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Paolo Ruffini paladino della comicità stile “Benvenuti al Centro”. L’intervista aspettando Tyche Friday

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Paolo Ruffini lo rintraccio telefonicamente e mi adopero per parlare con lui di tutto. Parlare del “senso della vita”, poiché mi ricorda una sorta di Monty Python toscano. Le sue sono risposte acute e mai scontate, che ci permettono di farvi conoscere un po’ di più questo personaggio, che dimostra di sapersi districare bene fra schermo e palcoscenico. In attesa di vederlo protagonista venerdì 1 aprile al Tyche Friday, show live del Donoma di Civitanova.

Paolo Ruffini, per un artista eclettico come te chi vince nell’eterno conflitto fra palcoscenico e schermo?

<<La cosa che credo mi diverta di più è stare sopra il palcoscenico, per un semplice fatto che lì hai la possibilità di trovarti di fronte ad un pubblico, mentre la televisione non ti permette ovviamente questo tipo di rapporto diretto. Il palco è una responsabilità. Chi fa questo mio lavoro si sente insignito di un dovere nel confronti del pubblico che per assistere allo spettacolo decide di uscire di casa, la sera, e magari piove pure! Poi il teatro è una delle forme di comunicazione più costose. Se però dovessi farti una classifica non saprei cosa scegliere, perché anche il cinema mi lusinga molto. Ecco, è un po’ come scegliere la stanza più importante di una casa. Tutte sono utili a seconda della giornata!>>.

Siamo in tempi di guerra. Pensi che un sorriso possa essere ancora un buon antidoto?

<<E’ una risorsa, una terapia, è una soluzione fondamentalmente. Sarebbe bello riuscire a far abbassare un’arma con un sorriso, ma non sempre ci si riesce. Per me il modo migliore per risolvere la violenza è sempre con una carezza o un abbraccio. La violenza è molto spesso determinata dalla mancanza di amore, una parola che nel mondo è ormai quasi desueta. Tanti anni fa si diceva che l’amore era una parola banale, ma è ora talmente banale che manco la si sente più pronunciata. In realtà non è banale: è una parola semplice come bontà. E’ una strana razione dell’essere umano. Se per la strada vediamo due ragazzi che si baciano ci scandalizziamo ma se quei due ragazzi si picchiano siamo pronti a tirare fuori il telefonino per riprendere la scena>>.

Quasi una citazione alla John Lennon. Cambiamo discorso: non ci sono troppi toscani comici in questo periodo?

<<Non credo, dici? Credo invece che la hit spetti sempre al sud in quanto a comicità. Nel cinema i risultati più straordinari ce li hanno Alessandro Siani, Ficarra e Picone, Checco Zalone o Vincenzo Salemme, per citarti alcuni nomi. Non i comici del centro o del nord. Nei comici meridionali c’è una grande musicalità e capacità di accaparrarsi il favore del pubblico. Quanto sarebbe bello fare anche un “Benvenuti al Centro” sul grande schermo!>>.

A proposito di “regionalità”. Cosa ti fanno venire in mente le nostre Marche? Hai aneddoti legati a luoghi o persone?

<<Sì, ho belle situazioni legate a dei teatri che ho avuto modo di scoprire a Fermo, a Senigallia o alla bellissima arena all’aperto a Porto Recanati. E’ bello per me visitare una regione così viva anche dal punto di vista comico. E, come in tutta l’Italia, c’è una grande tradizione enogastronomica. Sono un appassionato di cucina e di vino>>.

Giorgio Montanini, quello di Nemico Pubblico, ha detto che <<l’esperienza di Zelig e Colorado dal punto di vista artistico è stata totalmente negativa. L’impostazione dei due programmi è basata su “Questo in Tv funziona, questo non funziona”. Invece la prima domanda che dovrebbero porre un comico è: “Hai qualcosa da dire?”>>.  Cosa ne pensi di questa affermazione ora che ti tocca giudicare i giovani aspiranti su “Eccezionale veramente”?

<<Tu prima mi citavi John Lennon. Io ricambio con Madre Teresa, quando diceva “Non invitatemi mai ad una manifestazione contro la guerra ma se ne organizzate una a favore della Pace, invitatemi”. Ecco, io sono stanco di essere sempre contro qualcosa, mi piace essere invece a favore. Non mi riferisco a lui o a nessuno, ma detesto la spocchia abbinata alla comicità: non c’è una comicità giusta o una sbagliata. Questo perché “Una risata ci seppellirà” ed una risata è una risorsa. Non voglio difendere nessuna trasmissione, ma non mi piace quando si giudica il pubblico che la guarda. Non credo che la comicità deve dire sempre qualcosa ma può anche essere fine a se stessa. Se poi è in buona fede non può essere mai sbagliata. Non deve quindi avere sempre un contenuto, anzi tante cose che mi fanno ridere non ce l’hanno proprio. Montanini è molto pungente, estremamente colto e fa una grande satira, ma ognuno ha la sua peculiarità. Non mi piacciono le classifiche tanto che non credo che Bombolo valga sempre meno di Stanlio e Ollio o Franco e Ciccio meno di Alberto Sordi. Tutti i comici sono belli. Anche ad “Eccezionale veramente” faccio davvero fatica a giudicare perché la risata è la cosa più soggettiva del mondo. Basti pensare che l’autore dell’ “Inno del corpo sciolto”, una canzone sulla merda, ha dopo qualche anno vinto un Oscar con un suo film sull’Olocausto… Il pregiudizio è sempre sbagliato, soprattutto nello spettacolo e nell’arte>>.

Promuovi ora il tuo spettacolo del primo aprile. Cosa proporrai al pubblico di Tyche Friday, il venerdì live del Donoma, con il tuo Paolo Ruffini Show?

