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Cultura - page 3

La vita è troppo breve per bere vini cattivi, l’omaggio di Arturo Rota a Luigi Veronelli

in Cultura/Libri da

Arturo Rota è il genero di Luigi Veronelli, chi ama vino e cibo non può non conoscerlo. Luigi, Gino per gli amici, è stato la mente visionaria e illuminata che ha rivoluzionato il mondo enogastronomico italiano fin dagli anni ’70. I nostri nonni lo ricordano in Tv, su Rai1, in una trasmissione che conduceva con Ave Ninchi, guarda caso marchigiana anche lei. Si intitolava A Tavola alle 7. Un programma innovativo reso ancora più gradevole dalle battutine secche e simpatiche fra i due. Era nata una vera amicizia, una sorta di amore odio reso ancora più evidente dal fatto che Gino era interista e Ave juventina. Questi e altri aneddoti vengono raccontati da Arturo ad un pubblico attento e assolutamente molto interessato. Arturo Rota racconta. Da solo, senza Nichi Stefi (il libro Luigi Veronelli, la vita è troppo breve per bere vini cattivi, è scritto a quattro mani) che sempre lo accompagna in queste occasioni, si dona al pubblico in un monologo trascinante. Parlare di Luigi Veronelli, Gino per gli amici, senza tradire l’affetto profondo e la stima del discepolo fedele non è facile. Arturo è cresciuto con Gino. Da lui ha appreso la difficile arte di “sbagliare da solo”. Nel libro c’è la vita di Gino. Arturo e Nichi si erano dati un obiettivo: il protagonista deve essere Luigi Veronelli. Dal libro deve uscire Gino com’era. Com’erano le sue giornate, le sue amicizie, la sua assoluta generosità. A condurre Arturo c’è Andrea Nobili. Avvocato molto noto in provincia perché ex assessore alla cultura del Comune di Ancona. Amico di Arturo e fine conoscitore del mondo del vino. Aneddoti, episodi finalmente raccontati per bene che erano diventati mitici nell’immaginario collettivo. Arturo parla appassionato e noi ascoltiamo. Per mia fortuna ho avuto l’onore dell’amicizia di Gino. Così come ora ho quella di Arturo.

Chiude la serata il padrone di casa, Alessandro Starabba Malacari. Vignaiolo in quel di Offagna. Ricorda quello che accadeva a tanti produttori di vino e artigiani delle cose buone quando si veniva invitati a casa di Gino, nella mitica via Sudorno a Bergamo Alta. Si credeva di essere da soli e di poter parlare con Gino vis a vis. Invece c’erano sempre altre persone. Il tavolo era da otto. Ed ogni volta era pieno. Quindi ognuno spiegava il proprio problema agli altri e viceversa. Gino ascoltava e spesso stava in silenzio fino alla fine. Nascevano amicizie insospettabili fino allora. Tipo due vignaioli confinanti che si sopportavano come la sabbia nel letto. Il potere delle “poche parole” di Gino era sorprendente. Tutti tornavano a casa carichi e con qualche nuova soluzione ai propri problemi. E’ grazie a Gino Veronelli che l’Italia ha preso coscienza della qualità della sua cucina, dei suoi prodotti e dei suoi vini.

Chiudiamo in bellezza la serata e beviamo un Grigiano, invecchiato in una magnum. Siamo dei privilegiati. Con la presenza di Arturo poteva solo essere così. Perché la vita è troppo corta per bere vini cattivi. Non mediocri, come scrisse Goethe, ma cattivi, come avrebbe detto Gino!

