a realizzare e che vi proponiamo qui sotto. Intanto stiamo preparando il palcoscenico per il prossimo colpo grosso del Tyche Friday, il venerdì live del Donoma, con l’esclusiva regionale di Luca Carboni in “Pop-Up Tour 2016″‎. Vi diamo appuntamento al 4 marzo.
Kruger Agostinelli

(foto e video di Federico De Marco)

[efsflexvideo type=”youtube” url=”https://www.youtube.com/watch?v=2Im0va88OJs” allowfullscreen=”yes” widescreen=”yes” width=”420″ height=”315″/]

Florin Salam travolge con passione la notte etnica al Donoma, il racconto e le foto

in Donoma Civitanova/Eventi da

L’energia che provoca Florin Salam è impressionante. Un sound forse ripetitivo, ma che entra dentro l’anima nella migliore tradizione della musica gipsy e balcanica. Questo genere folk si chiama Manele ed è la musica più popolare nella Romania. Qualche anno fa incise con Goran Bregovich due brani nell’album “Champagne per gli zingari”.

Florin è un carismatico cantante dalla “vita spericolata”, come recitano le sue biografie ufficiali. Ascoltarlo diventa ipnotico, con la sua band che rapisce e trascina tutta la platea. Si ha il senso del vero divertimento, senza nessuna esagerazione. Quel sano stare insieme che non divide ma unisce i popoli e aiuta a comprendersi. L’organizzazione impeccabile del Donoma ha saputo creare un appuntamento di musica etnica di grande livello. Tanto colore e tanta bellezza in questo importante spazio teather, che riesce sempre di più a interpretare con correttezza e incisività il senso moderno dell’intrattenimento. Una conquista culturale e sociale per Civitanova e la riviera adriatica, pronta a captare l’autentica qualità del divertimento più che la moda. Fuori dai luoghi comuni, arricchendosi di un rinato senso dello stare insieme con il sorriso.

Kruger Agostinelli

(foto di Luigi Gasparroni)

[efsflexvideo type=”youtube” url=”https://www.youtube.com/watch?v=-rRsx-Y99h4″ allowfullscreen=”yes” widescreen=”yes” width=”420″ height=”315″/]

Tappa molisana per Il Giro d’Italia dei Sapori con lo chef Stefano Rufo

in Giro d'Italia dei Sapori/Mangiare e bere da

Giovane e di bell’aspetto, Stefano Rufo ha portato al Giro d’Italia dei Sapori la sua spontaneità, la sua arte culinaria, la sua memoria di profumi e sapori e gli “introvabili” prodotti della sua terra: stiamo parlando di Rocchetta a Volturno, in provincia di Isernia.

Con lui, lo scorso 18 febbraio, abbiamo scoperto, per la prima volta, quanto sia di carattere e fondata su solide basi tradizionali e culturali questa cucina del territorio che qualcuno, immagino Alfredo Antonaros, ha definito una sorta di “archeologia alimentare”. Mi sento in obbligo e sono felice di farlo, di aprire una parentesi “graffa” per confessarvi che Stefano Rufo è una scoperta di Elsa Mazzolini (vedrete quante saranno le sorprese!). Che quando fiuta non sbaglia un colpo. Stefano viene introdotto ai partecipanti (ancora una volta la sala delle feste di Flavio e Elide Cerioni alla Lanterna è sold out) così: “In una sorta di nido delle aquile, sperduto tra le montagne, Stefano Rufo, giovane chef della Locanda Belvedere di Stefano, che gestisce insieme alla famiglia, opera una sorta di archeologia alimentare e di appassionato recupero della più autentica tradizione molisana, valorizzata in chiave contemporanea. I piatti della memoria, grazie ad una rilettura più attuale, acquisiscono quella brillantezza e quella ricchezza di sapori che solo una sana disinvoltura nell’approccio e una tangibile abilità possono spiegare”.

Un distinto signore al mio tavolo mi sussurra: <<Quest’uomo è un poeta!>>. Sta parlando di Alfredo Antonaros. Ebbene sì, io Alfredo non smetterei mai di ascoltarlo! Stefano introduce ogni piatto. Così facendo ci presenta la sua famiglia. La base da dove parte la sua indiscutile arte. Le polpette della nonna sono la prima sorpresa. Polpette povere che strada facendo perdevano tutta la poca carne macina all’interno. Si vede che alla nonna quella carne serviva altrove. Queste polpette “finte” ci danno l’illusione sia all’olfatto che al gusto di essere vere. Vengono servite con quello che Stefano battezza airbag di maiale. Piccole cotiche essiccate e fritte. Che volano felici insieme alle polpette. Il mio tavolo mugugna di piacere e discute. Lo scopo principale del Giro d’Italia dei Sapori è far ragionare le menti mentre mandibole e mascelle lavorano. Ma la polenta non era solo prerogativa della tradizione gastronomica del Nord Italia? Contaminazioni di popoli e culture ci permettono oggi di ricordare il Tardaglion (si chiama così nel dialetto locale), una polenta lavorata con il cavolo nero (ma non era toscano?). L’aglio la fa da padrone. Piacevolmente direi. E molti fanno il bis. Nella cucina molisana l’aglio non manca mai. Stefano gli toglie l’anima e l’alleggerisce con grande grazia. Facendolo rimanere, però, protagonista del piatto. Aglio fritto croccante. Buonissimo. Mangiato mai il ragù di capra? Accanto a me, arrivato tardi ma arrivato (e quindi siamo contenti che sia arrivato), c’è Davide Eusebi. Un palato eno-gastronomico che conosco e stimo da molto tempo. Mi racconta di un viaggio in Sardegna e di quante versioni di “capra” ha mangiato. Il profumo del ragù di capra esce dalla cucina ed escono anche i ravioloni scapolesi che sono una De.Co locale. Ravioloni a ragione: due “rettangoloni” che riempiono il piatto coperti di ragù. Presa a parlare con Davide faccio una cosa che non si dovrebbe fare mai. Ma la fa anche Davide e quindi sono perdonata. Li lasciamo freddare e li mangiamo che sono appena tiepidi. Stefano supera la prova, non voluta ma capitata, alla grande. Il raviolone, una volta fungeva da primo, secondo e contorno. Il ripieno di Stefano è amalgamato ma gradevolmente separato. In bocca non grasso e molto gustoso. All’interno c’è salsiccia secca con finocchietto selvatico che si sente, poco peperoncino piccante, pancetta magra e guanciale, verdura dolce tipo bietola o spinaci, patate, ricotta secca di capra grattugiata. Un ripieno ricco ed importante.

