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Massimo Biagiali

Fiorella Ciaboco, la riscoperta della creatività sartoriale a Jesi e ora anche a Milano

in Moda da

Ho conosciuto Fiorella Ciaboco prima dello scorso Natale dal comune amico Daniel Canzian, nell’omonimo ristorante di Milano. Stavamo per organizzare una sfilata eno-gastronomica ma i tempi erano troppo stretti. Troppo vicini al Natale.

foto fiorella tycheQuando si incontra una donna come Fiorella, semplice, piena di slancio e solare, si cerca sempre di non perderla di vista. Mi piacciono le sue creazioni. Le sue linee avvolgenti e dolcemente femminili. Ad aprile l’ho incontrata dal comune amico Massimo Biagiali. Mi dice che sta per inaugurare uno showroom a Milano con un sarto napoletano. Ma che bella e coraggiosa idea. Una sartoria come quella di una volta. Dove Fiorella inventa, fa modelli, taglia e cuce. Insieme a Felice Vitale. Lui l’eleganza immortale del signore napoletano. Lei la bellezza pulita delle donne marchigiane del nostro entroterra. Fiorella si è specializzata in modellistica molto giovane ed ha aperto il suo primo laboratorio sartoriale sfidando la diffidenza e i pregiudizi di un piccolo paese di provincia. Appassionata, esigente e determinata, ingrandisce la sua attività avvalendosi di maestranze specializzate. Oggi i suoi capi su misura sono conosciuti e apprezzati in molte città. In controtendenza rispetto ad un mondo sempre più omologato, Fiorella ha orientato la sua attività nella difesa della grande sartoria italiana. Un’eccellenza che ha fatto storia in tutto il mondo, ma che oggi sembra soccombere alla frenetica industrializzazione. Per questo nel suo laboratorio di Jesi e nella sede di Milano si respira ancora il fascino del vero atelier: figurini, cartamodelli, tessuti, mani abili che tagliano, confezionano e rifiniscono abiti. Fiorella vuole ridare al mestiere del sarto la sua giusta, preziosa importanza. Rivalutare questo lavoro antico per dare nuove opportunità ai giovani. Lo scorso 5 maggio, con l’apertura dello showroom meneghino, Fiorella ha coronato un sogno. Quando me lo ha anticipato le brillavano gli occhi. Tutta la Milano intelligente, modaiola e non, si è fermata a fare un brindisi con lei. Un brindisi marchigiano con i vini di un grande vignaiolo che già conoscete bene, Gianluca Mirizzi, che ha festeggiato Fiorella con la sua Azienda Montecappone. Questo è solo il primo passo di una maratona che la porterà molto lontano. Fra poco mi vedrete con une robe tutta per me. Personalizzata con il mio nome. Questa e altre le ultime “follie sane” di Fiorella Ciaboco.

Lo showroom di Milano è in via De Cristoforis 5, la sartoria a Jesi è in via Ancona 116, tel 0731 605634, mailbox@sartoriafiorella.com

Carla Latini

Il Giardino a San Lorenzo in Campo: il valore del tempo e il saper diversificare

in Senza categoria da

Conosco Massimo Biagiali da quasi 30 anni e sono 45 gli anni del Giardino. Una storia lunga, bella e sempre di famiglia. Difficile resistere di questi tempi rimando se stessi. Quando parlo con Massimo la parola valore si ripete spesso. <<Perché devo venire al Giardino a San Lorenzo in Campo?>>, gli chiedo diretta. <<Perché qui il tempo scorre con i ritmi di una volta. Qui si sente il valore del tempo. Sia umanamente con la gente del posto. Sia attraverso i prodotti, la cura e l’ospitalità. Crediamo nella gentilezza, nell’accoglienza. Nulla può essere lasciato al caso. Il cliente che soggiorna qui deve sentirsi coccolato. Anche il fatto che scegliamo le materie prima di qualità. quelle artigianali vere, è un segno di rispetto e riguardo. Una filosofia di vita che ci contraddistingue da sempre>>.