<<Più che uno spettacolo il mio è un happening. Io lavoro sempre interagendo con il pubblico. Sarà quindi uno spettacolo in totale divenire, un’occasione collettiva e conviviale, dove non si va ad assistere ad uno show ma ad un evento sempre irripetibile, cambiando ogni sera il pubblico. C’è un’interazione dove accadono delle cose, dove invito tutti a tenere cellulari accesi e a sentirsi a proprio agio come a casa. Poi succederanno delle cose che riguardano cinema, magia, sogni e ci sarà anche spazio ad un’irriverenza legata alla sana, sanissima, voglia di prendersi in giro, che molto spesso ci viene a mancare nella quotidianità>>.

Pesci d’aprile inclusi?

<<Mah, speriamo che i pesci siano fritti. Mi piace molto il fritto, anche se so che fa male!>>.

Kruger Agostinelli

PAOLO RUFFINI 1 APRILE 2016 DONOMA CIVITANOVA

Show 15 euro compresa consumazione (ingresso al club dalle 23)

Area Club: Cena servita disco + tavolo + show = 40 euro

Area Ristorante: Cena Servita alla carta (prezzo menu + 10 euro per Show oppure 20 euro Show + tavolo)

Donoma Sound Theater and Food, via Mazzini 43, Civitanova Marche (MC)

Info e prenotazioni 0733 775860

Dopo mezzanotte e mezza, Formula Disco con dj’s Davide Domenella & Aldo Ascani Donne ingresso gratuito – Uomo 10 euro (compreso consumazione)

 

Non è Pasqua senza pizze di formaggio! Ecco le ricette per tutti i gusti

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pizza formaggio 2Ebbene sì! Pizze al plurale perché ogni marchigiano ha la sua ricetta. Da mamma, zia e zia acquisita ai fornai/pasticceri (più fornai che pasticceri) fino ai venditori di cose buone. Passando per il libro cult di Marcella Hazan, che si chiama Marcella Cucina. Un cult quasi come lei. O da mia nonna Agnese, jesina doc, e dalla ricetta tramandata, fino a mia mamma Marisa.

Ma chi è Marcella Hazan? La musa/cuoca di tutti i gourmets americani. Dopo Giulia Child è arrivata lei. Un’elegante e gentile signora, curiosa e tenace. La marchigiana pizza di formaggio è una delle tante ricette italiane tipiche che Marcella ha “semplificato” e reso di facile realizzazione. Nel 1996 abbiamo passato insieme tre giorni a cavallo di Pasqua. Io, Marcella, suo marito Victor e la mia famiglia. Tre giorni a girare le Marche alla ricerca della ricetta perfetta. Abbiamo infornato su due piani di casa e tre forni. Riempito congelatori. E poi lei ha deciso. Quella della mia mamma è la ricetta che ha pubblicato su Marcella Cucina e si chiama Osimo Easter’s Cheese Bread. Ci credete che me ne sono accorta solo oggi, dopo 20 anni? Parlando con mamma e ritrovando il libro di Marcella.

Questa pizza ha origini pastorali e contadine. Cominciamo con la ricetta di nonna Agnese raccontata da mamma. Per poche persone lei impasta 3 uova, 1/2 etto di lievito di birra sciolto in mezzo bicchiere di latte tiepido, con 1/2 bicchiere di olio evo, sale e pepe, 75 g di pecorino e parmigiano grattugiato e 50 g di emmental o gruviera a scaglie, un pizzico di zucchero e farina quanto basta. È il suo occhio a decidere quando è ora di infornare e di sfornare. Zia Maria Grazia (zia Mariola per tutti) ha conservato la ricetta della mamma e me la racconta così: <<Gli ingredienti, in genere, sono sempre quelli ma io metto il doppio di emmental e pecorino e quando la voglio più ricca al posto dell’olio uso il burro. La porto a tavola la domenica di Pasqua con la frittata con le erbette che è tipica di Jesi. Se vai da Ivo trovi i mazzetti già pronti>> (Ci sono andata. Ivo, via San Giuseppe al numero 22 , per la cronaca, è un frutta e verdura piccolo che si approviggiona dalle campagne).

Zia Leonella a Polverigi (la zia acquisita), invece la fa con solo pecorino romano grattuggiato e tanto pecorino fresco. Qualche consiglio per il procedimento? Ma che domande? Ad occhio! La Osimo Easter’s Cheese Bread è famosa, oltre che per la pizza di Osimo nel libro di Marcella Hazan, anche per la ricetta di Natalina che Marisa della Tavernetta fa in versione arricchita con noci e nocciole che con il formaggio “cantano”. Natalina non usava emmental o gruviera così come tanti che addirittura denunciano il fatto che era impossibile, negli anni passati, reperire formaggi svizzeri. Quindi l’introduzione “estera” è stata fatta in tempi moderni. Forse perché, come mi racconta sempre Marisa, l’emmental e la gruviera non reagiscono al lievito e all’impasto, non colorano di rosso la pizza e non si sciolgono al calore. Fanno, invece, quei buchi golosi e “formaggiosi”. Al posto degli “svizzeri” Marisa mette il pecorino a latte crudo a scaglie, e grattugiati romano e parmigiano. Qualche goccia di Varnelli firma la marchigianità della sua pizza.