L’ennesima sorpresa della serata è a seguire dentro il piatto forte che Stefano, confessa, ha affrontato per la prima volta. Qualcuno gli ha consigliato di fare una ricetta tipica degli Appennini. La ricetta ricca della domenica ricca dei pastori. L’agnello delle Mainardi, un’oasi protetta, è con cacio e uova accanto ad una cicoria di campo saltata. Una fricassea alla quale Stefano, volutamente, ha tolto il limone. La mia tata Pasqualina, nativa di Controguerra in provincia di Teramo, la faceva sbattendo le uova e il pecorino con succo di limone e scorza di limone grattugiato. La mamma della signora davanti a me, che viene da Salerno, non metteva mai limone. Stefano si ferma con noi. E il dibattito “limone si limone no” si accende! Flavio ci osserva e non parla. Anche in questo caso molti fanno il bis.

Il dolce è una torta, riduttivo chiamarlo tortino, che prende il nome dal ristorante di Stefano, con nocciole tostate, mele, scaglie di cioccolato e olio evo. Accanto la stessa crema della zuppa inglese con il passito della cantina Angelo D’Uva. Il vignaiolo molisano che ha accampagnato Stefano nel suo menu. Un’altra scoperta di questa sera è stata la Tintilia. Un vitigno di origine spagnola. Perché in questa terra le contaminazioni abbondano. La scoperta di Elsa ha fatto la sua grande figura. Felice e stupito questo giovane “pastore”, bello come solo loro sanno essere, è felice e rimane a parlare fino a notte fonda con tutti quelli che ancora non vogliono tornare a casa. Succede anche questo alla fine di un Giro d’Italia dei Sapori. La prossima tappa si fermerà a Sorrento con Giuseppe Aversa. Sarà il 7 Marzo. Affrettatevi a prenotare. Magari fatevi mettere al tavolo con me. Che ci divertiamo. Per prenotazioni e info: 0721 884748, 335 367446 e info@allalanterna.com.

Carla Latini

Un’H incoronata al piede: sandali d’autore Made in Marche per Ilde Soliani

in Moda da

Ricordate la mia amica Ilde Soliani e il suo video realizzato per il progetto SensHilde con Mauro Uliassi? Ne ho scritto abbondantemente su queste pagine diversi mesi fa (Lo ritrovate QUI). Le Marche sono per Ilde non una terra di passaggio ma rappresentano luoghi dove fermarsi, incontrare e progettare, bere e mangiare bene.

showroom pignatelliCi sono delle coincidenze e dei segni che non possono essere trascurati. Che diventano segnali precisi lungo un percorso. Nel progetto Senshilde c’è un visual stylist che si chiama Rosario Costantino. Rosario conosce Claudio Postacchini e lo presenta a Ilde. Un colpo di fulmine che va oltre il professionale. Che non fa parte della sfera sentimentale. Claudio Postacchini, per chi conosce il mondo delle scarpe delle “Marche sporche”, ha fondato nel 1996 Officine e Modelli srl con Luca Sabbioni e Massimiliano Caporali. Un gioiello di azienda. Una fucina creativa e di grandissima classe nel mondo delle calzature di alta moda. Officine Modelli produce anche per la Carlo Pignatelli spa per la quale disegna e commercializza scarpe classiche, sportive e per cerimonia, accessori e album fotografici di elevato standing. I due, complici me e la piadineria Magritte a Loreto (vi ho già raccontato di Matteo e Michele Fusillo QUI) si sono incontrati qui. Fra una piadina e l’altra, un club sandwich e bicchieri di verdicchio “lauretano”, lievita, come la pasta della piadina di Matteo, il progetto di Claudio per Ilde. Poi saliamo in macchina e la nostra strada ci porta verso Officine e Modelli a Sant’Elpidio a Mare. Mentre Ilde e Claudio ragionano sui pellami e su dove andrà messa la fibbia con la H di SensHilde e la corona, io passeggio per lo showroom come una bimba nel paese dei balocchi. Adoro queste Marche! Oltre alle scarpe Claudio e company producono per Pignatelli anche una linea da donna che si chiama Jolie. Sandali incastonati dentro gioielli. Ed una linea giovane che si chiama iShu+. Dedicata a chi fa una vita dinamica e cosmopolita. Scarpe a prova di tutto. Che alla sera puoi mettere tranquillamente con lo smoking o con un abito lungo per sentirti come Jessica Sarah Parker in Sex in the City. Le mie mani si fermano ad accarezzare degli album fotografici lavorati uno per uno a mano dai nostri pazienti artigiani marchigiani che si raccontano così: sia la carta interna che le veline che l’esterno sono nati per proteggere e conservare i nostri ricordi più belli… Intanto Ilde e Claudio hanno finito. O quasi. È un grande privilegio per noi che Ilde, Miss Tranchant, abbia scelto Claudio per inventare i suoi sandali “magici” con l’H incoronata. Ilde ritornerà a breve e saranno altri i nostri percorsi marchigiani. Non mancherò di raccontarveli perché è bello scoprire, in viaggio con Ilde, la nostra splendida terra.

