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Nikita Sergeev, non più come prima ma più di prima fra Ristorante L’Arcade e Banco_12

in Carla Latini/Mangiare e bere da

E’ il terzo anno consecutivo che l’amico Chef Nikita Sergeev invita me e il direttore Kruger a degustare le sue ultime invenzioni e le sue evoluzioni. Ma questo è un anno speciale, purtroppo, e siamo entrambi curiosi si capire come il nostro ha saputo trasformare il lockdown in una grande opportunità. Durante il viaggio sulla sempre più impraticabile A14, sai quando entri ma non quando arriverai a destinazione, ci sembra di essere in vacanza. Eterni ragazzini. E poi rivedere Nikita ci mette sempre di buon umore.

Prima tappa Banco_12 ai numeri 1 e 2 del mercato coperto di Porto San Giorgio che offre alla cucina dello Chef Francesco Pettorosso, collaboratore stretto di Niki, prodotti contadini e pescato locale. Davanti a un bel bicchiere di Franciacorta, ci fa assaggiare, nell’ordine, ostriche irlandesi, quelle più carnose e gustose, calamari arrostiti al profumo di rosmarino e crema di borlotti, sanno di cucina casalinga, di tradizione, crostone di pane casareccio con peperoni di piquillo e ricotta al forno, croccante e ricco di sapori forti, e vitello tonnato, rucola emulsione di pomodoro secco. Queste leccornie e tutte le altre del menu sono anche da asporto. Ma non diciamolo troppo forte. Niki rimane sempre contrario ma se il mercato lo chiede si fa. A L’Arcade no. Non c’è asporto. Bisogna andare e sedersi al ristorante.

Ci avviamo accanto al nostro Chef che non ci anticipa nulla di quello stiamo per vivere a breve. A parte mascherine e sanificatore all’entrata qui nulla è cambiato e Leonardo Niccià, il prezioso Maitre, ci sorride con gli occhi. Invece il menu si apre con questa frase: nulla sarà più come prima. Ma lo renderemo un motivo per migliorarci. Seguono verbi come sperimentare, cercare, non confinarsi nella comfort zone, cambiare con i nostri ospiti e fornitori. Segue la pagina delle proposte che sembra una partita a poker.

L’amore per il gioco, l’ironia e il doppio senso è un sentimento forte nel cuore e nella mente del nostro colto Chef. Estate 2020, Piccolo Buio (4 portate) Grande Buio (7 portate) Percorso Nikita (11 portate). Non ci sono nomi di piatti ma indicazioni tipo appetizer piuttosto che primo e secondo. Iniziamo il percorso concentrati fra assaggi, belle foto, racconti e scambi di idee. E’ così bello farlo con lui che ha una risposta saggia per ogni domanda. Le mie qualche volta possono sembrare stupide e lui le fa diventare intelligenti. Trasformazioni, evoluzioni, divenire.

Ecco il nostro aperitivo con finta oliva al forno con arancia, una vecchia conoscenza, cracker ricotta e pomodoro essiccato, indimenticabile, cannolo ripieno baccalà mantecato, zafferano e saor, da leccarsi i baffi, spugna rapa rossa e tonno, un’altra conferma. Ma il freddo profuma? Il nostro appetizer sì. E’ un brodo freddo di pomodoro verde e finocchietto selvatico. Geniale il ragazzo. Negli antipasti esplode la sua arte di saper incastrare, sciogliere, fermetare ogni ingrediente che diventa un altro ingrediente. Ostrica irlandese vinaigrette allo scalogno e distillato di prosciutto crudo ne è prova vincente. Bevuto one shot esalta la sapidità del boccone.

E’ a questo punto che ci raggiunge Luca Pesaro, la mia valida spalla radiofonica, che ha il suo primo incontro molto positivo con l’ostrica poco amata. Coquillages “molluschi e gelatina di pollo” ci catapulta, come in un film di fantascienza, in una scena casalinga dove con nonna spolpiamo ossa di pollo ‘marino’ nella sua gelatina. E’ con gamberi rosa, ciliegia sottaceto e mirto che Kruger esclama: “Il piatto dell’Eden. Siamo in Paradiso! Non ci sono confini. Un piatto universale.”

Dopo tanti anni riassaggio la Murena, un pesce difficile e brutto ma tanto buono. Niki la fa fritta in salsa di pomodoro e mirto fresco. Confortante e golosa come scampo, yuzu, basilico e tartufo nero che, in più, è rotondo e avvolgente. E adesso arriva il mio preferito. Cervo e cozze. Siamo tutti d’accordo che è un piatto erotico, sensuale con quei petali di rosa sulla tartare che si inebria di acqua di cozze allo zafferano.