pizza formaggio 3D’accordo con Marisa sugli “svizzeri’” è il nostro Flavio della Lanterna di Fano. Lui, fedele alla vecchia ricetta, inserisce pezzi di pecorino fresco in abbondanza. Fa meno buchi “spettacolari” ma si riconosce al morso quando la pasta si fa più morbida e saporita. Per Gabriele di Bontà delle Marche ad Ancona la pizza di formaggio vuole la formula del doppio misto. Che non è un torneo di tennis ma il mix equilibrato dei formaggi grattugiati che devono essere uno più stagionato ed uno meno stagionato. Sia Gabriele che Marisa vi offrono la pizza intera, a metà, a spicchi. Tradizione vuole che venga “consumata” durante la prima colazione della mattina di Pasqua con salumi, il salame che ha finito di stagionare e la prima lonza dell’anno. I più audaci la gustano con la coratella d’agnello e la frittata strapazzata con verdure fresche tipo mentastro, borraggine e aglio da taglio. Da non confondere con il mix jesino che contiene anche erbe selvatiche sconosciute i cui nomi sono dialettali tipo caciarola ecc… Se siete parchi, e ne dubito, la pizza di formaggio rimane in dispensa fino a dopo le feste. Di solito si secca. Ed ha un suo fascino anche nel momento della “decadenza”. Ideale per zuppe di verdure e legumi trova il suo apice culinario sbriciolata, scaldata in padella e usata come “parmigiano” su spaghetti al pomodoro o aglio e olio e quello che volete voi.

Mentre la mente mi lavora e impasta la pizza di formaggio faccio una pausa e saluto un amico delle Marche che si chiama Lorenzo Cantoni. Un cuoco umbro giovane e molto capace. Umbertide è la sua città d’origine. Lorenzo ha lavorato la stagione scorsa da Marcello al Laghetto di Portonovo ed ama la nostra terra. Con lui c’è Daniele Lo Cicero. Panettiere, pasticcere, romano e suo socio. Di cosa volete che parliamo? Ma di pizza di formaggio. Così ho anche la versione umbro/romana che prevede lo strutto al posto dell’olio evo. Daniele usa la farina Manitoba adatta ai dolci che lievita più facilmente, uova, latte e cinque diversi tipi di formaggi. Pecorino stagionato, parmigiano, pecorino romano, pecorino viterbese, provola dolce e tanto pepe nero in grani.
A Pasqua ogni panetteria, gastronomia marchigiana, umbra e laziale ha sul banco, insieme alla classica Colomba e alla pizza dolce pasquale (sembra un panettone ma non lo è), la pizza di formaggio. Che sarà sempre e solo artigianale perché l’industria con tutto “sto” formaggio non rischia la conservazione. Buonissime sono quelle classiche tradizionali di Lombardi, sempre ad Osimo, di Cilè a Loreto. Anche i ristoranti si allineano alla tradizione e troverete versioni mignon assolutamente deliziose. Una fra tutte quella di Andreina che si pappa in un boccone.

Sono certa di aver dimenticato qualcuno e qualcosa e di non avre reso giustizia a “tutte” le pizze di formaggio della nostra terra. Scrivetemi su Tyche la vostra che la pubblico molto volentieri. Buona Pasqua!

Carla Latini

(Nella foto la pizza di formaggio di Elide Pastrani, della Lanterna di Fano)

 

 

 

Il Giardino a San Lorenzo in Campo: il valore del tempo e il saper diversificare

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Conosco Massimo Biagiali da quasi 30 anni e sono 45 gli anni del Giardino. Una storia lunga, bella e sempre di famiglia. Difficile resistere di questi tempi rimando se stessi. Quando parlo con Massimo la parola valore si ripete spesso. <<Perché devo venire al Giardino a San Lorenzo in Campo?>>, gli chiedo diretta. <<Perché qui il tempo scorre con i ritmi di una volta. Qui si sente il valore del tempo. Sia umanamente con la gente del posto. Sia attraverso i prodotti, la cura e l’ospitalità. Crediamo nella gentilezza, nell’accoglienza. Nulla può essere lasciato al caso. Il cliente che soggiorna qui deve sentirsi coccolato. Anche il fatto che scegliamo le materie prima di qualità. quelle artigianali vere, è un segno di rispetto e riguardo. Una filosofia di vita che ci contraddistingue da sempre>>.

La storia del Ristorante Hotel Giardino è nota a tutti i buongustai. Mamma Efresina, la mamma di Massimo, è stata una cuoca molto illuminata. Fedele ai prodotti del territorio che lavorava con una mano delicata. Una cucina tradizionale saporita ed elegante. In breve tempo il Giardino diventò meta di pellegrinaggio di tutti quelli che volevano gustare la cucina di Efresina. Felice io di averla provata varie volte. Le sue paste ripiene, la sua cacciagione sono passate alla storia della cucina italiana. Una cuoca così brava, una lavoratrice instancabile che Roger Vergé (Massimo nel 1987 mandò la mamma a bottega dal più grande cuoco di Francia…) non voleva più far tornare a casa. Dopo un incidente anche il marito di Efresina entrò in cucina. Appassionato di pasticceria fece corsi professionali spinto da Massimo. Ecco perché al Giardino, anche adesso, i dolci sono molto buoni. E Massimo? Dopo la laurea decise che doveva rimanere a casa e coltivare l’enorme patrimonio che mamma e papà avevano e stavano creando. Segue tutto come supervisore e si avvicina, tramite amici cuochi come Paolo Teverini e Gianfranco Bolognesi, importanti e influenti, al meraviglioso mondo del vino. Massimo è uno dei primi sommelier dell’Ais marchigiana. Un vero scopritore di aziende e di talenti. Memorabili sono le cene di cacciagione in abbinamento con calici di pregio.
Ma questo è il passato e gli ho dedicato troppo tempo in queste righe. Con la moglie Patrizia ed il figlio Paolo è già da un po’ Massimo sta applicando il verbo “diversificare”. Che comincia con un “camion che cucina il gusto della vita”. Vogliamo chiamarlo “Biagiali mobil”? Non è un catering ma vera e propria ristorazione. Non è cibo di strada tipo “furgoni americani”. Il “Biagiali mobil” propone panini con hamburger dove l’hamburger è una grande polpetta fatta come la faceva Mamma Efresina, il pane è fatto con il lievito madre che vive a casa Biagiali da anni e che si chiama Toni. Poi c’è la pizza, fatta sempre con Toni, le olive ascolane. Dove si ferma il “Biagiali mobil”? <<Nei luoghi del mondo del vino>>. Potevamo avere dubbi? Il primo amore non si scorda mai.