La storia del Ristorante Hotel Giardino è nota a tutti i buongustai. Mamma Efresina, la mamma di Massimo, è stata una cuoca molto illuminata. Fedele ai prodotti del territorio che lavorava con una mano delicata. Una cucina tradizionale saporita ed elegante. In breve tempo il Giardino diventò meta di pellegrinaggio di tutti quelli che volevano gustare la cucina di Efresina. Felice io di averla provata varie volte. Le sue paste ripiene, la sua cacciagione sono passate alla storia della cucina italiana. Una cuoca così brava, una lavoratrice instancabile che Roger Vergé (Massimo nel 1987 mandò la mamma a bottega dal più grande cuoco di Francia…) non voleva più far tornare a casa. Dopo un incidente anche il marito di Efresina entrò in cucina. Appassionato di pasticceria fece corsi professionali spinto da Massimo. Ecco perché al Giardino, anche adesso, i dolci sono molto buoni. E Massimo? Dopo la laurea decise che doveva rimanere a casa e coltivare l’enorme patrimonio che mamma e papà avevano e stavano creando. Segue tutto come supervisore e si avvicina, tramite amici cuochi come Paolo Teverini e Gianfranco Bolognesi, importanti e influenti, al meraviglioso mondo del vino. Massimo è uno dei primi sommelier dell’Ais marchigiana. Un vero scopritore di aziende e di talenti. Memorabili sono le cene di cacciagione in abbinamento con calici di pregio.
Ma questo è il passato e gli ho dedicato troppo tempo in queste righe. Con la moglie Patrizia ed il figlio Paolo è già da un po’ Massimo sta applicando il verbo “diversificare”. Che comincia con un “camion che cucina il gusto della vita”. Vogliamo chiamarlo “Biagiali mobil”? Non è un catering ma vera e propria ristorazione. Non è cibo di strada tipo “furgoni americani”. Il “Biagiali mobil” propone panini con hamburger dove l’hamburger è una grande polpetta fatta come la faceva Mamma Efresina, il pane è fatto con il lievito madre che vive a casa Biagiali da anni e che si chiama Toni. Poi c’è la pizza, fatta sempre con Toni, le olive ascolane. Dove si ferma il “Biagiali mobil”? <<Nei luoghi del mondo del vino>>. Potevamo avere dubbi? Il primo amore non si scorda mai.

Continuiamo ad applicare il verbo: diversificare. Accanto al Ristorante Giardino c’è un bistrot che non è proprio un bistrot. C’è una pizzeria che non è solo una pizzeria. È un posto molto amato da Massimo. Qui educa il palato dei giovani. A sole 22 euro c’è un menu che parte con il “pregustativo” che si può mangiare anche al ristorante e si allarga a salumi e formaggi locali, supplì, olive ascolane, focacce, mozzarelle e pizze farcite con i prodotti di stagione, alici, cipolle e quanto rende appetitosa una pizza (anche qui Toni la fa da padrone). Su tutte regna l’”assoluto di pomodoro”. I pomodori sono quelli dell’orto e il trattamento a cui vengono sottoposti con una caramellizzazione a 90 gradi, insaporiti con la buccia di limone e passati al pacojet, gli permette di essere luminosi e quasi intatti nel loro colore e gusto originale. La pizzeria/gourmet/bistrot è apprezzata dei clienti dell’Hotel che posso cambiare punto di vista gastronomico durante il loro soggiorno. Ricapitoliamo dunque: il Biagiali mobil, il bistrot e…