Per dovere di cronaca e perché Claudio e i suoi soci meritano lodi assolutamente meritate, le Officine Modelli srl vantano 15 showroom monomarcha e 550 boutique di alta moda nelle principali città di ogni parte del mondo. E scusate se è poco!

Carla Latini 

Giorgio Grai, immenso ricercatore di odori: “L’olfatto ci ha salvato la vita”

in Mangiare e bere da

Nella vita, così come nelle “viti”, basta poco per capire. Giorgio Grai è un puro. Lo era da giovane, figuriamoci ora che è un elegante e acuto “rivoluzionario sempre”.  Uno che con l’intuizione ragionata e la passione innamorata ha creato il Verdicchio. E che gli altri dicano quello che vogliono.

Venerdì 19 febbraio, siamo al teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo. Un emozionato Massimo Biagiali introduce e spiega perché Giorgio Grai è lì sul palco a raccontare di sé. Un mito. Chi si occupa di enologia o è solo un appassionato di vino sa che non sto esagerando. Madre Natura gli ha donato un naso ed un palato unici perché facesse diventare dei vitigni da proteggere dei grandissimi vini. ampelio bucci, cino tortorella e elio palombiDopo Biagiali la parola va ad Alberto Mazzoni, direttore dell’istituto marchigiano Tutela Vini, che ci presenta le nostre Marche con tutti i plus che meritano di essere segnalati. Giorgio Grai è accanto a chi pensa con la sua testa, cammina con le sue gambe e lotta per sé per salvare e conservare quello che c’è su questa terra. È pungente il suo eloquio quando tira in ballo Ampelio Bucci, seduto in seconda fila. L’immagine del loro primo incontro è una vignetta a tinte forti. Così come le parole che si scambiarono in cantina. Giorgio ricorda il primo consiglio: <<Pulizia! Le botti devono essere pulite>>. Da lì in poi inizia la storia del Verdicchio marchigiano. Il vino bianco italiano più conosciuto nel mondo. <<Ho capito subito che bisognava ricominciare tutto da capo quando ho visto Ampelio stappare due bottiglie e versare il suo primo Verdicchio. L’ho visto dal colore, poi ci ho messo il naso e ho capito che strada dovevamo percorrere>>.

Giorgio parla di come madre natura uccide, massacra e mantiene in vita le sue creature. Un mondo paragonabile a nessun altro mondo, il suo. Giorgio si pone vicino alle vigne. Alla loro altezza. Le ama, le segue, assaggia le uve e comprende quale vino sarà. Ma ci vuole tempo. Tanto tempo e pazienza.
Sono incantata ed estasiata dalle sue parole. Riconosco nei suoi messaggi tanti pensieri che mi appartengono. Che con lui riprendono un senso logico importante. Parte da lontano quando ci rende semplice capire il difficile: <<L’odorato ci ha salvato la vita. Ci ha insegnato a sfuggire dagli odori cattivi e a preferire quelli buoni. Poi ci sono le sfumature ed una acidità può anche essere dolce. Basta interpretarla>>. In sala dietro Ampelio c’è Cino Tortorella. Un gastronomo illustre nel panorama di media stampa e tv. In difesa del vino e del comune amico Gualtiero Marchesi, Cino esorta Giorgio a leggere la lettera aperta inviata al maestro circa il vino. Nelle righe che legge Massimo, emozionato come all’inizio, c’è tutto l’affetto per un amico vero al quale si perdona un’esternazione spontanea senza dimenticare le tante bevute fatte insieme. Pochi sanno che il naso ed il palato di Grai si sono formati prima delle vigne, dell’uva e del vino. Figlio di albergatori, i primi passi li ha fatti dietro i fornelli di una cucina professionale. Giorgio Grai cuoco? Ebbene sì. Bello rammentare le tante vite passate e progettare quelle future. Il segreto sta nello svegliarsi la mattina sempre con una nuova sfida, un traguardo da raggiungere. Lo dimostrano i suoi bianchi da invecchiamento.

senigalliaPrima della conclusione partono domande a raffica da un pubblico fatto di esperti, sommelier, ristoratori. Riconosco Simone Baleani del Molo di Portonovo e amici come Paolo Cesaretti, che è qui in veste di coordinatore del consorzio di tutela della Casciotta di Urbino (un’altra eccellenza marchigiana). Ma ci sono, soprattutto, tutti gli amici di Elio Palombi (vi ho già scritto di lui circa il Premio Città di Senigallia a Portonovo a Marchesi) che è stato il gancio/complice fra San Lorenzo in Campo, rappresentato dal sindaco Davide Dellonti, colto gourmet, e da Massimo Biagiali. A spettacolo finito andiamo al giardino dove ci aspetta un buffet tutto marchigiano ed una cena idem. Si berrà benissimo. Ne sono sicura. In mezzo a Giorgio e Ampelio ricordo la festa dei miei “primi” 40 anni. Con Edoardo Raspelli e la troupe di Mela Verde. Avevo stappato una cassa di Villa Bucci 1992. Ed era il 2001. Con noi Alessandro Scorsone (anche di lui ho già scritto su Tyche per la verticale nell’azienda Montecappone) aveva decantato il vino, la scommessa dell’invecchiamento, il coraggioso produttore e il geniale enologo Giorgio Grai. Mi giro e Giorgio è scomparso. Poi sento il mio nome e mi avvicino ad un gruppetto, circa 4-5 persone privilegiate. Dietro il bancone del bar Giorgio sta stappando una bottiglia. Non leggo l’etichetta. Ci versa, sempre solo a noi privilegiati, un vino bianco brillante e vivace. Ci metto il naso. Mi arrivano profumi. Definiti. Li riconosco. Mi permetto di parlare per prima: <<E’ un pinot bianco?>> Lo è. Mi congratulo con me stessa. <<Avete visto l’annata?>>, dice Biagiali. 2001. Un pinot bianco del 2001 firmato Giorgio Grai in etichetta. Porto il calice al mio tavolo. E sorseggio questo miracolo della natura per tutta la cena. Giorgio si alza, saluta e ringrazia tutti. Viene verso di me e mi interroga con gli occhi. Non mi importa di sembrare scontata, al limite della stupidità e gli dico che sono commossa, che in poche ore ho arricchito la mia mente ed il mio cuore. Posso confermare a me stessa che non sto sbagliando. <<Raccontami>>, mi dice sempre con gli occhi. E mi prendo un altro privilegio buono quanto il suo pinot bianco che, intanto, continua a comunicare la sua storia e i suoi profumi.