Continuiamo ad applicare il verbo: diversificare. Accanto al Ristorante Giardino c’è un bistrot che non è proprio un bistrot. C’è una pizzeria che non è solo una pizzeria. È un posto molto amato da Massimo. Qui educa il palato dei giovani. A sole 22 euro c’è un menu che parte con il “pregustativo” che si può mangiare anche al ristorante e si allarga a salumi e formaggi locali, supplì, olive ascolane, focacce, mozzarelle e pizze farcite con i prodotti di stagione, alici, cipolle e quanto rende appetitosa una pizza (anche qui Toni la fa da padrone). Su tutte regna l’”assoluto di pomodoro”. I pomodori sono quelli dell’orto e il trattamento a cui vengono sottoposti con una caramellizzazione a 90 gradi, insaporiti con la buccia di limone e passati al pacojet, gli permette di essere luminosi e quasi intatti nel loro colore e gusto originale. La pizzeria/gourmet/bistrot è apprezzata dei clienti dell’Hotel che posso cambiare punto di vista gastronomico durante il loro soggiorno. Ricapitoliamo dunque: il Biagiali mobil, il bistrot e…

gelato Il GiardinoCapitolo a parte va dedicato al gelato ed al Giardino dei gelati alle partenze all’aeroporto di Falconara Marittima. Massimo mi racconta che il “pallino” o forse meglio “la pallina” del gelato è sempre stata una fissa di famiglia. Da quando il papà faceva il pasticcere. L’evoluzione che ha portato a prendere il “volo” al Raffaello Sanzio è passata anche per Paolo Brunelli (su Tyche gli abbiamo dedicato diversi articoli). Ma l’impronta è quella di Massimo e di Patrizia. Che è entusiasta di questa avventura. Ci è voluto un po’ prima che i viaggiatori capissero che si può aspettare l’imbarco davanti ad un gelato artigianale di qualità. Ora vanno all’aeroporto anche quelli che non devono partire. Ci sono stata ed ho portato a casa una vaschetta con i gusti Osvalda, Lola, Nocciola e Fior di panna. È da premettere che le basi sono tutte naturali ed i prodotti scelti, dalla frutta 50% l’estate, alle nocciole, cioccolati, pistacchi ecc… sono tutti di assoluta genuinità. I gelati poi sono conservati nelle “carapine”, non nelle vasche aperte. Si conservano molto meglio e più a lungo. Ma torniamo all’Osvalda ed alla Lola. Nocciola e fior di panna parlano da sé. L’Osvalda era una pasticceria a Pergola, ora non c’è più, che faceva un dolce originale. Unico nel suo genere. Un semifreddo con la giunduia, i pavesini, il vino di visciole, il cioccolato. Il gusto Osvalda ricorda quel sapore. Ricordi d’infanzia per Massimo. Al posto dei pavesini ci sono i biscotti di farro. La Lola è un gusto dedicato ad una bimba. Un gusto delicato che unisce il fior di panna con nocciole, cioccolato e frutta colorata. Delicato e complesso al tempo stesso. Avrete capito che d’ora in poi il gelato si compra all’aeroporto… Fate in tempo anche a non pagare il parcheggio! Qui trovate la stessa gentilezza e simpatia che trovate al tavolo del Ristorante Giardino. Di cui ho scritto molto poco. È la storia che parla. Nella cucina c’è l’anima felice di Efresina. Cambiano i mezzi tecnici ma non le idee scaturite dal cuore. Patrizia è la signora della sala. Massimo fa la spola fra sala e cucina. Tutto è scandito dal valore del tempo.

Per concludere con il verbo “diversificare” so che è un grande piacere per Massimo raccontare che Paolo è presente saltuariamente al Giardino. Gestisce un hotel a Madonna di Campiglio. 50 camere e più di 40 dipendenti. Massimo ci tiene a precisare che, lì fra le Alpi in una cultura gastronomica lontana per ricette e ingredienti, è fiorito un ‘Giardino’ tutto marchigiano. Ed a proposito del valore del tempo, fra qualche giorno è Pasqua. Se fate in fretta potete prenotare le Colombe del Giardino. Le trovate sul sito http://www.hotelgiardino.it/ Da Mamma Efresina che il giovane Massimo mandò da Roger Vergé e lui non voleva più farla tornare a casa. A Paolo Biagiali che gestisce anche un Hotel a Madonna di Campiglio con 50 camere e più di 40 dipendenti.

Carla Latini

Storie di cucine e brigate. Errico Recanati sceglie la marchigiana Caterina Moss Gasparri

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Ho il privilegio di gustare spesso la cucina di Errico Recanati da Andreina a Loreto. Sto bene lì con Ramona che mette a suo agio i miei amici. Il suo, quello della sala, ne ho già scritto su Tyche (QUI), è un lavoro che si fa o per passione o per amore. Così come quello del cuoco.

Piatto Errico RecanatiL’ultima volta, giorni fa, lo stesso Errico mi spiegava come coniuga, mentalmente, la sua fantasia e la sua inventiva con la tradizione che si respira accanto alla brace ed alla griglia. Da Andreina si può fare metà, metà o tutto creativo o tutto tradizione. Qualunque siano le vostre preferenze le entrée della Famiglia Recanati arrivano sempre al vostro tavolo. Sono prima da guardare perché molto belle, poi da annusare perché le calde sprigionano grandi profumi, da assaggiare e da incrociare. Da mangiare con le mani leccandosi le dita. Anche se diverse fra loro per temperature, consistenze e materie prime. Un bel gioco tanto per cominciare. Il mio consiglio, se mi permettete, si rivolge ai primi piatti. Ho mangiato un brodo di cipolla di Suasa cotta sotto la cenere con raviolini di fagianella e fegato grasso di grande impatto emotivo.  E poi fatevi pure un piccione allo spiedo. Semplice semplice solo con un filo di sale. Ovvio se la vostra scelta di vita ve lo permette. Potete seguire anche un percorso alternativo. Che sarà dello stesso valore di quello “carnivoro”. Ma chi va da Andreina ha già fatto la sua scelta di vita.