Carla Latini

La lingua di Montanini frusta il perbenismo a Portonovo

in Cultura da

Giorgio Montanini è sul piccolo palco dell’Hotel La Fonte di Portonovo. Luigi Socci lo ha appena presentato, in maniera diretta, precisa senza nessuna retorica, come ospite per “La punta sulla lingua”. Il pubblico, seppure in maggioranza molto giovane, sembra adulto e vaccinato. Dissente con il silenzio e applaude il doppio quando la sua morale glielo permette. Risultato? Meglio essere disinibiti con il sesso dal momento che la religione è ancora un serio tabù. La sua satira frusta con violenza bigotti, omofobi e ipocriti. Magari fosse vero che la reazione del pubblico anconetano potesse diventare realtà. Forse Montanini dovrebbe cambiare lavoro ma almeno la nostra società ne gioverebbe molto in termini di libero pensiero. Tranquilli Montanini rimarrà al suo posto, opportunamente confinato in seconda serata. Ma con la certezza del “meglio pochi ma buoni”. L’irriverenza del comico fermano è spietata e priva di compromessi e contraddizioni. E quel testo lui lo recita agevolmente, con le pause giuste ed una mimica efficace, molto fisica. Lui si definisce nella sua comicità come uno da Standup comedy. Questo mi ricorda un film della mia infanzia, “Lenny” di Bob Foss con Dustin Hoffman, ma poi preferisco avvicinarlo a due cattivi comici che ho sempre adorato. Rivedo, con le debite differenze, il buon Paolo Villaggio e Beppe Grillo. Con la soddisfazione che da Genova siamo passati nel cuore inedito della regione Marche. E mi riecheggia il ritornello <<E’ bravo ma dice molte parolacce>>. Mi piace di Montanini come abbatte la logica del nazional popolare e come infrange la regola del “volemose bene”. Morde, graffia e offende sui luoghi comuni. Scava nelle depravazioni, che ognuno di noi conosce bene nel proprio lato oscuro. Quasi parafrasando Bertold Brecht sembra dire vantandosi, quando parla di Brignano o Conti il presentatore, <<mi sono seduto dalla parte del torto perché ogni altro posto era occupato>>. Lui preferisce stare in cattiva compagnia con zingari, trans e immigrati. Insomma spallate al conformismo in una società che è, lo spiega parlando delle vicissitudini fiscali di Valentino Rossi, forte con i deboli e debole con i forti. La sua satira è corrosiva, sembra abbattere tutto ma ha un raggio di sole che splende forte, l’inno alla curiosità. E rivolgendosi al suo pubblico, abbandona per un attimo la provocazione e si lascia andare ad una saggia esortazione: <<Dovete essere curiosi come Cristoforo Colombo, perché se non lo fosse stato avrebbe scoperto solo l’isola di Ponza>>.

Poi arriva il dopo spettacolo e tocca a lui sopportare noi giornalisti. Lo fa con gentilezza ed un pizzico di rassegnazione. Ed è qui che avverto dentro di me il virus Montanini che sta esplodendo. Avverto il bisogno di pensare: <<Ma che cazzo di domande state facendo?>> Poi mi adeguo e sorridiamo. Consumo insieme a lui anche le mie osservazioni (qui sotto il video) e chiedo pure una banale ma innocente foto ricordo. Eh già certe serate non vanno dimenticate.

Kruger Agostinelli

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Lezione di satira dall’irriverente Giorgio Montanini

in Cultura da

Giorgio Montanini viene definito “rappresentante della stand up comedy in Italia”, eppure basterebbe il termine italiano “irriverente”. La sua energia provocatrice fa mantenere alta l’attenzione del suo ascoltatore. La prima volta che lo captai in tv, proprio quella televisione a cui dall’inizio del duemila ho dato un ruolo minimale di oggetto di arredamento, mi catturò senza pietà. Sono andato a cercare chi fosse su Internet, per non perderlo di vista. Un’attenzione che ebbi per il sempre amato Blob di Giusti e Ghezzi. Oppure il mio essere fans di Piero Chiambretti, non sempre godibilissimo, ma ancora un ottimo animale televisivo. E chi altro aggiungere? Beh diverse cose, non tutte, della Gialappa’s.

In effetti, soprattutto in tv, la noia batte sempre la curiosità. Tu stesso ti sei soffermato attraverso una riflessione su Zelig, con una simile conclusione. E’ in crisi secondo te il mondo dello spettacolo o piuttosto è il monopolio della tv ad esserlo, a causa di produttori che tengono sotto scacco la maggior parte dei programmi?