Tornerà nelle Marche Giorgio Grai? <<Dipende da quanto un mio amico avrà voglia di ricominciare>>.

Carla Latini

Oggi cucino io, con i fratelli Contigiani e il cuoco Andrea De Carolis

in Mangiare e bere da

Succede a Porto Sant’Elpidio ormai da 9 anni. Quindi facendo due conti nella cucina professionale dell’Auxostore, in via Cavour 58, sono passati più di 200 aspiranti cuochi casalinghi.

Andrea De Carolis, la mente culinaria di Sandwichtime a Civitanova, è il Maestro Cuoco. Non ama farsi chiamare Masterchef. Andrea insegna a circa 12/15 allievi per volta ed è un piacere ascoltarlo, vederlo, annusarlo e “assaggiarlo”. Gli allievi di “Oggi cucino io” sono… vari ed eventuali. Giovanissimi, meno giovani, maturi, donne e uomini uniti da una sola passione: conoscere le materie prime, imparare a lavorarle e a cucinarle rispettando la tradizione. Alla cucina creativa Andrea li porta per gradi. Così come per gradi, come succede nelle migliori brigate, il gruppo, prima slegato e quasi diffidente, diventa una cosa sola. Gli allievi di Andrea, anche grazie alla simpatia e alla accoglienza di Paolo e Massimiliano Contigiani, alla fine del corso diventano amici. Che ancora oggi si rivedono a pranzo o a cena, ovviamente al Sandwichtime.

L’Auxostore non è però una scuola di cucina. O meglio non è solo una scuola di cucina. Auxo srl è fondata nel 1995 da Paolo Contigiani, agente Angelo Po Grandi Cucine spa, e i tre soci Mauro Arriva (responsabile assistenza tecnica), Daniela Luciani (resp.le amministrativa) e Massimiliano Contigiani (marketing). L’azienda progetta, realizza e assiste ogni centimetro di un laboratorio, lo rende efficace e funzionale a tutte le necessità. E qui stiamo parlando di cuochi professionisti che vogliono organizzare al meglio il loro spazio, pensando alla disposizione migliore per gli impianti, al posizionamento delle macchine e al flusso di lavoro che il personale compie per la preparazione, la cottura, il lavaggio delle stoviglie e la distribuzione degli alimenti. Il mondo dell’alimentazione non è fatto solo di carne, di pesce, di frutta e di verdura. È fatto anche di macchinari e di processi, di tecniche di cottura, di conservazione e distribuzione degli alimenti. Il laboratorio è il cuore di ogni professionista e dalla sua progettazione e realizzazione dipende il successo di ogni attività. L’idea di aprire al semplice appassionato la cucina di Auxo (bellissima ve lo garantisco) è nata nell’estate 2009. Dopo le tante dimostrazini tecniche per professionisti tenute dai “guru” della Angelo Po e dopo le numerose richieste dei clienti di Sandwichtime che, stimolati dai piatti di Andrea De Carolis, si stavano avvicinando al rutilante mondo del cibo. Tante teste e tante mani hanno deciso di “infornarsi” in questa avventura. Oggi vincente.
Auxostore non è un negozio specializzato solo per i cuochi professionisti ma è un mondo stimolante e nuovo per chi cuoco vuole diventare. Vi confesso che mi sarei portata a casa tante cose a cominciare da dei coltelli piccoli e affilati che mi piacciono molto. Così come a casa, ogni tanto, mi porterei Andrea De Carolis. Che è il cuoco perfetto. E il maestro perfetto. Perfetto perché incoraggiante. Mentre aspetto di assistere alla lezione sulle paste all’uovo tirate e sugli gnocchi, gli allievi si scambiano impressioni sui compiti a casa appena eseguiti. Maionese, pesto, salsa verde. Le salse tipiche italiane. Un gruppo su whatsap li tiene aggiornati gli uni con gli altri sotto il controllo del Maestro. Queste persone, come sul palco di un teatro davanti ad un grande regista, cambiano e migliorano se stesse. Il potere del cibo è infinito. Mi dicono Massimiliano e Paolo che tutto quello che vedo è acquistabile online. Sia se sei un professionista o un aspirante tale fra le pareti di casa tua. Su auxostore.com il paese delle meraviglie degli utensili più unici che rari è a vostra completa disposizione.

Se volete conoscere Andrea De Carolis basta che vi fermiate all’uscita della A14 a Civitanova. Alla rotatoria a destra. Andrea mi ha stupito per la sua capacità di fare qualità su grandi numeri. Dalle 12 Sandwichtime è la “solita” tavola calda? Forse a prima vista. Basta guardarsi un po’ intorno e vedere i prodotti esposti che si possono anche comprare. La conferma avviene però all’assaggio dei piatti che vengono tenuti in caldo nelle vasche. Stagionalità, territorio, semplicità e grandi sapori conservati in ricette semplici e molto ben curate. Grandi numeri e qualità qualche volta possono essere complementari.

Informazioni su “Oggi cucino io” le trovate QUI. Il sito auxostore.com sarà presto online con la nuova grafica e conterrà sia la vendita online dei prodotti che i calendari degli eventi per cuochi e aspiranti tali. Da provare. Divertimento e apprendimento garantiti.