Sapevo da amici comuni che nella cucina di Errico ora c’è Caterina Moss Gasparri. Ma quando l’ho vista a fine cena, bella come il sole, con il suo sorriso di bimba, mi si è aperto il cuore. Cuore di mamma. Che ci posso fare? Dopo il diploma ad Alma (la scuola di cucina più ambita dagli aspiranti cuochi di ogni dove guidata dal rettore Gualtiero Marchesi) si è incamminata verso orizzonti che le hanno aperto ancora di più la mente. La sua strada professionale è piena di tappe splendide, invidiabili, emozionanti, costruttive. Alla tenera età di 26 anni, da compiere a breve, ha un concetto materico della cucina come fosse una cuoca adulta. Ama Antonia Klugmann che considera la sua guida di cucina. Si è fatta 7 mesi al Noma da Renée Rezdepi. Lo chef più premiato al mondo. Per poi decidere che quella non era la sua cucina. Non imparava nulla ma eseguiva come in una catena di montaggio ricette fatte con erbe, licheni, alghe. Procededimenti segreti di umidificazione e macerazione. C’era solo il pro di essere nella brigata del ristorante internazionale, riconosciuto da tutte le guide come il luogo della sperimantazione pura. Dell’avanguardia. Ma la ragazza è intelligente e quindi decide di mollare. Tornata in Italia ha la gioia di essere del gruppo del Metropole di Venezia che in quel momento prende la prima stella e di far parte della rinnovata squadra del Ristorante Borgo San Jacopo a Firenze. Credo che Errico la seguisse da un po’. Poi, e qui ci metto del mio perché non ho chiesto come è giusto che sia, ci sarà stato un incontro di fronte ad uno spiedo fumante e ad un calice dei vini di Ramona. Errico è contagioso. Con la sua esuberanza. Lei è una lavoratrice caparbia e costante. Una ragazza forte che non teme la fatica e le sfide. Che Errico le mette di fronte per farla crescere e per dare al locale altri stimoli. Come i petali di rosa essiccati la sera di San Valentino. Di memoria rezdepiana, se si può dire così. Con Caterina in cucina e Ramona in sala Errico ora prova (ho scritto prova, attenzione, perché Andreina è sempre pieno, per fortuna), a portare la sua professionalità, richiesta, in paesi lontani che stanno apprezzando la vera cucina italiana. Dulcis in fundo forse non sapete che Caterina è marchigiana, vive a Montecassiano. Una ragione in più per gustare le ricette di Errico con la sua collaborazione. Tanto per fare del gossip che mi fa sempre piacere fare, l’avrete vista su Canale 5 nel programma del Maestro Marchesi il Pranzo della Domenica duranta la puntata dedicata alla scuola di Alma. Dalle Marche il tifo per lei era da stadio! Se Marchesi l’ha voluta in trasmissione con lui ci sarà un perché. Ed ora vola Caterina che con Errico sei in ottime mani!

Carla Latini

Ecco i 12 segreti per invecchiare felici… mangiando e bevendo

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Il tempo passa per tutti, lo sappiamo, ma facciamo spesso finta che non sia vero. Dormiamo in un sogno utopistico nel quale siamo immortali. Parlando di cibo, vino e vita, ho scambiato due parole con il dott. Francesco Guidi, amico d’infanzia, responsabile del reparto di Degenza post acuzie del Geriatrico di Ancona dell’Inrca.

Chi meglio di lui, che cura e sta accanto agli anziani e alle loro famiglie, può indicarci una linea guida che tenga conto come lo scopo principale, oltre alla salute, sia lo stare bene con se stessi e con gli altri? Svegliarsi felici di esserci. E addormentarsi per lo stesso motivo. Dialogando con Francesco Guidi abbiamo toccato l’argomento, direi gli argomenti, dividendoli in punti che ora trasformo in “segreti”. Così diventano più stimolanti. Attenzione amici cari, si parla di alimentazione per anziani ma questi “segreti” valgono per tutti. Perché, come mi ha spiegato, gli anziani sono un po’ come dei bambini e devono alimentarsi come loro. Quindi poco, spesso e di tutto! Che sia fresco, stagionale e locale. Il nostro Mauro Mario Mariani approverà certamente (di lui potete invece leggere QUI).

Il segreto numero 1: l’ideale sarebbe avere sempre qualcuno che prepari da mangiare. L’anziano, spesso solo, si trascura e mangia male. L’alternativa potrebbe essere che qualcuno gli prepari dei manicaretti e glieli porti. Anche solo il momento di un breve incontro renderà il cibo ed il pasto più gradevole.

Il segreto numero 2: la bocca e i denti. Per apprezzare il cibo e goderne dobbiamo fare in modo di arrivare ad una età avanzata senza perdere la possibilità di masticare. La masticazione stimola e attiva anche il cervello e favorisce la digestione. Si eviteranno così pancotti e minestrine fatte con il dado che sono la peggiore cosa che un anziano, ed un bambino, possano mangiare.

Il segreto numero 3: bere molto e spesso. Questo vale per tutti. Tisane, the, succhi di frutta naturali e non industriali. Con l’età che avanza si riduce la percezione della sete. Salta la regolazione dei liquidi nel nostro corpo. Per cui bere molto deve diventare una piacevole abitudine.

