Domenica 11 Settembre al Museo del Balì un Convegno, dedicato, ha festeggiato, con personaggi illustri del mondo eno-gastronomico marchigiano, i 20 anni del riconoscimento della DOP del Formaggio la Casciotta d’Urbino. A condurre Marco Menghini, agronomo di fama europea e consulente/volto fisso di Linea Verde, come già anticipato. (vedi qui)
A fare il ‘Pierino’, come si auto definisce lui, Paolo Cesaretti, brand manager del Consorzio. Paolo parla e Marco Menghini, in questo prologo, gioca a fargli da spalla. Stiamo aspettando che una parte del pubblico finisca la visita ‘privilegiata’ al Museo del Balì con il Presidente della Fondazione Alighiero Omicioli. In pochi minuti arrivano tutti. Nel frattempo Menghini e Cesaretti toccano, in ‘pillole’, gli argomenti che saranno i contenuti di questo incontro. Primo fa tutti l’aggregazione, il fare gruppo fra agricoltori e allevatori. La sala è piena. La prima parola va a Gino Traversini, Presidente della 2° commissione del Consiglio Regionale. Qui in duplice veste. Duplice perché Traversini è di Cantiano. Quindi del pesarese anche lui. Si riallaccia al concetto gruppo e aggregazione. Al significato di fare cooperativa. Ci spiega quanto si stia lavorando in Regione per tutto ciò. Prima, Cesaretti, insieme a Menghini, ci avevano spiegato il senso sociale delle DOP. Non solo un marchio, un bollino da attaccare ad un prodotto. Un disciplianare che a volte può anche penalizzare il produttore. Ma un valore aggiunto importante per dare pregio al lavoro di chi, realmente, sta sulle montagne e alleva pecore e mucche in condizioni assolutamente disagiate. Menghini introduce il Presidente del Consorzio della Casciotta, Gianluigi Draghi. Con il suo narrare inizia la favola introdotta da Cesaretti. Nel grande schermo, alle spalle dei relatori, c’è fissa la pagina della storia della Casciotta d’Urbino. C’è il volto giovane ed entusiasta del Dottor Benedetti che credette in questa DOP. Nel 1996 divenne ufficiale. Ma perché Casciotta? Chiede Menghini. “Caciotta è generico” risponde Draghi. Tutte sono caciotte. Con il nome caciotta la DOP non avrebbe avuto il meritato riconoscimento. Così, racconta sempre Draghi, una ricerca storica li ha portati fino, addirittura, a Michelangelo. Nell’archivio della Parrocchia di Urbania vengono trovate notizie riguardo il fatto che era proprietario di molti ettari nel Montefeltro e si faceva portare i ‘casci’ a Roma dal suo mezzadro, mentre lavorava alla Cappella Sistina,. Da ‘Casci’ a ‘Casciotta’ il passo è breve. E premiato anche oggi. Per utili informazioni del consumatore finale il latte è ovino e di mucca. 70 per cento ovino e 30 per cento mucca. L’80 per cento della produzione avviene nello stabilimento di Montemaggiore al Metauro. Il resto in stabilimenti, nelle zone limitrofe, che seguono lo stesso disciplinare.
Le notizie, gli aneddoti sono tanti ed i relatori che si alternano, molto ben condotti da Menghini, puntano su un solo nobile concetto: l’aggregazione, la condivisione. Questa DOP, da sola, ha dato sostegno e lavoro a tanti produttori in zone disagiate e lontane dal ‘giro quotidiano’. Ne è convinto Antonio Centocanti, presidente di IME (Istituto Marchigiano Enogastronomico). Un professionista che ha dedicato alle cooperative vitivinicole tanto tempo della sua vita. Si parla di Food Brand Marche. Ve ne ho già scritto qui direttamente da Vinitaly.
Alla fine del Convegno è prevista l’apertura dell’Orcio. Con Paolo Petrelli, Paolo Cesaretti ha messo in opera un esperimento storico. Quindici forme di pecorino canestrato, già stagionato 60 giorni, sono state collocate dentro un orcio, in una delle cantine del Museo del Balì, fra un pesto di foglie d’ulivo e foglie d’ulivo. All’apertura esce della sana muffa bianca buona. Mentre Cesaretti estrae le piccole forme che poi assaggeremo Draghi ci regala nozioni gastronomiche tipo che il formaggio non va mai mangiato freddo (lo sapevate?). Centocanti ne decanta l’abbianamento ‘storico’ con il vino. Fabiani, il Presidente di Cooperlat Tre Valli chiude l’incontro. A onor del vero anche due signore sono state protagoniste di questa divertente kermesse (grazie Marco Menghini e grazie Paolo Cesaretti). Sono Daniela, solo Daniela, Presidente della Croce Rossa Italiana di Fano che ha ringraziato per il sostegno e ci ha messi al corrente della situazione dei nostri terremotati e Rossana Turina per il progetto Quidanoi che per questa Festa è diventato “Quidanoi è già Natale”. Mentre assaggiamo alcuni bocconi del pecorino uscito dall’orcio (buonissimo) Draghi ci svela il perché della ricetta della Casciotta. Copiata dai mezzadri/allevatori che con i latti vaccini e ovini facevano il ‘cascio’ per loro. Erano forme piccole perché il latte era poco. Così come è ora la Casciotta. Menghini ci rende edotti che il primo DOP della storia italiana risale al 1200 ed era il formaggio Castelmagno.
Insomma fra il Museo del Balì (merita la visita che siate grandi o piccini), fra le presenze colte e interessanti, fra il ‘colpo di scena dall’orcio’ si è conclusa questa festa. Lo scopo? Ridare dignità e storicità ad un formaggio che è sempre sulle nostre tavole. La prossima volta che mangiate uno spicchio di Casciotta D’Urbino spero vi ricorderete le queste mie semplici parole.
Carla Latini