Carla Latini

 

Ecco i 12 segreti per invecchiare felici… mangiando e bevendo

in Senza categoria da

Il tempo passa per tutti, lo sappiamo, ma facciamo spesso finta che non sia vero. Dormiamo in un sogno utopistico nel quale siamo immortali. Parlando di cibo, vino e vita, ho scambiato due parole con il dott. Francesco Guidi, amico d’infanzia, responsabile del reparto di Degenza post acuzie del Geriatrico di Ancona dell’Inrca.

Chi meglio di lui, che cura e sta accanto agli anziani e alle loro famiglie, può indicarci una linea guida che tenga conto come lo scopo principale, oltre alla salute, sia lo stare bene con se stessi e con gli altri? Svegliarsi felici di esserci. E addormentarsi per lo stesso motivo. Dialogando con Francesco Guidi abbiamo toccato l’argomento, direi gli argomenti, dividendoli in punti che ora trasformo in “segreti”. Così diventano più stimolanti. Attenzione amici cari, si parla di alimentazione per anziani ma questi “segreti” valgono per tutti. Perché, come mi ha spiegato, gli anziani sono un po’ come dei bambini e devono alimentarsi come loro. Quindi poco, spesso e di tutto! Che sia fresco, stagionale e locale. Il nostro Mauro Mario Mariani approverà certamente (di lui potete invece leggere QUI).

Il segreto numero 1: l’ideale sarebbe avere sempre qualcuno che prepari da mangiare. L’anziano, spesso solo, si trascura e mangia male. L’alternativa potrebbe essere che qualcuno gli prepari dei manicaretti e glieli porti. Anche solo il momento di un breve incontro renderà il cibo ed il pasto più gradevole.

Il segreto numero 2: la bocca e i denti. Per apprezzare il cibo e goderne dobbiamo fare in modo di arrivare ad una età avanzata senza perdere la possibilità di masticare. La masticazione stimola e attiva anche il cervello e favorisce la digestione. Si eviteranno così pancotti e minestrine fatte con il dado che sono la peggiore cosa che un anziano, ed un bambino, possano mangiare.

Il segreto numero 3: bere molto e spesso. Questo vale per tutti. Tisane, the, succhi di frutta naturali e non industriali. Con l’età che avanza si riduce la percezione della sete. Salta la regolazione dei liquidi nel nostro corpo. Per cui bere molto deve diventare una piacevole abitudine.

Il segreto numero 4: mangiare di tutto, assaggiare tutto. Togliersi qualche sfizio ogni tanto. In casi di malattie come diabete, ipertensione, insufficienza renale bisogna seguire la dieta data dal medico senza mortificare il gusto. Se, ad esempio, si soffre di glicemia alta non va eliminata la pasta, che va cotta al dente e mangiata al dente, ma andrebbero eliminare i dolci confezionati, le brioche e tutte quelle “diavolerie” industriali ricche di zuccheri “cattivi” e chissà di cos’altro.

Il segreto numero 5: durante il giorno, almeno un pasto, deve contenere le proteine nobili. Carne, pesce, legumi come fagioli e lenticchie. Le proteine nutrono senza appesantire e sono gradevoli anche con cotture semplici condite con olio extra vergine d’oliva italiano.

Il segreto numero 6: l’allegria. Il cibo è allegria. Con allegria impegnarsi a cercare solo cibo di qualità. Fresco, locale e stagionale. Un impegno costante per la nostra salute, qualsiasi età abbiamo.

Il segreto numero 7: la carne. I dati che hanno allarmato tutti derivano da una ricerca effettuata sull’alimentazione negli Stati Uniti e non sulla nostra alimentazione. La piramide della dieta mediterranea prevede il consumo di carne. Che sia locale e controllata. Nelle Marche abbiamo degli ottimi e sicuri allevamenti di bovini, ovini e suini. Un pezzo di carne magra di maiale al forno o in padella con spezie ed erbette è un mangiare sano e buono. Da non trascurare pollo e tacchino. Dando la preferenza al tacchino che è difficile da allevare in batteria. Per il pollo valgono gli stessi consigli: che sia locale a filiera controllata. E ogni tanto un polletto allo spiedo, anche quelli del supermercato a filiera corta, va benissimo.

Il segreto numero 8: la prima colazione. Assolutamente vietato saltarla. È quella che ci dà la spinta principale per partire alla mattina. Anche solo per concentrarsi sulle parole crociate o su una partita a carte. Un caffè o un latte e caffè, oppure un the, con pane fresco, marmellata, possibilmente casalinga, e frutta di stagione sono gli ingredienti di una perfetta colazione.

Il segreto numero 9: divertirsi a variare e a cucinare. Imporselo come fosse una delle tante medicine prescritte dal nostro medico. Mangiarsi uno yogurt a metà mattina, un frutto a merenda. Togliersi lo sfizio di un piatto di patate fritte fatto in casa, di una pizza, sempre casalinga, di una crema spalmabile alle nocciole che sia fatta artigianalmente e nel rispetto degli ingredienti utilizzati. E un bicchiere di vino rosso a pranzo e a cena va benissimo sotto tutti gli aspetti.

Il segreto numero 10: cercare il più possibile di non mangiare da soli (questo vale per tutti anziani e non). Se non è possibile organizzarsi con gli amici “delle carte” e cucinare insieme una cena ogni tanto. O un pranzo. Condividere la tavola è uno dei momenti più belli della giornata. Senza Tv magari solo con un po’ di buona musica.

Il segreto numero 11: aiutarsi con integratori naturali e prendere l’acido folico. Quello che prendono le mamme quando aspettano un bambino. L’acido folico è contenuto in tanti alimenti tipo il fegato, i funghi, gli spinaci. Aiuta la mente a rimanere giovane.