Il segreto numero 4: mangiare di tutto, assaggiare tutto. Togliersi qualche sfizio ogni tanto. In casi di malattie come diabete, ipertensione, insufficienza renale bisogna seguire la dieta data dal medico senza mortificare il gusto. Se, ad esempio, si soffre di glicemia alta non va eliminata la pasta, che va cotta al dente e mangiata al dente, ma andrebbero eliminare i dolci confezionati, le brioche e tutte quelle “diavolerie” industriali ricche di zuccheri “cattivi” e chissà di cos’altro.

Il segreto numero 5: durante il giorno, almeno un pasto, deve contenere le proteine nobili. Carne, pesce, legumi come fagioli e lenticchie. Le proteine nutrono senza appesantire e sono gradevoli anche con cotture semplici condite con olio extra vergine d’oliva italiano.

Il segreto numero 6: l’allegria. Il cibo è allegria. Con allegria impegnarsi a cercare solo cibo di qualità. Fresco, locale e stagionale. Un impegno costante per la nostra salute, qualsiasi età abbiamo.

Il segreto numero 7: la carne. I dati che hanno allarmato tutti derivano da una ricerca effettuata sull’alimentazione negli Stati Uniti e non sulla nostra alimentazione. La piramide della dieta mediterranea prevede il consumo di carne. Che sia locale e controllata. Nelle Marche abbiamo degli ottimi e sicuri allevamenti di bovini, ovini e suini. Un pezzo di carne magra di maiale al forno o in padella con spezie ed erbette è un mangiare sano e buono. Da non trascurare pollo e tacchino. Dando la preferenza al tacchino che è difficile da allevare in batteria. Per il pollo valgono gli stessi consigli: che sia locale a filiera controllata. E ogni tanto un polletto allo spiedo, anche quelli del supermercato a filiera corta, va benissimo.

Il segreto numero 8: la prima colazione. Assolutamente vietato saltarla. È quella che ci dà la spinta principale per partire alla mattina. Anche solo per concentrarsi sulle parole crociate o su una partita a carte. Un caffè o un latte e caffè, oppure un the, con pane fresco, marmellata, possibilmente casalinga, e frutta di stagione sono gli ingredienti di una perfetta colazione.

Il segreto numero 9: divertirsi a variare e a cucinare. Imporselo come fosse una delle tante medicine prescritte dal nostro medico. Mangiarsi uno yogurt a metà mattina, un frutto a merenda. Togliersi lo sfizio di un piatto di patate fritte fatto in casa, di una pizza, sempre casalinga, di una crema spalmabile alle nocciole che sia fatta artigianalmente e nel rispetto degli ingredienti utilizzati. E un bicchiere di vino rosso a pranzo e a cena va benissimo sotto tutti gli aspetti.

Il segreto numero 10: cercare il più possibile di non mangiare da soli (questo vale per tutti anziani e non). Se non è possibile organizzarsi con gli amici “delle carte” e cucinare insieme una cena ogni tanto. O un pranzo. Condividere la tavola è uno dei momenti più belli della giornata. Senza Tv magari solo con un po’ di buona musica.

Il segreto numero 11: aiutarsi con integratori naturali e prendere l’acido folico. Quello che prendono le mamme quando aspettano un bambino. L’acido folico è contenuto in tanti alimenti tipo il fegato, i funghi, gli spinaci. Aiuta la mente a rimanere giovane.

Il segreto numero 12: uscire se è possibile di casa o ricevere a casa. Cinema, teatro, università della terza età, palestra. L’ordine è comunicare e scambiarsi compagnia e affetto. Quindi anche un pranzo fuori è la soluzione per vivere una giornata da ricordare.

In conclusione non posso fare a meno di chiedere a Francesco Guidi, vista la sua esperienza, come viene vissuta da parte dell’anziano la figura della badante. Mi risponde così: <<In alcuni casi molto bene. Diventa come il confessore, il medico di fiducia. Diventa stimolante. In altri casi accade l’esatto contrario. L’anziano la vive come un’intrusa e la boicotta. L’ideale sarebbe, alla fine della nostra vita, dividere un appartamento con altri amici anziani come noi, con un paio di badanti fisse che sappiano preparare e cucinare, che ci rallegrino, che ci facciano compagnia e che ci “curino” se ne abbiamo bisogno>>.

Sarà il futuro? Confesso che, con qualche amica ci stiamo già pensando… grazie Dottor Francesco Guidi. È stato un piacere parlare con te. Faremo tesoro, tutti, di questi consigli.

Carla Latini

Alla Bottega di Pinocchio nessuna bugia: un’Osteria dove sono custoditi i segreti della tradizione anconetana

