Il tesoro dell’Adriatico: storia e versioni del brodetto

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Lungo il Tirreno si chiama “caciucco” o semplicemente zuppa. Ma sulle coste dell’Adriatico è brodetto. Esiste da quando esistono i pescatori. Come indica la parola stessa, significa piccolo brodo e in tutti i dialetti, da Termoli a Venezia, suona pressappoco allo stesso modo. Era l’unico pasto dei pescatori. Facile, nella sua complessità, perché si cucina lentamente e non ha bisogno di fuoco ma di una semplice brace o una piastra lo portano a cottura perfetta in poco tempo. Si usavano i pesci di piccola taglia, quelli che rimanevano intrecciati nella “sciabica” (la rete trainata da terra, antico metodo di pesca oggi vietato) e non erano buoni per il mercato.

I brodetti marchigiani codificati e protetti, ammessi dall’Accademia del Brodetto che sta proprio a Porto Recanati, sono quattro, tutti celebrati per il loro gusto dai versi del poeta dialettale marchigiano Luigi Sorgentini. Il disciplinare dell’Accademia del Brodetto, di cui fan parte rinomati cuochi marchigiani da Massimo Biagiali (ristorante Giardino San Lorenzo in Campo) a Aurelio Damini (trattoria Damiani Grottammare) è molto rigido e permette di chiamare brodetto una ricetta che utilizzi per l’80% pesce dell’Adriatico freschissimo e preparata solo su ordinazione. I pesci della sciabica sono: sogliole, triglie, merluzzi, seppie, rana pescatrice, palombo, pannocchie. Un tempo non venivano aggiunti gamberi e scampi, cozze e vongole. Con i nobili crostacei e i saporiti molluschi il brodetto non è più povero ma ricco, sia dal lato economico che da quello nutrizionale. La scelta dei pesci deve essere molto equilibrata ed in parti uguali. Se no sa di triglia piuttosto che di seppia.

Il brodetto di Porto Recanati non è il più antico ma quello con l’aggiunta di un ingrediente che fa la differenza: la zafferanella, lo zafferano selvatico. Si fa in due casseruole a due manici grandi, scopriremo alla fine perché. Nella prima in abbondante olio di oliva si fa soffriggere la cipolla tagliata fina e si aggiungono le seppie pulite, tagliate a pezzetti. Si fa insaporire, quasi rosolare e poi si copre di brodo di pesce fatto con le lische. La zafferanella in piccole dosi si aggiunge in questo momento, si copre il tutto dopo aver aggiustato di sale e pepe e si continua con una cottura lenta a bassa temperatura. Nell’altra casseruola si sistemano a strati, i pesci, leggermente infarinati, partendo dai più grossi, tipo rana pescatrice e palombo, fino ai più piccoli triglie e sogliolette. Si versa con molta grazia sopra i pesci il brodo con le seppie e la zafferanella, si aggiungono in parti uguali acqua e vino bianco. Si riaggiusta di sale e pepe e si fa cuocere a fuoco vivace per 15/18 minuti. Mai toccare o girare i pesci con arnesi da cucina tipo cucchiai di legno o forchettoni! Prendere la casseruola per i due manici e farle fare brevi ritmati movimenti. La danza del brodetto. L’altro ingrediente in più è il pane: due fette di pane abbrustolite su cui versare i pesci con il loro “piccolo brodo”. Se vi siete appassionati come il buon Luigi Sorgentini, potete prendere contatti direttamente con l’Accademia: via Pastrengo 57- Porto Recanati, telefono 071/7591342; fax 071/7590196

Carla Latini

(nella foto macro il brodetto di Mauro Uliassi)