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Alberto Mazzoni

Destinazione Marche: 50 anni di Vinitaly e un nuovo “Polo Enogastronomico”

in Mangiare e bere da

Il Padiglione 7 del Vinitaly così pieno non l’ho mai visto. Sono qui, a Verona, di lunedì. Il giorno classico destinato agli “operatori”. Ne riconosco molti ma vedo anche tanta “folla comune”. È inconfondibile. Non mi piace cominciare polemizzando e quindi mi fermo qui. Ma siccome sono sempre (ho fatto giuramento) dalla parte del produttore divento suscettibile e sensibile agli “sprechi”. Chi vuole capire ha già capito.

vinitaly tycheL’interesse per il vino italiano è in crescita. Lo dicono gli addetti ai lavori. I nostri vini marchigiani, grazie al lavoro lento e costante nel tempo di persone che sanno bene cosa stanno facendo e lo fanno bene, sono diventati indispensabili protagonisti nelle più belle cantine del mondo. “So’ soddisfazioni!”, direbbe Marcello Nicolini del Laghetto di Portonovo. Il primo che incontro accanto allo stand di Marco Caprai. Pure lui al 7. Mi precipito al primo piano nello spazio Imt. C’è la stampa che conta, tant’è che incontro Valentina Conti del Messaggero, riunita per ascoltare nuovi progetti e progetti realizzati. Sulla “Terrazza delle Marche”, così la chiamano gli affezionati, la cucina è in mano a Errico Recanati. Con lui Ramona e tutto lo staff. C’è Neri Marcorè, simpatico e disponibile. C’è Moreno Cedroni, frizzante come sempre. C’è Carlo Cambi, un mito. C’è Tiziana Forni, il naso marchigiano che lavora e vive a New York. Bello rivederla. Alberto Mazzoni, insieme al sindaco di Jesi Massimo Bacci, annuncia l’apertura, questa estate, del “Polo enogastronomico” di cui faranno parte TreValli Cooperlat (fregiata della certificazione Qualità Marche per il latte), consorzio Casciotta d’Urbino Dop, BovinMarche, Con Marche Bio, consorzio Vini Piceni, istituto marchigiano Tutela Vini, associazione Maccheroncini di Campofilone Igp, consorzio tutela Oliva Ascolana del Piceno Dop, consorzio del Tartufo di Acqualagna e delle Marche. Con loro aderiscono al Polo altri quattro soggetti: l’agenzia dei Servizi del settore agroalimentare delle Marche (Assam), il consorzio Frasassi che gestisce le grotte, l’agenzia di viaggi Esitur ed il centro agroalimentare San Benedetto del Tronto.

Nel frattempo si materializza, come d’incanto, un buffet stellato che ha l’eleganza e l’allegria dei colorati e ghiotti antipasti di Andreina, insieme alle idee culinarie che Errico si è inventato con i prodotti e i produttori del prossimo “Polo enogastronomico”. La Terrazza è strapiena. Vedo facce note, molto note, di “non marchigiani”. Saluto e abbraccio Elio Ghisalberti e Andrea Grignaffini. Per i colti lettori di guide e riviste d’elite, Elio e Andrea sono tra le firme più interessanti del panorama della critica eno-gastronomica italiana. Sono qui, nella “Terrazza Marche” per la riunione interna di una famosa guida. Con Elio e Andrea altri colleghi da ogni parte d’Italia. Bell’occasione. Complimenti a chi l’ha creata!

montecappone monteschiavo vinitalyScendo insieme ai miei amici di Malta, Marco e Benji (interessati al verdicchio), e provo a passeggiare fra i produttori. Sgomito rende meglio l’idea. Bello il nuovo stand di Monteccapone. Gianluca Mirizzi e la moglie sono sorridenti e instancabili. Monteschiavo è un’altra tappa e ci vado con Mirizzi. Mosè Ambrosi di Fontezoppa ha gli occhi di un bambino a Gardaland. ambrosi e cambi vinitalyIntravedo Angela Velenosi e il suo staff tutto al femminile. Che donna questa donna: se le Marche del vino volano così in alto lo devono anche a lei. Da lei c’è Mauro Uliassi. E a produttori eclettici e lungimiranti come Stefano Antonucci. Lo stand di Santa Barbara è assolutamente sold out. La mia amica Luciana è bloccata lì da due giorni e non ha visto ancora nulla intorno. Errico Recanati ha “rappresentato” le Marche in cucina per tutta la fiera che si è conclusa con un pranzo, chi c’è stato mi ha confermato quanto sto per scrivere, nel quale il nostro ha raccontato i piatti in abbinamento ai vini della Cantina dei Colli Ripani, di Velenosi, Tenuta De Angelis, Tenute del Borgo, Cantina Offida, Carassanese Vinicola, Costadoro, Vinicola del Tesino e Moncaro. Un menu studiato per l’occasione e solo per i tantissimi privilegiati intervenuti: gambero con sapa, perle d’aceto e aromi; crocchetta di latte di baccalà; sgombro marinato con stracciatella delle Marche e polvere d’oliva; pizza di baccalà; rotolo di fegato grasso arrostito, caprino e visciole; marshmallow con alici di San Benedetto, ripassato nella paprika.