<<Purtroppo il problema è molto più grave a mio parere, non è una questione di produttori…quelli sono la conseguenza, non la causa. Questo paese ha subito nel momento più delicato e vitale della sua breve esistenza, un imbarbarimento culturale che l’ha riportato a prima degli anni 50. Tutto inizia alla fine degli anni ’70 con il berlusconismo, che non è stato solo un “Berlusconi pensiero” ma un vero e proprio atteggiamento barbaro, cafone e mediocre dell’italiano medio. Le conseguenze, purtroppo, si sono abbattute anche e soprattutto sulla cultura. Siamo passati da Sergio Leone e Fellini a Moccia; da Troisi e Benigni a Brignano e Siani. A dicembre nei primi anni ’80 usciva al cinema “Non ci resta che piangere” adesso le parodie banalotte di Checco Zalone. Però credo che la storia sia ciclica, abbiamo toccato il fondo ma forse stiamo cominciando a risalire>>.

Parlavamo con il tuo collega Macchini di come le Marche sia diventata una regione che riesce ad esprimersi meglio con la comicità che con la musica. Insomma sono davvero comici i marchigiani oppure il nostro tipo di vita aiuta molto, per contrasto, ad essere ironici?

<<Piero Massimo non è propriamente un mio collega. Nel senso che facciamo due mestieri molto diversi: io sono un monologhista puro, lui è più un performer. I marchigiani sono comici? Non credo proprio. Sono l’unico comico marchigiano che ha superato i confini regionali e si sta affermando a livello nazionale. Neri Marcorè non porta la sua marchigianità e non è nemmeno un comico puro. E’ più un attore. Le Marche sono refrattarie al concetto di arte, almeno quella che viene dalla propria terra. Se sei romano, milanese o toscano le Marche ti accettano come attore, ma se sei marchigiano devi fatiga‘. Abbiamo un grosso complesso di inferiorità. I pochissimi comici marchigiani che conosco hanno tutti scelto una forte identificazione territoriale, imitano personaggi del territorio, ma questo li ha solo facilitati all’inizio, poi li ha ingabbiati in un provincialismo da quale è difficile uscire. La musica invece la fanno tutti, sfido qualcuno a non avere nemmeno un amico che suona in una cover band>>.

Mettendoti nei panni di uno spettatore, chi ci consigli in Italia come interpreti, non importa se del teatro, cinema o tv.

<<Come comici, consiglio i miei colleghi di “Satiriasi” e il genio di Corrado Guzzanti. Su cinema, tv e teatro, al di fuori della comicità, non mi esprimo. Rischierei di fare le figuracce da ignoranti come quelle che fa spesso il pubblico non conoscendo l’argomento di cui parla>>.

Istruzioni per assistere ad un tuo spettacolo: è sufficiente ascoltare o è necessario la complicità?

<<Ascoltare con attenzione è un atto di complicità. Se invece ti riferisci anche all’empatia, sicuramente sì. Sono un comico, faccio ridere, non sono un filosofo. Non si può prescindere dall’empatia e dal rapporto che si crea col pubblico, anche di contrapposizione come capita a volte, ma è la vittoria della satira in quel caso è non lasciare nessuno come lo si è trovato prima dello spettacolo>>.

Del tuo essere marchigiano cosa vorresti proteggere e cosa buttare?

<<Ti rispondo parafrasando un monologo di Danny DeVito in The Big Kahuna “Vivi a Roma per un po’, ma mollala prima che ti indurisca. Vivi nelle Marche per un po’, ma mollale prima che ti rammolliscano”. Le Marche sono una regione speciale, forse tra le più belle in assoluto e con una qualità della vita tra le migliori del mondo. Purtroppo soffrono di un provincialismo esasperato del quale risentono anche gli artisti che si radicano sul territorio. Nelle Marche ti crei il tuo circoletto, non esci più di casa e non ti confronti più con nessuno. Muori e non te ne rendi nemmeno conto. Roma invece ti aggredisce, alla fine la odi e scappi via. Le Marche ti fregano, sono come il monossido di carbonio. Le Marche sono la regione più bella, le amo infinitamente ed è qui che voglio vivere. Ma ringrazio il mio lavoro che mi porta per il 70% del tempo fuori regione e a confrontarmi con realtà un po’ più complesse>>.

Ogni mese scegliamo un termine su cui filosofeggiare a Tyche. Questa volta tocca a ARDORE: cosa ti fa venire in mente?