“Adesso arriva il primo, fettuccelle, crema di pesci di scoglio e gamberi rossi, un piatto sveglia” Il nostro ha una padronanza della lingua italiana e un vocabolario ricco e complicato molto gradevole. “Cucina anche quando parla.” Dice Kruger. Prima del secondo c’è il predessert. La pungente ironia culinaria esplode nel limone sorbetto. Che apre il palato al piatto forte: anatra, wakame e foie gras. Siamo in Francia, avvolti nel burro con una carne cotta alla perfezione accompagnata da un’insalatina di alghe e nocciole.

Un dolce salato, poteva essere diversamente? conclude il nostro Percorso Nikita. Un po’ più lungo del normale. Di fronte alla piccola pasticceria registriamo una puntata per il mio retrocucina che andrà in onda Mercoledì 15 Luglio. Ma senza i nomi dei piatti come funziona con gli ospiti? E’ facile. Alla prenotazione viene spiegato il tutto e chiesto preferenze, intolleranze, crudo o cotto, carne, pesce ecc…

Le informazioni raccolte si incastrano con le scelte della cucina e di quello che offre il mercato. Un lavoro sottile, intelligente e matematico che permette di non avere sprechi e di trovare sinergie nuove con gli ospiti. Se nulla sarà più come prima qui è tutto meglio di prima.

Carla Latini

La cucina di Chef Nikita Sergeev del Ristorante L’Arcade secondo Carla Latini

in Carla Latini/Mangiare e bere da

Ogni anno il giovane chef invita il nostro Direttore ad assaggiare il nuovo menu. Spesso quello estivo. L’invito si allarga ed io, volentieri, mi associo al ‘percorso nikita’ studiato apposta per noi. Il 24enne Nikita Sergeev è stato scoperto dal mitico Luigi Cremona all’apertura del suo locale ben 5 anni fà, L’Arcade a Porto San Giorgio. Il piatto galeotto fu un risotto al sedano rapa e sentori di mare, limone candito e capperi. Ancora presente nel menu fra “gli storici”. Oggi è considerato all’interno di tutte le guide e nelle associazioni più importanti. Intanto sul tavolo tondo di legno e senza tovaglia quattro entrè profumano l’aria. Tutti i piatti freddi, tiepidi e caldi, emanano profumi prepotenti. Le due olive taggiasche con la mandorla predispongono subito il mio palato a fare un altro boccone che, con il crostone con mozzarella, pomodoro e salsa carpione, diventa subito caldo. Ottime le chips di riso che nascondono una pallina di baccalà in saor. La spugnola di barbabietola e tonno placa un poco le mie papille e le prepara al primo antipasto. Che mi introduce a capire un concetto: quando due grassi si incontrano si sgrassano. Ecco l’insalata di astice e pesca con il foie gras e la cipolla bruciata. Altro punto fermo della cucina di Nikita. Il bruciato al limite estremo . La mia bocca è pulita e pronta per l’esperienza delle verdure fermentate. Il crudo di gamberi rosa è adagiato su estratti di barbabietola, di sedano e carote. L’agrume che lo chef ritiene coprente sul pesce crudo si traveste nella buccia di limone carbonizzata. Una polvere scura che sprigiona al naso e in bocca freschezza e non acidità. L’ostrica Royale è seduta su un trono di ghiaccio. C’è gin, ginepro, aneto, panna e caviale. Tutta d’un fiato. Nel penultimo antipasto la crema di carote con zenzero e quella alla vaniglia addolciscono lo sgombro dell’Adriatico marinato all’anice e poi piastrato. L’aceto, la cipolla, l’aglio sono ingredienti forti. Nikita li trasforma e li traveste di bello e buono. Il concetto grasso elimina grasso, si spiega completamente con scampone, midollo fritto e asparagi verdi. C’è la freschezza dell’asparago appena condito con una citronette, lo scampone del Conero crudo laccato con il suo fondo di cottura e il midollo a sua volta è fritto in una panatura di cotenna di maiale. Saltellano, croccanti, fettine di asparagi sopra e sotto in un contenitore scenografico a forma di osso. I piatti di portata sono uno più bello dell’altro. C’è la mano elegante e femminile di mamma Ekaterina anche negli arredi che sono essenziali, sobri. Il sous chef di Nikita è il giovanissimo Edoardo Corpetti, con lui da tanti anni. Poi c’è Francesco Pettorossi “secondo” braccio destro dello chef che segue la linea dei pani. La sala è il regno di Leonardo Niccià e Irene Tulli. Il riso, brodo di manzo, ricci di mare e alghe mi fa ringraziare Kruger dell’invito. Il brodo non è proprio un brodo è un estratto ottenuto dalla cottura del muscolo del manzo sottovuoto e a 100° fino a che della carne rimanga solo la fibra. Ne deriva un brodo denso dove Nikita cuoce il riso lo condisce con i ricci di mare crudi, con le alghe e lo spolvera con cavolo nero essiccato. In questa creazione c’è tutto il suo essere cuoco. Nei secondi trasforma l’idea del branzino al forno con le patate e del classico polpo. Il branzino, crescione e foglie di pepe, sembra un trancio di pesce ed invece all’interno ci sono le patate condite con l’acqua delle vongole ad aumentare la sensazione umami. Il polpo è unito alla dolcezza del cocco e del cipollotto bruciato. Al posto del sorbetto, a fine pasto, ci porta uno scrigno dorato. Lo apro e mi arrivano al naso cioccolato bianco, aceto e polvere di carcadé. Un pre-dessert molto originale che anticipa la scelta di tre dolci monocromatici. C’è dell’ironia nei dessert e anche nella piccola pasticceria che seguirà. Ci sono tre dolci (Trelatti, Fragola, Pistacchio) non dolci. E la piccola pasticceria, invece, ricorda i classici dolci italiani. La mia preferenza va sul candido Trelatti (marshmallow al latte caprino, gelato di buffala affumicato, spuma di latte vaccino al cardamomo e fior de sel). E’ nelle corde del mio palato perché non è un dolce. Sembra di mangiare burrata, mozzarella, fiordilatte nelle consistenze che tutti conosciamo, ogni tanto risvegliano il palato delle micro meringhe. Il mio ‘percorso nikita’ finisce con un mini bacio di dama e una cheesecake mignon entrambi buonissimi. Abbiamo abbinato a questi piatti dei Vini di Montecappone, l’azienda jesina di Gianluca Mirizzi. Grazie Kruger. Quando torniamo?