Esco e fuori, in fondo ai padiglioni 7 e 8 c’è il camion/cucina di Marco Caprai. Gianfranco Vissani e i suoi sono dietro i fornelli. Passo a salutare e porto i saluti dei marchigiani. Prima di andare faccio una fila di quasi mezz’ora per prendere un caffè e una bottiglietta d’acqua al padiglione 11, dove c’è un bar degno di essere chiamato tale (in mezzo a tanto vino è assolutamente impossibile trovare dell’acqua!). Ho aperto con una polemica e chiudo con un’altra. Amo Verona, è una città bellissima. Ma i giorni del Vinitaly diventa invivibile. Si passa più tempo in coda in macchina, taxi o bus navetta che dentro alla fiera. Cambi di direzione, vigili affaticati. Si inciampa su marciapiedi che sono così da sempre. Con una polvere/terriccio che è terribile quando piove e quando c’è il sole. L’ho sempre scritto e pensato e non c’è verso che una nuova “impostazione” di questa struttura mi faccia cambiare idea. Leggete i pensieri di Oliviero Toscani. Lui è molto diretto e tagliente. Purtroppo dice la verità. Ancora di più, quindi, sono grandi grandi i nostri marchigiani che, pazienti e contenti, sorridono e versano i loro magnifici vini e raccontano, coinvolti e commossi, le loro storie più belle dalla vigna alla cantina, dall’enologo alla bottiglia. Moltissimi, ora, votati al biologico, biodinamico e vegano… Bevete marchigiano!

Carla Latini

Giorgio Grai, immenso ricercatore di odori: “L’olfatto ci ha salvato la vita”

in Mangiare e bere da

Nella vita, così come nelle “viti”, basta poco per capire. Giorgio Grai è un puro. Lo era da giovane, figuriamoci ora che è un elegante e acuto “rivoluzionario sempre”.  Uno che con l’intuizione ragionata e la passione innamorata ha creato il Verdicchio. E che gli altri dicano quello che vogliono.

Venerdì 19 febbraio, siamo al teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo. Un emozionato Massimo Biagiali introduce e spiega perché Giorgio Grai è lì sul palco a raccontare di sé. Un mito. Chi si occupa di enologia o è solo un appassionato di vino sa che non sto esagerando. Madre Natura gli ha donato un naso ed un palato unici perché facesse diventare dei vitigni da proteggere dei grandissimi vini. ampelio bucci, cino tortorella e elio palombiDopo Biagiali la parola va ad Alberto Mazzoni, direttore dell’istituto marchigiano Tutela Vini, che ci presenta le nostre Marche con tutti i plus che meritano di essere segnalati. Giorgio Grai è accanto a chi pensa con la sua testa, cammina con le sue gambe e lotta per sé per salvare e conservare quello che c’è su questa terra. È pungente il suo eloquio quando tira in ballo Ampelio Bucci, seduto in seconda fila. L’immagine del loro primo incontro è una vignetta a tinte forti. Così come le parole che si scambiarono in cantina. Giorgio ricorda il primo consiglio: <<Pulizia! Le botti devono essere pulite>>. Da lì in poi inizia la storia del Verdicchio marchigiano. Il vino bianco italiano più conosciuto nel mondo. <<Ho capito subito che bisognava ricominciare tutto da capo quando ho visto Ampelio stappare due bottiglie e versare il suo primo Verdicchio. L’ho visto dal colore, poi ci ho messo il naso e ho capito che strada dovevamo percorrere>>.