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Si chiama Fabio Fiatti. Avete presente il quartiere di Ancona quello con la statua di Pinocchio che fa marameo? Pochi passi e siete nel cuore dell’osteria La Bottega di Pinocchio che Fabio cura e coltiva insieme alla bella moglie Cristina. Ma che persona è Fabio Fiatti? Spontanea, acuta e piena di carisma. Ha cominciato dal basso facendo il cameriere in uno dei più bei locali della città. Andava a portare lo stoccafisso, dentro le teglie, al forno e poi dopo quattro o cinque ore, tornava a riprenderlo. Da ragazzino era affascinato dalla cucina, dalle mani delle anziane cuoche e delle cuoche della sua famiglia. Poi ha aperto la Bottega del Pinocchio. Era il 1989. Da autodidatta, è cresciuto e nel tempo la Bottega da semplice alimentari è diventata anche una gastronomia. Piatti pronti da asporto. Una bella scommessa per uno come Fabio che porta lo “stoccafisso all’anconetana” nel cuore. Arriva, quindi, il momento, per lui, di decidere che ricetta scegliere. Da quale parte far battere il suo cuore. Mentre parla si emoziona e mi trasmette così tanto il suo amore per questo piatto che mentre assaggio sono convinta, ed è vero, che sto mangiando uno dei più buoni stoccafissi della mia vita. Ma torniamo alla scelta della ricetta definitiva. Da ragazzino vedeva stoccafissi rossi di pomodoro, quasi bianchi perché con poco pomodoro, verdi perché con tante erbette e senza pomodoro. Ha fuso insieme i ricordi dei movimenti delle vecchie cuoche fermando nella mente gli ingredienti principali. Ha incontrato la ricetta storica codificata ed è diventato uno dei soci dell’Accademia dello Stoccafisso (ne abbiamo già parlato su Tyche). Nel rispetto della ricetta storica ha aggiunto tante erbette, sedano e carota. Il suo stoccafisso diventa pian piano uno dei migliori della città. Passano gli anni e la Bottega di Pinocchio cresce. Entra nella brigata anche Andrea, il figlio di Fabio e Cristina. La Famiglia di Pinocchio si impegna con grandi capacità a rendere sempre felice il cliente che esce. Ma a Fabio non basta. Manca qualcosa nella sua vita che vuole realizzare: l’osteria. Prende forma una cucina più professionale, due sale con veri tavoli da osteria con i colori delle favole. In fondo c’è Pinocchio che veglia su di loro. L’Osteria ha lo stile di Fabio. Informale, scanzonato, allegro. I colori delle favole spuntano dal guardaroba, dal bar, dal bancone della gastronomia. Il menu viene raccontato a voce, come nelle vecchie osterie: “oggi ci sono come primi ecc.. come secondi… come antipasti ecc…”. Mi sono fatta portare le alici marinate da loro con i famosi paccasassi del Monte Conero, l’insalata russa di vecchia memoria e lo stoccafisso. Per forza. Mentre parliamo di paccasassi, l’amica che è con me gli chiede: <<ma è vero che ogni anconetano ha il suo cespuglio segreto e non si fa vedere quando va a raccogliergli?>>. Fabio sorride ma non risponde. Ed io: <<ma si possono anche cucinare e non solo marinare in limone e aceto?>>. Mi giro e Fabio non c’è più. Rientra da una porta che da sul retro, sull’orto, e mi porta un ciuffetto di paccasassi appena tagliati. <<Questi qui fuori mi fanno da spia. Come vedo che crescono e sono pronti per il taglio vado a raccoglierli sul Monte>>. Dove non ce lo dirà mai. Segreto di cuoco. Ho scritto la parola cuoco? Mirco Principi è il cuoco, quello “vero” dell’Osteria. Con un passato molto interessante. Fabio e Mirco sono complementari e si integrano perfettamente in cucina. Ognuno ha il suo compito. Tanto Fabio è esuberante, tanto Mirco è timido e schivo. Per questo il primo sta sempre in sala in mezzo alla gente con il figlio Andrea e la giovane Denise Goffi e il secondo sta in cucina con il suo aiutante Miguel Raynoso. Sto così bene che non vorrei andar via. Parlare con Fabio è come vivere la storia dell’Ancona culinaria. Parliamo e parliamo. Ma quando tocchiamo il ricordo di un comune caro amico, Terenzio Montesi, Fabio si commuove ed ha i brividi. <<Non ero nessuno e non lo sono nemmeno ora – racconta – durante una delle prime fiere alle Tredici Cannelle organizzate da Bontà delle Marche (ne abbiamo già parlato su Tyche) avevo partecipato con le mie lonzette di fico. Fatte seguendo un’antica ricetta. Si ferma al mio banchetto un distinto signore. Facciamo due chiacchiere e assaggia una fettina delle mie lonzette. Saluta garbatamente, fa un giro, ritorna e me ne compra tre. Era Terenzio Montesi e la ricetta codificata l’aveva ritrovata lui. Poi siamo diventati amici>>. Abbraccio Fabio e lo ringrazio per questa giornata di stoccafisso, paccassassi, lonzette di fico, emozioni e ricordi. <<Anche la tua trippa è spettacolare, vero? Ne vuoi portare via un po’?>> Come faccio a dire di no? Chiamate Fabio Fiatti all’Osteria Bottega di Pinocchio allo 071 898010  www.bottegadipinocchio.it. Conoscerete un oste, un uomo, che quando vede un ingrediente da cucinare prima ci parla un po’ per capirlo meglio…

Carla Latini

Magritte a Loreto: le piadine che meritano un “pellegrinaggio”

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Loreto sta diventando, sempre di più, un polo di cultura gastronomica di grande livello. Prima di una cena da Errico e Ramona al Ristorante Andreina, è obbligatoria una “pausa pranzo senza eguali” da Magritte. Ma perché Magritte?