QUI LE FOTO

Nikita Sergeev gran finalista al Premio Chef Emergente 2015

in Mangiare e bere da

Nikita Sergeev de L’Arcade di Porto San Giorgio ci ha provato fino in fondo ma alla fine l’ha spuntata Oliver Piras del ristorante Aga di San Vito di Cadore. E’ lui infatti il miglior chef emergente d’Italia 2015. Onore anche a Gianfranco Bruno de La Masseria del Falco di Forenza, l’altro finalista in rappresentanza del sud. Questo il verdetto di una qualificatissima giuria di giornalisti e chef agli assaggi, di cui ha fatto parte anche Tyche Magazine, e un rappresentante della FIC dietro le quinte a controllare ogni mossa e scarto superfluo. Oliver ha convinto con il suo rigatone all’amaro di carciofi addolcito dalla stelvia, il salmerino al triplo verde, il maialino all’aglio bruciato e il gelato al pepenero mele e levistico. Una finale emozionante che ha visto Gianfranco Bruno sfiorare la vittoria con il finto peperone ‘mbuttonato, seguito dalla minestra di grano spezzato e dall’involtino di maiale con il dessert autunnale a chiudere, e Nikita Sergeev con le uova strapazzate, la coraggiosa minestra di cuore d’agnello, il maremonti di maiale e gambero, l’english breakfast in chiusura.

Un successo meritato per Cooking for Art 2015 impeccabilmente organizzato dallo staff della Witaly di Lorenza Vitali, condotta magistralmente da Luigi Cremona. Di seguito l’intervista allo chef Sergeev, che abbiamo già intervistato nel nostro primo Chef Tyche (potete leggere di lui QUI).

Kruger Agostinelli

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Nikita Sergeev, lo chef russo che esalta le eccellenze marchigiane

in Mangiare e bere da

Una rivisitazione del piatto fave, pecorino e ciauscolo, apice della tradizione marchigiana, e un dolce che rimanda al soffritto, a base di sedano, carota e cipolla. Sono queste due delle pietanze che hanno fatto ritornare nel nostro territorio il premio “Emergente Centro e Sud 2015”, ghiotta occasione per tutti gli amanti della buona cucina. Importante evento gastronomico organizzato dalla Witaly, condotto dal popolare giornalista Luigi Cremona, ha visto Nikita Sergeev, chef di Porto San Giorgio titolare del ristorante L’Arcade, trionfare nella competizione che si è tenuta a Napoli.

Complimenti Nikita, è andata bene! Ci racconti qualcosa?

<<Sì è andata molto bene, ho vinto! Era la finale per i cuochi del centro e del sud quindi concorrerò il 3, 4 e 5 ottobre a Roma, alle Officine Farneto, per la finale “assoluta”. E’ la seconda volta che partecipo a questa manifestazione>>.

Da quanti anni sei nelle Marche? Ci racconti la tua esperienza?