Giorgio parla di come madre natura uccide, massacra e mantiene in vita le sue creature. Un mondo paragonabile a nessun altro mondo, il suo. Giorgio si pone vicino alle vigne. Alla loro altezza. Le ama, le segue, assaggia le uve e comprende quale vino sarà. Ma ci vuole tempo. Tanto tempo e pazienza.
Sono incantata ed estasiata dalle sue parole. Riconosco nei suoi messaggi tanti pensieri che mi appartengono. Che con lui riprendono un senso logico importante. Parte da lontano quando ci rende semplice capire il difficile: <<L’odorato ci ha salvato la vita. Ci ha insegnato a sfuggire dagli odori cattivi e a preferire quelli buoni. Poi ci sono le sfumature ed una acidità può anche essere dolce. Basta interpretarla>>. In sala dietro Ampelio c’è Cino Tortorella. Un gastronomo illustre nel panorama di media stampa e tv. In difesa del vino e del comune amico Gualtiero Marchesi, Cino esorta Giorgio a leggere la lettera aperta inviata al maestro circa il vino. Nelle righe che legge Massimo, emozionato come all’inizio, c’è tutto l’affetto per un amico vero al quale si perdona un’esternazione spontanea senza dimenticare le tante bevute fatte insieme. Pochi sanno che il naso ed il palato di Grai si sono formati prima delle vigne, dell’uva e del vino. Figlio di albergatori, i primi passi li ha fatti dietro i fornelli di una cucina professionale. Giorgio Grai cuoco? Ebbene sì. Bello rammentare le tante vite passate e progettare quelle future. Il segreto sta nello svegliarsi la mattina sempre con una nuova sfida, un traguardo da raggiungere. Lo dimostrano i suoi bianchi da invecchiamento.

senigalliaPrima della conclusione partono domande a raffica da un pubblico fatto di esperti, sommelier, ristoratori. Riconosco Simone Baleani del Molo di Portonovo e amici come Paolo Cesaretti, che è qui in veste di coordinatore del consorzio di tutela della Casciotta di Urbino (un’altra eccellenza marchigiana). Ma ci sono, soprattutto, tutti gli amici di Elio Palombi (vi ho già scritto di lui circa il Premio Città di Senigallia a Portonovo a Marchesi) che è stato il gancio/complice fra San Lorenzo in Campo, rappresentato dal sindaco Davide Dellonti, colto gourmet, e da Massimo Biagiali. A spettacolo finito andiamo al giardino dove ci aspetta un buffet tutto marchigiano ed una cena idem. Si berrà benissimo. Ne sono sicura. In mezzo a Giorgio e Ampelio ricordo la festa dei miei “primi” 40 anni. Con Edoardo Raspelli e la troupe di Mela Verde. Avevo stappato una cassa di Villa Bucci 1992. Ed era il 2001. Con noi Alessandro Scorsone (anche di lui ho già scritto su Tyche per la verticale nell’azienda Montecappone) aveva decantato il vino, la scommessa dell’invecchiamento, il coraggioso produttore e il geniale enologo Giorgio Grai. Mi giro e Giorgio è scomparso. Poi sento il mio nome e mi avvicino ad un gruppetto, circa 4-5 persone privilegiate. Dietro il bancone del bar Giorgio sta stappando una bottiglia. Non leggo l’etichetta. Ci versa, sempre solo a noi privilegiati, un vino bianco brillante e vivace. Ci metto il naso. Mi arrivano profumi. Definiti. Li riconosco. Mi permetto di parlare per prima: <<E’ un pinot bianco?>> Lo è. Mi congratulo con me stessa. <<Avete visto l’annata?>>, dice Biagiali. 2001. Un pinot bianco del 2001 firmato Giorgio Grai in etichetta. Porto il calice al mio tavolo. E sorseggio questo miracolo della natura per tutta la cena. Giorgio si alza, saluta e ringrazia tutti. Viene verso di me e mi interroga con gli occhi. Non mi importa di sembrare scontata, al limite della stupidità e gli dico che sono commossa, che in poche ore ho arricchito la mia mente ed il mio cuore. Posso confermare a me stessa che non sto sbagliando. <<Raccontami>>, mi dice sempre con gli occhi. E mi prendo un altro privilegio buono quanto il suo pinot bianco che, intanto, continua a comunicare la sua storia e i suoi profumi.

Tornerà nelle Marche Giorgio Grai? <<Dipende da quanto un mio amico avrà voglia di ricominciare>>.

Carla Latini

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