gelato Il GiardinoCapitolo a parte va dedicato al gelato ed al Giardino dei gelati alle partenze all’aeroporto di Falconara Marittima. Massimo mi racconta che il “pallino” o forse meglio “la pallina” del gelato è sempre stata una fissa di famiglia. Da quando il papà faceva il pasticcere. L’evoluzione che ha portato a prendere il “volo” al Raffaello Sanzio è passata anche per Paolo Brunelli (su Tyche gli abbiamo dedicato diversi articoli). Ma l’impronta è quella di Massimo e di Patrizia. Che è entusiasta di questa avventura. Ci è voluto un po’ prima che i viaggiatori capissero che si può aspettare l’imbarco davanti ad un gelato artigianale di qualità. Ora vanno all’aeroporto anche quelli che non devono partire. Ci sono stata ed ho portato a casa una vaschetta con i gusti Osvalda, Lola, Nocciola e Fior di panna. È da premettere che le basi sono tutte naturali ed i prodotti scelti, dalla frutta 50% l’estate, alle nocciole, cioccolati, pistacchi ecc… sono tutti di assoluta genuinità. I gelati poi sono conservati nelle “carapine”, non nelle vasche aperte. Si conservano molto meglio e più a lungo. Ma torniamo all’Osvalda ed alla Lola. Nocciola e fior di panna parlano da sé. L’Osvalda era una pasticceria a Pergola, ora non c’è più, che faceva un dolce originale. Unico nel suo genere. Un semifreddo con la giunduia, i pavesini, il vino di visciole, il cioccolato. Il gusto Osvalda ricorda quel sapore. Ricordi d’infanzia per Massimo. Al posto dei pavesini ci sono i biscotti di farro. La Lola è un gusto dedicato ad una bimba. Un gusto delicato che unisce il fior di panna con nocciole, cioccolato e frutta colorata. Delicato e complesso al tempo stesso. Avrete capito che d’ora in poi il gelato si compra all’aeroporto… Fate in tempo anche a non pagare il parcheggio! Qui trovate la stessa gentilezza e simpatia che trovate al tavolo del Ristorante Giardino. Di cui ho scritto molto poco. È la storia che parla. Nella cucina c’è l’anima felice di Efresina. Cambiano i mezzi tecnici ma non le idee scaturite dal cuore. Patrizia è la signora della sala. Massimo fa la spola fra sala e cucina. Tutto è scandito dal valore del tempo.

Per concludere con il verbo “diversificare” so che è un grande piacere per Massimo raccontare che Paolo è presente saltuariamente al Giardino. Gestisce un hotel a Madonna di Campiglio. 50 camere e più di 40 dipendenti. Massimo ci tiene a precisare che, lì fra le Alpi in una cultura gastronomica lontana per ricette e ingredienti, è fiorito un ‘Giardino’ tutto marchigiano. Ed a proposito del valore del tempo, fra qualche giorno è Pasqua. Se fate in fretta potete prenotare le Colombe del Giardino. Le trovate sul sito http://www.hotelgiardino.it/ Da Mamma Efresina che il giovane Massimo mandò da Roger Vergé e lui non voleva più farla tornare a casa. A Paolo Biagiali che gestisce anche un Hotel a Madonna di Campiglio con 50 camere e più di 40 dipendenti.

Carla Latini

Giorgio Grai, immenso ricercatore di odori: “L’olfatto ci ha salvato la vita”

in Mangiare e bere da

Nella vita, così come nelle “viti”, basta poco per capire. Giorgio Grai è un puro. Lo era da giovane, figuriamoci ora che è un elegante e acuto “rivoluzionario sempre”.  Uno che con l’intuizione ragionata e la passione innamorata ha creato il Verdicchio. E che gli altri dicano quello che vogliono.

Venerdì 19 febbraio, siamo al teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo. Un emozionato Massimo Biagiali introduce e spiega perché Giorgio Grai è lì sul palco a raccontare di sé. Un mito. Chi si occupa di enologia o è solo un appassionato di vino sa che non sto esagerando. Madre Natura gli ha donato un naso ed un palato unici perché facesse diventare dei vitigni da proteggere dei grandissimi vini. ampelio bucci, cino tortorella e elio palombiDopo Biagiali la parola va ad Alberto Mazzoni, direttore dell’istituto marchigiano Tutela Vini, che ci presenta le nostre Marche con tutti i plus che meritano di essere segnalati. Giorgio Grai è accanto a chi pensa con la sua testa, cammina con le sue gambe e lotta per sé per salvare e conservare quello che c’è su questa terra. È pungente il suo eloquio quando tira in ballo Ampelio Bucci, seduto in seconda fila. L’immagine del loro primo incontro è una vignetta a tinte forti. Così come le parole che si scambiarono in cantina. Giorgio ricorda il primo consiglio: <<Pulizia! Le botti devono essere pulite>>. Da lì in poi inizia la storia del Verdicchio marchigiano. Il vino bianco italiano più conosciuto nel mondo. <<Ho capito subito che bisognava ricominciare tutto da capo quando ho visto Ampelio stappare due bottiglie e versare il suo primo Verdicchio. L’ho visto dal colore, poi ci ho messo il naso e ho capito che strada dovevamo percorrere>>.