Il segreto numero 12: uscire se è possibile di casa o ricevere a casa. Cinema, teatro, università della terza età, palestra. L’ordine è comunicare e scambiarsi compagnia e affetto. Quindi anche un pranzo fuori è la soluzione per vivere una giornata da ricordare.

In conclusione non posso fare a meno di chiedere a Francesco Guidi, vista la sua esperienza, come viene vissuta da parte dell’anziano la figura della badante. Mi risponde così: <<In alcuni casi molto bene. Diventa come il confessore, il medico di fiducia. Diventa stimolante. In altri casi accade l’esatto contrario. L’anziano la vive come un’intrusa e la boicotta. L’ideale sarebbe, alla fine della nostra vita, dividere un appartamento con altri amici anziani come noi, con un paio di badanti fisse che sappiano preparare e cucinare, che ci rallegrino, che ci facciano compagnia e che ci “curino” se ne abbiamo bisogno>>.

Sarà il futuro? Confesso che, con qualche amica ci stiamo già pensando… grazie Dottor Francesco Guidi. È stato un piacere parlare con te. Faremo tesoro, tutti, di questi consigli.

Carla Latini

Il Giro d’Italia dei Sapori a Fano incorona Massimiliano Mascia e il suo “uovo in raviolo”

in Giro d'Italia dei Sapori/Mangiare e bere da

“A tavola con il Re”. Mai titolo potrebbe essere più “azzeccato” per la prima serata, targata 2016, del format il Giro d’Italia dei Sapori che si è tenuta alla Lanterna a Fano da Flavio Cerioni. Questa tappa si è fermata a Imola, al San Domenico, con il giovane e bello Massimiliano Mascia. La storia del San Domenico di Imola è diventata una leggenda italiana nel mondo. L’intuizione l’ebbe Gianluigi Morini, nel lontano marzo 1970, introducendo, per la prima volta nella ristorazione italiana, l’ idea di “cucina di casa” che lo aveva da sempre affascinato durante lunghi anni di ricerche e di letture. Fino a quel momento questo tipo di cucina era stato patrimonio di pochissime grandi famiglie italiane nelle quali solo un cuoco professionista aveva la responsabilità delle cucine.

Massimiliano Mascia rappresenta la terza generazione del San Domenico. Da anni affianca lo zio, lo chef Valentino Marcattilii, nell’organizzazione e nella gestione della cucina, così come per ben sette anni, all’apertura del San Domenico, Valentino aveva fatto a fianco di Nino Bergese “cuoco dei re”, consigliato a Morini da Luigi Veronelli. Il percorso di Mascia inizia a soli 14 anni: per 5 anni, fino al diploma alberghiero, alterna la presenza in cucina con gli studi e, terminata la scuola, inizia i suoi viaggi per ampliare le proprie conoscenze. Tra le sue esperienze italiane, il Ristorante Vissani e il Ristorante Romano di Viareggio, quella statunitense all’Osteria Fiamma di New York e quelle francesi prima alla Bastide Saint Antoine e infine a Parigi, da Alain Ducasse al Plaza Athenée. Oggi, a 30 anni, Massimiliano garantisce la continuità dello “ stile San Domenico”, una perfetta filosofia fatta di rigoroso impegno a innovare e ad esaltare la tradizione gastronomica italiana nel segno, sempre, della massima eleganza e del fornire all’ospite la rara emozione di sperimentare il fascino colto, raffinato e borghese dello stare a tavola. Con un tocco assolutamente personale e di grande classe. I piatti che ci ha proposto sono stati un crescendo di sapori, colori e profumi. Ricchezza di ingredienti di qualità e rarità. In porzioni equilibrate che hanno permesso a tutti di mangiare ed arrivare al dessert leggeri e felici. Alfredo Antonaros ci ha guidati alla degustazione con il suo raccontare piacevole e stimolante condividendo con il pubblico la storia di Nino Bergese. Il cuoco dei Re, degli Agnelli ecc. Nino aveva un piccolo ristorante a Genova, frequentato anche dal papà di Fabrizio De Andrè, dove si fermava il gota dell’Italia di allora. Poi Alfredo ha lasciato la parola a Massimiliano, Max per gli amici. Max con occhi buoni ed affettuosi ci ha raccontato della sua vita, delle sue passioni e del perché un ragazzo decide di fare il cuoco. Ha sorvolato i sacrifici di questo mestiere, i rientri in macchina ad orari assurdi e le alzatacce in altrettanti orari assurdi, come fossero normale routine. Sicuro e fiero ci ha spiegato come sta vivendo questa responsabilità, come si rapporta con piatti storici dei quali vuole mantenere l’assoluta originalità rispettandoli e, questo lo scrivo io, quasi migliorandoli. Mi posso permette di scrivere ciò perché ho assaggiato l’uovo in raviolo di Valentino e l’altra sera ho assaggiato quello di Max. Mi fermo qui e vi racconto cos’è l’uovo in raviolo. Uno dei tre piatti che hanno fatto la storia della cucina italiana insieme al riso e oro di Gualtiero Marchesi e alla passatina di ceci e gamberi rossi di Fulvio Pierangelini che sarà l’ultimo cuoco del Giro d’Italia dei Sapori.