<< Per un attimo ho riguardato il nome della persona che mi intervista per verificare che non fosse Marzullo. Sono un passionale, se non avessi un fuoco dentro non potrei mai fare un lavoro così straordinariamente bello come questo, ma al tempo stesso micidiale e assassino. Per quanto mi riguarda, l’ardore e l’amore che inoculo quotidianamente nel mio mestiere, sono il vaccino a tutti i virus con i quali questa vita cerca di infettarti. Se non bruciassi dentro, forse sarei già morto pure fuori. Solitamente in questo modo però, si campa anche meno. Quindi sbrigatevi a venirmi a vedere>>.

La mia impressione? Mi spaccio telefonicamente per Nanni Moretti, a causa delle mia voce e mi ritrovo ad essere un mezzo Marzullo. Vuoi vedere che questo Montanini oltre ad essere un gagliardo mattatore è pure un mago?

Kruger Agostinelli

Martedì 14 Montanini sarà ospite de La Punta della Lingua a Portonovo. Più info qui.

 

Jacopo Fo: “Sappiamo far ridere anche se siamo circondati da figure tristi”

in Cultura da

Jacopo Fo, lo racconterà nell’intervista qui di seguito, ama le Marche, la sua gente ed i suoi ritmi. In effetti lo abbiamo visto passeggiare per le stradine di Civitanova Marche con tranquilla piacevolezza, prima del suo intervento a Rive Festival. Una sorta di turista che ama mischiarsi nelle abitudini della gente del posto. E dire che ci viene in mente quella Annalisa, una delle tante figlie televisive legittime della Maria De Filippi, che nella stessa città ebbe a dire <<preferisco non andare per strada altrimenti mi riconoscono e non mi lasciano andare>>. Ironia della sorte Jacopo riabilita quelle, come lei, che vengono dai “talent” che <<in fondo tenta di evidenziare i pregi artistici o perlomeno le predisposizioni dei vari concorrenti>>.

Kruger Agostinelli Jacopo FoLavori con parole e pensieri. Per te è più importante una parola o un pensiero?

<<Tutte e due, perché parlare senza avere idee è un po’ drammatico e lo stesso vale quando si hanno idee e non si esprimono>>.

Sei un’artista poliedrico. Quale piattaforma prediligi?

<<Mi piace comunicare, in genere. Dal corso di Yoga demenziale che faccio alla Libera Università di Alcatraz al teatro. Ho iniziato facendo la guida ambientale ai ragazzini delle scuole. Lo faccio ancora. Probabilmente la sfida più grande è riuscire a catturare l’attenzione dei giovanissimi per più di otto minuti e mezzo. E’ stata la mia prima “scuola professionale”. Il teatro è venuto poi, ma è un’esperienza totale: devi preparare i costumi, scrivere. Artisticamente invece sono partito come fumettaro. Con il disegno ho un legame particolare>>.

Parliamo di ironia. Gli italiani sono ironici?

<<Mah, ci sono per fortuna parecchi italiani che amano la satira e ridere, altri che sono di una tristezza sconfinata. Sicuramente siamo un popolo che ha una grande tradizione del comico, probabilmente un nostro punto di forza. Però poi se non avessimo tante figure tristi non avremmo tutte quelle difficoltà che abbiamo oggi>>.

La domanda sul “sono il figlio di”. Cosa comporta “essere figli di” a livello artistico?

<<Resta nella tua storia. Io ho avuto la fortuna di essere figlio di persone famose non imbecilli. Sono cresciuto con persone con un profondo livello di umanità, di gentilezza, che mi hanno trasmesso il valore del lavoro, il senso di professionalità, il dover portare a termine le cose che si vogliono fare, di mantenere la parola data. Poi, il senso dell’onore. Cose che a sinistra sono sempre state un po’ schifate ma nella mia famiglia sono state colonne portanti. E’ importante dare un senso alla vita>>.

Che rapporto hai con le Marche?

<<Ho tantissimi amici nella zona e ho fatto anche vacanze sul Conero. Siete molto cortesi e avete una civiltà che ha una storia millenaria>>.

Anche se siamo stati sotto il Papa un po’ troppo.

<<Quelli sono stati dei passaggi dolorosi (ride), avete sofferto quando avevate dei Papi un po’ terribili. Oggi abbiamo un Papa rivoluzionario, ecologista, che dice che per fermare il terrorismo bisogna fermare la miseria e il sottosviluppo del terzo mondo>>.