Giorgio parla di come madre natura uccide, massacra e mantiene in vita le sue creature. Un mondo paragonabile a nessun altro mondo, il suo. Giorgio si pone vicino alle vigne. Alla loro altezza. Le ama, le segue, assaggia le uve e comprende quale vino sarà. Ma ci vuole tempo. Tanto tempo e pazienza.
Sono incantata ed estasiata dalle sue parole. Riconosco nei suoi messaggi tanti pensieri che mi appartengono. Che con lui riprendono un senso logico importante. Parte da lontano quando ci rende semplice capire il difficile: <<L’odorato ci ha salvato la vita. Ci ha insegnato a sfuggire dagli odori cattivi e a preferire quelli buoni. Poi ci sono le sfumature ed una acidità può anche essere dolce. Basta interpretarla>>. In sala dietro Ampelio c’è Cino Tortorella. Un gastronomo illustre nel panorama di media stampa e tv. In difesa del vino e del comune amico Gualtiero Marchesi, Cino esorta Giorgio a leggere la lettera aperta inviata al maestro circa il vino. Nelle righe che legge Massimo, emozionato come all’inizio, c’è tutto l’affetto per un amico vero al quale si perdona un’esternazione spontanea senza dimenticare le tante bevute fatte insieme. Pochi sanno che il naso ed il palato di Grai si sono formati prima delle vigne, dell’uva e del vino. Figlio di albergatori, i primi passi li ha fatti dietro i fornelli di una cucina professionale. Giorgio Grai cuoco? Ebbene sì. Bello rammentare le tante vite passate e progettare quelle future. Il segreto sta nello svegliarsi la mattina sempre con una nuova sfida, un traguardo da raggiungere. Lo dimostrano i suoi bianchi da invecchiamento.

senigalliaPrima della conclusione partono domande a raffica da un pubblico fatto di esperti, sommelier, ristoratori. Riconosco Simone Baleani del Molo di Portonovo e amici come Paolo Cesaretti, che è qui in veste di coordinatore del consorzio di tutela della Casciotta di Urbino (un’altra eccellenza marchigiana). Ma ci sono, soprattutto, tutti gli amici di Elio Palombi (vi ho già scritto di lui circa il Premio Città di Senigallia a Portonovo a Marchesi) che è stato il gancio/complice fra San Lorenzo in Campo, rappresentato dal sindaco Davide Dellonti, colto gourmet, e da Massimo Biagiali. A spettacolo finito andiamo al giardino dove ci aspetta un buffet tutto marchigiano ed una cena idem. Si berrà benissimo. Ne sono sicura. In mezzo a Giorgio e Ampelio ricordo la festa dei miei “primi” 40 anni. Con Edoardo Raspelli e la troupe di Mela Verde. Avevo stappato una cassa di Villa Bucci 1992. Ed era il 2001. Con noi Alessandro Scorsone (anche di lui ho già scritto su Tyche per la verticale nell’azienda Montecappone) aveva decantato il vino, la scommessa dell’invecchiamento, il coraggioso produttore e il geniale enologo Giorgio Grai. Mi giro e Giorgio è scomparso. Poi sento il mio nome e mi avvicino ad un gruppetto, circa 4-5 persone privilegiate. Dietro il bancone del bar Giorgio sta stappando una bottiglia. Non leggo l’etichetta. Ci versa, sempre solo a noi privilegiati, un vino bianco brillante e vivace. Ci metto il naso. Mi arrivano profumi. Definiti. Li riconosco. Mi permetto di parlare per prima: <<E’ un pinot bianco?>> Lo è. Mi congratulo con me stessa. <<Avete visto l’annata?>>, dice Biagiali. 2001. Un pinot bianco del 2001 firmato Giorgio Grai in etichetta. Porto il calice al mio tavolo. E sorseggio questo miracolo della natura per tutta la cena. Giorgio si alza, saluta e ringrazia tutti. Viene verso di me e mi interroga con gli occhi. Non mi importa di sembrare scontata, al limite della stupidità e gli dico che sono commossa, che in poche ore ho arricchito la mia mente ed il mio cuore. Posso confermare a me stessa che non sto sbagliando. <<Raccontami>>, mi dice sempre con gli occhi. E mi prendo un altro privilegio buono quanto il suo pinot bianco che, intanto, continua a comunicare la sua storia e i suoi profumi.

Tornerà nelle Marche Giorgio Grai? <<Dipende da quanto un mio amico avrà voglia di ricominciare>>.

Carla Latini

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