alici max masciaImmaginate una sfoglia sottile con farina uova e spinaci, quindi verde primavera, immaginate un rosso d’uovo crudo poggiato sopra e chiuso in un raviolo rotondo come il rosso. Il piatto viene preparato a tavola (bellissimo da vedere) in una danza veloce dentro l’acqua che bolle. Scolato in un batter d’occhio il raviolo viene adagiato su una crema di burro di malga e parmigiano reggiano e coperto con i tartufi di stagione. Il rosso all’interno del raviolo, che è ben cotto, rimane morbido ed esce, vezzoso, ad incontrare la crema e i tartufi. Pura poesia che Max ha saputo realizzare per più di 60 persone. Con lui nella cucina della Lanterna, Elide Pastrani ed i suoi ragazzi che hanno diviso la cucina anche con i ragazzi di Max. Una brigata eccezionale. Una cena che nessun gourmet marchigiano avrebbe dovuto perdere. Accanto ad Elsa Mazzolini, che insieme a Flavio e ad Alfredo è l’ideatrice del Giro, c’era, guest star, Ilario Vinciguerra che, oltre ad essere uno chef popolare per via delle sue partecipazioni a Detto Fatto Rai2, è uno dei migliori cuochi italiani celebrato in Italia e all’estero. Avrete capito che è stata una “seratona”? Max ha cominciato con una spugna di melanzane affumicate, alici impanate con patate essiccate, crema di patate e crumble di parmigiano. Ha continuato con una morbidella di robiola e polenta. Poi l’uovo di cui sopra, un controfiletto con verza, nocciola e salsa di tartufo nero per arrivare al dolce, una barretta al cioccolato con gelato di crema alla saba di San Giovese. La prossima puntata del Giro è il 18 marzo con Stefano Rufo che viene da Isernia. Un’altra bella storia italiana. Per prenotazioni ed informazioni info@allalanterna.com tel. 0721.884748 – cell. 335367446.

Sino all’esaurimento dei posti disponibili.

 

Carla Latini

 

 

 

 

 

 

 

 

Roy Paci al Tyche Friday: “Festeggio con voi le mie prime 30 candeline”

in Donoma Civitanova/Eventi da

Roy Paci festeggia i suoi trent’anni di carriera con il nuovo spettacolo Combo Solar, in esclusiva regionale al Tyche Friday, il venerdì live del Donoma di Civitanova, il 5 febbraio 2016. Un progetto musicale con due giradischi, due fiati e due voci, per uno show che è anche una festa. Roy Paci, unanimemente riconosciuto tra i musicisti più eclettici e versatili della scena italiana, verrà in compagnia di  More No Limiz, Vito Scavo, DJ Tuppi e MasterT, portando in scena un esplosivo contenuto sonoro dove il ritmo di reggae e funk contaminerà non solo l’ascolto ma costringerà anche al ballo.Il trombettista, compositore, arrangiatore e cantante siciliano vanta un curriculum ricco di collaborazioni e spesso dedito ad esperienze internazionali. Roy Paci si muove disinvoltamente tra progetti musicali, editoriali, cinematografici e televisivi.  Ecco l’intervista esclusiva che ci ha rilasciato in attesa del suo spettacolo.

Roy, a leggere la tua biografia artistica si comprende perfettamente che sei un musicista predisposto alle contaminazioni etniche. Ma ci confessi qual è la musica che principalmente ami?

<<Non c’è una musica che principalmente amo, io principalmente amo la musica>>.

A proposito, hai avuto tante collaborazioni artistiche importanti nella tua attività: da Manu Chao a Vinicio Capossela o dai Negrita ai Subsonica. Con chi senti il desiderio di collaborare se dovessi scegliere tu? Insomma chi accende la tua curiosità?

<<La curiosità si accende quando i musicisti entrano in una umile e affettuosa sinergia, lì si accendono i focolai di creatività. Non mi faccio affascinare solamente dalla figura artistica, devo entrare in sinergia con qualcuno per poter fare della musica. È un’alchimia che non accade facilmente. Comunque io resto aperto a tutti i tipi di collaborazioni perché il confronto porta ricchezza, e non ci basta una vita intera per conoscere tutta la musica che ci circonda>>.

Sei molto impegnato a livello sociale e appoggi iniziative umanitarie. Pensi davvero che la musica possa unire i popoli?

<<Sì, ci credo. La musica ha un grande potere, che è quello di far conoscere un popolo attraverso le sue tradizioni, o comunque attraverso dei tratti che gli sono propri. In questo somiglia alla cucina. Molto spesso le distanze nascono dalla paura, e la paura deriva dal fatto che non ci conosciamo. L’altro fondamentalmente ci spaventa per questo e quando iniziamo a conoscerlo è come se iniziassimo anche a riconoscerlo. E la musica è un grande viatico per la conoscenza, oltre ad avere una grande spinta aggregativa. Ci credo, la musica insegna a non avere paura dell’altro>>.

Il nostro territorio, le Marche, dovresti conoscerlo bene attraverso il Summer Jamboree. Altre curiosità o ricordi con gente o luoghi marchigiani?

<<Direi in primis che se penso alle Marche penso al mio fonico di fiducia, Stefano Severini, che è marchigiano. Poi quando penso alle Marche penso alla serenità delle sue campagne, alla bellezza di questo posto che ha un litorale molto interessante, alle grandi eccellenze del territorio: due dei migliori chef italiani sono marchigiani e sono miei amici, parlo di Mauro Uliassi e Moreno Cedroni.  Sono molto amico di Neri Marcoré, e in generale nelle Marche ho incontrato delle persone simpaticissime ed eccezionali. Poi devo ammettere di avere un debole per una pietanza tipica: i vincisgrassi. Per non parlare dei vini bianchi marchigiani che sono i miei preferiti>>.

Per festeggiare i tuoi 30 anni di carriera proporrai al Donoma il nuovo progetto “Combo Solar”. Me ne vuoi parlare?

<<Più che un progetto ho messo su una vera e propria “combo” – proprio come indicato nel nome – suono con gente che stimo, e questa soluzione mi permette di portare la musica che amo in giro in una forma agile e più vicina al dj set, ma con uno spazio molto ampio per l’improvvisazione strumentale. Stiamo costruendo arrangiamenti nuovi su pezzi già esistenti. È uno spettacolo molto particolare, più che parlarne invito tutti a venire ad ascoltarlo>>.