La parola del mese di Tyche Magazine è ARDORE. Se ti dico ARDORE cosa ti viene in mente?

<<Oggi la malattia di tantissimi italiani, e giovani in particolare, è la mancanza di ardore. La scuola non insegna più la passione, la Tv non sprona ad appassionarsi. Ci sono solo Talent, che comunque sono un passo in avanti rispetto agli altri programmi. C’è un progresso tra un’Isola dei Famosi che seleziona le persone per loro grande imbecillità e un format che chiede alle persone di mostrare i propri talenti. Vedo che milioni di italiani vivono in una situazione di disperazione, ma stanno succedendo cose importanti in Italia e nel mondo. Basta pensare che noi siamo uno dei paesi al mondo con il più alto numero di volontari e che, secondo una statistica di cui si parla poco, una famiglia italiana su cinque ha adottato un’altra famiglia. Cosa sarebbe stata la crisi in termini di disastro umano senza questo esercito di persone che hanno donato amicizia, tempo, denaro, affetto, ascolto alle persone in difficoltà?>>

Insomma un incontro in cui pensieri e parole sono belli quasi quanto una canzone di Lucio Battisti.

Kruger Agostinelli

Foto Federico De Marco

Tyche Live, il viaggio continua verso “l’isola che non c’è”

in Cultura da

Tyche Live? Beh certo, non dovevamo andare sulla luna, ma questo contrasto fra un progetto in divenire e gli ingredienti classici ma mai superati delle emozioni ci sembrava un buon motivo per provarci. Del resto una giornata cominciata di fronte ad un quotidiano mascherato di giallo con il logo Tyche Live, una diavoleria grafica ben riuscita del nostro Marco Amato, era un buon assist. Sì, perché i colori piacciono, come il rosso di quelle ciliege troppo buone per non essere mangiate che Lavina, la nostra segretaria di produzione, ha generosamente fatto circolare ed assaggiare in redazione. Intanto Yuri, dal nome di uno che la luna l’ha vista sul serio da vicino, ha coordinato da vero pioniere navigato tutta la parte tecnico audio. Il duo Marco & Marco (Marcoaldi & Torresi) a cercare di convincere il web a fare il suo dovere per entrare e uscire dai nostri computer catturando tutto quello che è suono e parole e rilanciarlo di nuovo nella rete internet. Ci sono stati inconvenienti ma capita quando siamo in troppi a voler vedere la stessa cosa, ovvero noi e tutto quello che stava succedendo. Ed accanto alla finestra che si è aperta davvero, un trio formidabile grazie a Mark Zitti, Mauro Rosati e la gentile apparizione dell’amico Matteo Borghi. Musicisti capaci di giocare con la musica e renderla contagiosa da “One” degli U2 in apertura, alle note dei Pink Floyd che insieme ad un repertorio eccellente di musica italiana, è nata quella chicca di “Ciao amore ciao” di Luigi Tenco, talmente bella che alla fine Matteo Borghi l’ha replicata nella notte come canzone di chiusura allo Shada. Poi noi della redazione (Kruger, Emanuele e Michele) indecisi se essere spettatori o protagonisti narranti della storia. E il nostro stupore di fronte alle riprese di quel drone che Julian ha utilizzato per la nostra sigla introduttiva. Non da meno Federico a cui abbiamo affidato il delicato ruolo di essre la memoria delle immagini di questi appuntamenti live. Indispensabile poi l’impegno, non solo economico, da parte del nostro direttore Salvatore Lattanzi nel voler nutrire quell’entusiasmo e nell’affrontare le avventure nuove attraverso queste sperimentazioni della comunicazione. Insomma, il bisogno di aiutare a scuotere le intelligenze creative e le inquietudini artistiche che per fortuna in Italia ancora abbondano. E poi l’ottimismo del nostro amministratore Mimmo Sicolo che vuole cancellare qualche incertezza tecnica che non ci ha fatto arrivare perfettamente visibili a tutti, confermando che ci ha seguito dal suo cellulare con grande soddisfazione. Appunti per descrivere la magia di aprire quella finestra e accendere una piccola telecamera. Un gesto semplice per condividere una gioia ed essere un piccolo graffio nell’infinito. Abbiamo ricevuto già adesioni per i prossimi Tyche Live e vi terremo costantemente aggiornati. Il nostro impegno andrà avanti affinché da quella finestra continuino ad uscire ed entrare nuove energie, un pizzico di intelletto e quella rinata voglia di fantasia. Il viaggio continua verso “l’isola che non c’è”….
Kruger Agostinelli