<<Ho 26 anni e sono qui in Italia da quando ne avevo 13 anni. Venivamo nelle Marche per far visita a dei nostri amici. Il posto ci è sempre piaciuto tantissimo e ad un certo punto ci siamo accorti che trascorrevamo più tempo qui che in Russia. Per quanto riguarda la ristorazione, tutto è cominciato dopo l’università. A Mosca mi sono laureato in Scienze politiche dopo aver fatto anche un Erasmus a Firenze. Una volta laureato però non è stato possibile “convalidare” il titolo in Italia, perché la Russia non è all’interno dell’Unione europea. La mia seconda grande passione era però la cucina, tanto che mi sono buttato su questo campo con tutte le mie forze. Ho seguito corsi, come l’Alma, e sono stato a Parma e in Emilia per fare un po’ d’esperienza. Sono stati diversi gli chef che hanno tracciato il mio percorso personale di vita con la loro filosofia di cucina. Penso ad Alberto Rossetti e a Marco Soldati. Alla fine sono sceso nelle Marche perché in questo territorio mi sentivo e mi sento a casa e ho aperto due anni fa il ristorante. I tempi duri che corrono mi avrebbero consigliato di aspettare prima di intraprendere una mia attività ma si sono legati anche discorsi di tipo burocratici. Per avere il permesso di soggiorno era meglio mettermi in proprio>>.

E’ una bella storia. Una curiosità che ti chiederanno in tanti: nella tua cucina quanto c’è di italiano e quanto delle tue radici.

<<Una domanda che mi fanno spesso. Quando mi dicono “come mai non hai deciso di aprire un ristorante russo” rispondo sempre che sul mio diploma c’è scritto “cuoco professionista di cucina italiana”! Il mio ristorante è italiano ma le mie tradizioni non le ho certo rifiutate. Nei miei piatti ci sono dentro diverse esperienze. Al San Pellegrino Young Chef ad esempio ho portato un raviolo (quindi Italia), all’anguilla (ancora più Italia) con barbabietola di lime. La mia cucina è variegata ed è connessa con il mio percorso. E anche con la mia provenienza. Ad esempio da un po’ nel mio ristorante servo l’aringa con la carota, per parlare dell’eccellenza russa, ma ci sono altri piatti che richiamano alla tradizione francese>>.

E di marchigiano?

<<Al concorso di Luigi Cremona uno dei piatti che ho presentato, davvero apprezzato dai giudici, è stato una rivisitazione (anche se non mi piace questa parola) di fave, pecorino e ciauscolo. Più marchigiano di così… La cucina marchigiana è sempre presente nel mio menu, tanto che cerco di parlare di tradizioni con i ragazzi che lavorano con me e con il personale in sala. L’anno scorso sono andato a mangiare dalla nonna di un mio collaboratore perché ero curioso di sentire i veri gusti rurali>>.

Per te in che direzione andrà la cucina?

<<Spero e credo che la cucina andrà verso la diversificazione della struttura ristorativa. Mi spiego. Una volta esisteva l’osteria, la bottega, il ristorante, la gelateria… Adesso a volte mi capita di vedere scritto sui tendoni dei locali diverse diciture. Secondo me questo è un miscuglio, un’insalata russa che mette in difficoltà il cliente. Una pizzeria deve essere tale e un’osteria è un’osteria>>.

Ci hai descritto un piatto che ti ha fatto vincere. E un altro?

<<Un altro che ha suscitato l’interesse è un dolce, che si chiama “Soffritto all’italiana”. Nella mia cucina non uso praticamente mai il soffritto, perché a mio avviso appesantisce molto, quindi i piatti italiani non ne hanno bisogno. Almeno non tutti. E’ inutile dire che a volte serve, ma non su un risotto o su di un piatto di pasta, perché rovina la centralità della ricetta stessa. Il soffritto è amato in Italia ma di solito si mette all’inizio, prima di preparare una pietanza. Noi invece lo abbiamo collocato alla fine, preparando un dolce con sedano, carota e cipolla. E’ stato complicato spiegare il perché del sapore di cipolla in un dolce. Ma la marmellata di cipolle è un classico italiano, no?>>

Certamente! Un’ultima domanda, quella che noi mensilmente facciamo ai nostri ospiti per filosofeggiare con loro. Se ti dico CANDIDO cosa ti viene in mente?

<<Gelsomino. Un gelato al gelsomino>>.

Perché?

<<Sono qui in terrazzo e vedo queste piante di gelsomino fiorire. Questo profumo mi ha fatto venire in mente come prima cosa proprio il gelsomino. Candido e bianco come il gelsomino>>.

Kruger Agostinelli

Michele Mastrangelo

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