Kruger Agostinelli

ROY PACI 5 FEBBRAIO 2016 DONOMA CIVITANOVA

Show 15 euro compresa consumazione (ingresso al club dalle 23)
Area Club:
Gran Buffet in piedi + Show = 25 euro
Gran Buffet + Tavolo + Show = 35 euro
Cena servita area club = 40 euro
Area Ristorante = Cena Servita alla carta (prezzo menu + 10 euro per Show oppure 25 euro Show + tavolo)

Donoma Sound Theater and Food, via Mazzini 43, Civitanova Marche (MC)
Info e prenotazioni 0733 775 860
Dopo le ore 1, Formula Disco con dj’s Davide Domenella & Aldo Ascani
Ingresso uomo/donna 10 euro (compreso consumazione)
Tavolo dopo spettacolo:20 euro

Paolo Paciaroni: amate Marche addio! Lo chef di Tolentino ora delizia l’Alta Badia

in Itinerari da

paciaroni tycheIl cuoco che si sveglia felice ci ha lasciati per altri lidi, diciamo meglio montagne. Ora sta a San Cassiano in Alta Badia, da sempre zona devota allo sci di lusso, alberghi di ogni categoria, spa mozzafiato e ristoranti con tante “forchette”. Finalmente, dietro mia assillante insistenza, ci ha scritto la sua avventura. Buona lettura e grazie Paolo Paciaroni. Sei sempre nei nostri cuori.

Lascio dopo 9 anni la mia amata casa, le dolci colline marchigiane, per seguire la mia passione da Cuoco: e ben si guardi da definirlo un mestiere perché esso non lo è. Immaginate un pittore fuoriclasse che crea un quadro: lui non è un pittore ma un Artista. Così siamo un po’ noi cuochi, gente che non è mai a casa quando ci sono i compleanni, le feste di famiglia, il Natale. Appunto il Natale mai come quest’anno l’ho odiato, pensando a quel che ho lasciato a casa. Sorvoliamo e guardiamo avanti, che presto le giornate si allungheranno e il sole scalderà i nostri cuori. Inizio a pensare a questo grazioso paesino in provincia di Bolzano che sarà la mia nuova casa per 3 mesi, fino al 31 marzo. Mi faccio 9 ore di treno, ma non sono solo. Con me ci sono le valigie. Dentro esse ci sono ricordi e non solo indumenti. Il treno arriva a Brunico e da qui si procede con l’autobus. E’ il 28 novembre, tardo pomeriggio gelido, e il 465 direzione Corvara è in arrivo. Carico le valigie nell’apposito scomparto, salgo e percepisco che qui siamo in Italia ma di italiano non ne vogliono sapere. Mi arrangio e riusciamo a capirci. Dopo un’ora e mezza sono a San Cassiano, chiamo la direzione e comunico il mio arrivo alla fermata dell’autobus. Da lì a poco arriva il proprietario del Lodge Las Vegas “Ulli” e mi dà il benvenuto. Mai avrei pensato di andare a lavorare a 2050 metri d’altezza e fare una degna e umile cucina mediterranea. Salgo con il gatto delle nevi e già qui è un emozione unica: il freddo e l’altitudine mi rendono il fiato corto e il senso di stordimento è presente. Prendo possesso del mio piccolo ma bellissimo appartamento fatto di legno di cirmolo e travi a vista con visuale sulle Alpi. Della neve vera ancora poca traccia ma i cannoni fanno del loro meglio. Ulli mi accompagna in cucina e mi dice: <<Prego Chef questa è la cucina>>. Una strana sensazione mi ha assalito: tanti tanti fornelli, piastre, microonde e minuteria a disposizione, celle frigorifere e laboratori ben attrezzati ovunque. Iniziamo a conoscerci e pian piano arrivano tutti i componenti della cucina, una brigata composta da tanti ragazzi con la valigia come me, pieni di sogni e speranze ma tutti “senza famiglia”. Saremo noi la nostra famiglia. Undici giovani provenienti da ogni dove d’Italia con la loro storia, con i loro ricordi e racconti. Si fa gruppo. Ognuno ha il suo compito e la sua partita e il primo dicembre si parte. Presento i miei menu, le mie idee culinarie, il mio modo di fare.tortelli rossi paciaroni Le prove dei piatti si susseguono e posso scegliere fra la miglior materia prima disponibile sul mercato agroalimentare. Ho adottato uno stile nuovo con prodotti a me sconosciuti o meglio meno usati come il cervo, il salmerino, i tanti formaggi di malga, il crescione, lo speck e le mele e molti altri ancora. Con essi ho dovuto creare dei piatti per me nuovi. Come la tartare di trota, miele di pino e crackers, i tortelli di rapa rossa, il suo succo e speck croccante, l’orzotto alla trentina, il filetto di cervo in manto di polenta con purè di sedano rapa e lamponi, Io strudel di mele con crema inglese alla vaniglia. Fare una cucina di questo livello ad un altezza simile non è facile. Ora tutto è in mano mia e il Maitre spesso mi chiama in sala per i complimenti. Questa tipologia di piatti elaborati li facciamo solo la sera mentre a pranzo proponiamo un servizio alla carta con una cucina molto easy e veloce. La gente deve andare a sciare subito e gli oltre 100 tavoli sono pochi. Quindi spesso li giriamo più volte. Al Lodge ci sono 4 sale divise in più modi ma con lo stesso menu: una stube antica grande, una stube del cacciatore, una terrazza panoramica e una veranda. Poi c’è il ristorante nuovo aperto solo la sera dove si cena a la carte scegliendo fra un antipasto, un primo o secondo e un dolce. Sto bene qui ma le Marche mi mancano e non smetterò mai di sognare piatti creati con i nostri grandi prodotti. carpaccio paciaroni
A presto!

Paolo Paciaroni 

Carla Latini

Go to Top