Foto di Federico De Marco

#TycheLive

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Le vignette di Roberto Mangosi su Tyche Magazine

in Cultura da

Gli amanti della spiaggia e del mare devono adeguarsi alle imprevedibili situazioni meteo. Pronto come al solito il vignettista Roberto Mangosi fotografa con un suo divertente disegno, una delle situazioni avverse. Certo è presto per capire se quest’estate 2015 sarà da passare sotto l’ombrellone o l’ombrello, ma una cosa è certa: anche con il sole  a catinelle bisogna sempre stare attenti alle possibili… onde anomale!

roberto mangosi costume da bagnoDella serie “Voglio andare al mare”, sembra finalmente che il sole stia dando il giusto spettacolo spettacolo. Boom di presenze nelle località balneari marchigiane e non. Ci viene in soccorso il buon Roberto Mangosi che con un’appropriata vignetta, concessaci gentilmente, ci mette del buonumore ed augura a tutti i lettori di Tyche Magazine una buona abbronzatura. Fra i nostri recenti articoli ce n’è uno di Valentina Castelli riguardante proprio l’argomento costumi donna ed in cantiere ne arriverà prestissimo uno maschile che intanto Mangosi prova ad anticipare…

Roberto Mangosi In Vino VeritasChe umorismo e vino siano degli ottimi complici non ci sono dubbi. Al punto che Roberto Mangosi nel 2000 è arrivato primo al Concorso Nazionale di Umorismo e Grafica “In Vino Veritas” di Siena. Ci fa pubblicare questa sua vignetta in occasione delle Cantine Aperte 2015, una manifestazione per appassionati e non, che si svolgerà sabato 30 e domenica 31 maggio. Ben 730 aziende in tutta italia inviteranno gli appassionati ad assaggiare i loro vini migliori. QUI per saperne di più.

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Lunedì vade retro! Si rifà al versetto biblico secondo la traduzione latina. Insomma uno dei possibili modi con cui esorcizzare l’arrivo implacabile del lunedì. La vignetta, concessa ed autorizzata ufficialmente da Roberto Mangosi è della sua produzione 2015 per Ohmygoodness. A proposito Roberto ci ricorda che OMG si pronuncia “ohmaigudness”, non “ohmaigadness” perchè quello vuol dire un’altra cosa e chi sa l’inglese non comprende bene.

KAMA 02 X01 - Sheep Pos Ks1300 riadattatoEcco un’irriverente vignetta di un Roberto Mangosi d’annata, è del 1996. Un enorme successo internazionale grazie al portale ohmygoodness, sito di cartoline elettroniche. Stiamo parlando di “Crazy Kamasutra” e dire che erano dei vecchi disegnini goliardici di quando era malapena maggiorenne.  Vignette che sono uscite in un libro edito in Portogallo. A breve sarà edito un Crazy Kamasutra del terzo millenio, più moderno e high tech, insomma famolo strano fra selfie e tecnologia avanzata. Siamo felici di poter pubblicare una delle sue opere che ci ha gentilmente concesso. E la promessa di avere un’anticipazione dei suoi prossimi disegni.

vignetta tyche 2Roberto Mangosi ha accettato spontaneamente, e da buon amico delle nuove idee stimolanti, di collaborare periodicamente con Tyche Magazine. Non solo, c’è pure la promessa di venire una volta in redazione e disegnare in diretta streaming. Un onore avere a disposizione una matita così importante: Mangosi infatti è sicuramente fra i disegnatori satirici più popolare italiani, con una discreta ed autorevole notorietà anche internazionale. Uno stile jacovittiano capace di procurare un intelligente buonumore sia su temi di attualità che di costume. Del resto la vignetta è uno degli ingredienti maggiormente funzionali al diritto di satira. Spesso irriverente e provocatoria, colpisce il segno, senza mezzi termini. Potente e dissacratoria, riesce a semplificare il bisogno di ribellarsi ai luoghi comuni e alle ingiustizie quotidiane. Fra le sue collaborazioni attuali e passate figurano Huffington Post, Playboy, Il Male, La Settimana Enigmistica, Linus, Domenica Quiz, Gente Enigmistica, Il Giornale d’Italia, PM e Calcio Illustrato. E’ stato Art director e principale vignettista del sito umoristico Internet www.ohmygoodness.com, terzo spazio web al mondo in materia di cartoline virtuali fino al 2002, con oltre tre milioni di accessi mensili. Per la cronaca, il suo “Crazy Kamasutra”, oltre ad essere stato pubblicato in diversi paesi, è stata una delle opere più diffuse sul web. Vanto personalmente di averlo avuto in coppia con me e Pino Scaccia nel “filo diretto” sulla newletter “Kruger MailJockey” in diversi importanti periodi. Carriera, premi (fra cui la Biennale internazionale dell’Umorismo nell’arte di Tolentino) e lista di musei in cui sono esposte le sue opere sono consultabili sul suo sito www.robertomangosi.com . Benvenuto con noi Roberto.

Kruger Agostinelli

 

la redazione di Tyche diventa Live venerdì 5 giugno

in Cultura da

Tyche live logoTyche Live, ovvero quando una redazione prende vita trasformandosi in un palco. La prima è stata fissata per venerdì 5 giugno 2015 dalle ore 17 in poi. Perchè quando un progetto editoriale non si limita a raccontare l’evento ma vuole crearlo, allora le scrivanie fanno spazio agli strumenti musicali. L’idea è ispirata dalle esibizioni più memorabili dei giganti della musica, i Beatles e gli U2 che cantano sui tetti. L’intento non è certo emulare ciò che è inarrivabile. Però sfruttando la posizione dell’edificio di corso Vittorio Emanuele a Civitanova, orientata verso piazza XX settembre, dove ha sede la redazione, si è pensato di sfruttare la presenza non solo di musicisti, ma anche protagonisti di qualunque forma artistica da intervistare per farli esibire. Tutti rigorosamente live ed in diretta streaming sul sito tychemagazine.it. Appuntamenti che avranno una cadenza quindicinale e di cui saranno fornite, di volta in volta, tutte le informazioni. Si partirà con Mark Zitti e altri ospiti. Ma chi si vuole proporre per un’esibizione live, non deve far altro che prendere nota dell’indirizzo mail redazione@tychemagazine.it, mandando il suo curriculum. La redazione è in un edificio che ricorda la prua di una nave. Non esiste un mare che non vogliamo solcare.

#TycheLive

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Gli Stadio riscoprono il club, intervista a Gaetano Curreri

in Arte/Cultura da

Grazie al Donoma di Civitanova gli Stadio si concedono un fantastico e raro concerto in un club. Gaetano Curreri duetta immediatamente fra parole e canzoni con un pubblico letteralmente innamorato delle sue. Tanto per dirlo come il titolo del tour 2015, Canzoni. Si canta insieme e si trova una complicità che parte da lontano. Ogni brano sembra essere pescata da ricordi personali in cui ognuno sembra immergersi. Il sound stesso degli Stadio è volutamente ancorato con il cuore e l’anima dentro gli anni Ottanta, con tanto di appassionati assoli di chitarra. “Sorprendimi”, “Ballando al buio” e l’omaggio sia a Carlo Verdone con “Acqua e sapone” che soprattutto a Lucio Dalla con “Anna e Marco”. Molto più di un grande successo, c’erano le emozioni vere della gente e quelle non stonano mai.

Un invito ad ascoltare il video con l’intervista esclusiva a Gaetano Curreri.

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Colombari, Scaccia e l’attimo fuggente al gala di Tyche

in Cultura/Giornalista e dintorni/Il meglio di Re Gurk/Le parole che graffiano/pino scaccia da

Quel tocco delicato di Martina Colombari sull’iPad ed ecco online il Tyche Magazine. Una ragione in più per credere davvero che il virtuale quando si fonde con il reale, è davvero una bella cosa. Una festa per un’idea che ha preso forma, strana ma privilegiata vederla dalla prospettiva dell’alto di un palcoscenico. Una platea attenta che ha saputo rendere omaggio ad ogni proposta della serata dai sapori degli ottimi chef del Donoma, alla musica mai invadente, anzi piuttosto complice, del Leo Maculan Band. Poi lo spettacolo fatto di bellezza e parole, di sogni e ricordi. Lei Martina che dopo essere stata intervistata, si rimette a sua volta a fare la domanda del COME a tutta la redazione ed uno di noi gli risponde con un disarmante, ma troppo simpatico, “come sei bella” .Poi il carisma di quel Pino Scaccia che, da consumato e poliedrico cronista, sfodera nei racconti di vita vissuta e ricordi mai dimenticati nella sua lunga carriera marchigiana. Nulla sembra banale ed ogni cosa detta sembra avere un valore, un senso, una direzione. Per fare tutto questo ci vuole “coraggio”, dice con ammirazione il Sindaco Tommaso Corvatta, ed anche il suo non è un discorso di circostanza, piuttosto un invito a continuare in questa direzione. Mimmo Sicolo lo rassicura “siamo qui per crescere”. Da parte sua il direttore generale Salvatore Lattanzi digita nella notte fonda alla redazione: “Abbiate sogni anche per chi non ne ha, perché di fiere rigenerante siamo colmi. Abbiate, miei capitani quel che di pieno intendiamo riempire questo mondo. Abbiate Tyche in voi perché ultimo fine per noi rappresenta. Buonanotte eroi”. Sembra quasi di essere entrati magicamente nella pellicola de L’attimo fuggente dell’indimenticabile Robin Williams ed è questo un gran bel segnale…

Kruger Agostinelli

TYCHE, cercasi significato

in Cultura da

Tyche, nella mitologia greca è la raffigurazione della fortuna. La divinità tutelare che presiedeva la prosperità delle città e degli stati. Non si sono mai sviluppati dei miti epici su Tyche, e nella sua figura domina sempre l’astratto, il concettuale. Attenzione comunque perché Tyche è pure il nome che hanno dato ad un possibile pianeta gigante gassoso ai margini del nostro sistema solare. Addirittura ambisce al posto di pianeta che Plutone ha perso nel 2008. Quindi non solo potrebbe far tornare ad essere il numero dei pianeti a nove e farebbe retrocedere Giove a non essere il più grande. Se poi ci mettiamo un pizzico di fantasia Tyche(t) potrebbe sembrare un’abbreviazione italianizzata del biglietto d’ingresso ad un evento. Comunque lo vogliate interpretare, vi suggerisco di soffermarvi su quel quadrato esterno rosso, in una direzione volutamente esclamativa. Perché? Quelli siamo noi della redazione TYCHE alla costante ricerca di notizie capaci di generare vivacità nei sensi. E’ l’impegno di materializzare notizie ed idee sia attraverso un portale internet, dove proporremo quotidianamente suggerimenti. Ci soffermeremo su tutto ciò che condiziona e stimola il nostro stile di vita. Ci aggireremo alla ricerca di intrattenimenti diurni o notturni fra mostre e concerti, cultura e svago. Parleremo di moda e tendenze confrontandoci fra chi lo interpreta come mestiere e chi lo consuma sia quotidianamente che nei momenti cosiddetti speciali. Poi ci soffermeremo su quell’arte del bere e del mangiare che cerca un equilibrio fra benessere e piacere. La riscoperta infine di una regione che necessita di avere continuamente uno zoom sui luoghi che meritano di essere vissuti e riscoperti. Insomma tutti elementi che quantomeno possono aiutarci a vivere meglio insieme. I personaggi, i prodotti e l’ingegno di una terra marchigiana che vogliamo, attraverso una semplice ma necessaria regola giornalistica, raccontare anche attraverso la vostra complicità. Who? («Chi?»), What? («Che cosa?»), When? («Quando?»), Where? («Dove?») e lasciando infine alla libera interpretazione di chi scrive e di chi legge il Why? («Perchè?») Inoltre mensilmente Tyche poi si trasforma in un tabloid cartaceo, che vorremmo che voi collezionaste, con otto pagine di approfondimento ed un tag di riferimento su cui pensare, riflettere e filosofeggiare. Si inizia con il termine COME. Noi per ora partiamo ma che nessuno si senta escluso…

Kruger Agostinelli

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