matteo fusilloMatteo Fusillo, il patron insieme al giovane Michele, mi risponde diretto: <<Perché amo Magritte>>. Capisco al volo il personaggio e mi piace molto. Schietto, simpatico e soprattutto sincero. Un Francesco Pannofino bello e magro (non me ne voglia Francesco!), con gli stessi occhi interroganti e indaganti. Ridenti anche quando si “scontra amichevolmente” con qualche cliente. Che poi ritorna. Perché è anche bello farsi strapazzare un po’. Magritte a Loreto apre 8 anni fa. Matteo, reduce da un incidente di percorso lavorativo (chi non ne ha avuti vuol dire che non sa nulla della vita), riceve la proposta di prendere in gestione questo piccolo locale che sta proprio sotto porta Romana, a condizione di non fare pizza e panini perché c’è una pizzeria poco più in là. Lui da buon milanese ama i panini e non le piadine. Che fare? Abbandonare l’idea mai! Matteo ha troppa voglia di riscatto. Deve dimostrare a sé stesso e alla sua bella famiglia che è tornato in gara. E vuole vincere. Per prima cosa lavora sull’impasto. Proprio quello che a lui non piace della piadina tradizionale. Ci mette il lievito e sogna le michette della sua Milano. Sogna anche i sapori dei primi panini d’autore che sono nati proprio nella città meneghina. Abbinamenti azzardati, provocanti e, nell’insieme, di grande armonia. Quando Matteo è soddisfatto dell’impasto e raggiunge la sua idea di piadina artigianale (è più mordida, spessa e gaudente) nasce la piadina che si chiama come il locale, Magritte. Che lo riporta nella sua città, nella sua paninoteca preferita. La farcia di Magritte è composta da patè de foie gras, cotto affumicato, brie, insalata e salsa piccante. piadina magritte L’ho assaggiata e merita il “pellegrinaggio”. Così come ho assaggiato la Martina, la preferita di questo momento, che sembra un’amatriciana rivisitata con scalogno caramellato, bacon croccante, pecorino giovane e pomodoro. E’ Michele la mente che inventa le farce. E ce ne sono più di 13. Ovvio, accanto alle azzardate, provocanti e di grande armonia, ci sono le classiche con prosciutto crudo, squacquerone e rucola, mozzarella pomodoro e insalata; ci sono le regionali, fra tutte, visto che siamo su Tyche, vi consiglio quella con il ciauscolo di Brocani, un grande macellaio che a breve sarà su questi schermi, erbette saltate e pecorino giovane. E se volete dare un tocco internazionale alla vostra sosta gastronomica lauretana ordinate i club sandwich: ingredienti di grande qualità (io non amo il tacchino ma questo è buonissimo!) presentazione divertente su un piccolo bancale, stile magazzino dei corrieri espressi e perfetti da portar via. Perché un’altra peculiarità di Magritte è l’asporto. Una telefonata a Matteo o a Michele ed ecco pronte le vostre piadine da mangiare a casa o in ufficio. Buone anche fredde (lo scrivo perché le ho provate), perfette riscaldate da ambo i lati su una padella antiaderente incandescente. C’è anche un’ampia scelta di birre artigianali marchigiane e italiane, vini di ottima beva e, quasi dimenticavo, potete fare tutti gli abbinamenti della vostra fantasia, sfidando quella già molto fervida e intelligente di Michele, sia su piadine e focacce, sia nelle insalate che chiudono il menu di Magritte. Quando Matteo si siede con me c’è anche Lucia. La moglie e la consigliera perfetta. Lucia mi dice che all’inizio temeva che il carattere di Matteo sarebbe potuto essere un ostacolo. Ma perché? Io lo trovo stimolante, pieno di vita. Si va da Magritte anche perché c’è Matteo con la sua verve e simpatia. L’ho ascoltato scherzare, in perfetto spagnolo, con una famiglia di argentini sui nomi degli ingredienti e sui nomi delle piadine. Lo trovo un ottimo uomo di sala e di strada. E sì, di strada! Perché Magritte “esce” sulla stradina sotto la porta Romana. I tavolini sono tanti in autunno/primavera/estate di meno in inverno ma ci sono sempre. E, se non piove, sono tutti occupati. In realtà “esce” sulla strada anche Michele mentre prepara le comande. Accanto alla porta di entrata c’è una grande finestra aperta che dà sulla cucina. Da lì escono i profumi che fanno fermare i clienti. Attenzione solo ad un particolare da non trascurare: una porzione (una piadina) è molto grande e farcita in abbondanza tanto da rimanere a bocca aperta! Sa va sans dir che qui l’altissima qualità della materia prima è una costante tutto l’anno. Per prenotazioni visitate www.piadineriamagritte.it tel. 071 978385. Matteo e Michele vi aspettano…

Carla Latini

Un mazzo di fiori per commuovere Teresa Mannino, mattatrice in “Sono nata il ventitré”

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Teresa Mannino interpreta con vigore e convinzione il ruolo della donna del sud non certamente sottomessa, bensì protagonista nel suo ruolo matriarcale anche a Civitanova. Un gustoso viaggio nei ricordi e le abitudini degli anni ’70 per quantificare tutte le contraddizioni sociali che ora ci appaiono ancora più evidenti e divertenti. Una partenza presa in prestito dalla mitologia greca, con la figura di Ulisse alla luce dei tormenti di Penelope che ne evidenzia tutti i difetti maschili. Mattatrice sul palco e, per sua stessa ammissione, complice della gremitissima platea marchigiana con cui, oltre a ritrovarsi in piena sintonia, ne diventa spietata alleata.

Poi quel mazzo di fiori che le viene omaggiato a fine serata la fa commuovere, dimostrando un’altra preziosa sfaccettatura del suo essere donna. Qui di seguito potrete vedere e sentire un’intervista esclusiva che ha concesso al nostro magazine. Nella quale afferma pubblicamente che <<sembra un paradosso, ma la sincerità può essere male interpretata>>. Eppure qui al teatro Rossini il lungo applauso finale, non aveva altra interpretazione se non quella di un “quanto sei brava Teresa!”

Kruger Agostinelli

(Foto e video Federico De Marco)

 

 

Notonlyspaghetti.com, l’artigianalità viaggia in rete

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Fra Pesaro, Osimo e Parigi è nato, da un’idea di quattro giovani imprenditori con la passione del cibo e di tutto quello che viene realizzato attraverso l’artigianalità che solo l’Italia sa esprimere, un sito di vendita online: Notonlyspaghetti.com. Quindi dalle Marche, passando per Parigi, un altro input positivo all’Italia artigiana. Quella vera.

David (il parigino), Cristian, Nicola e Massimo (i marchigiani) hanno già delle belle e avviate attività, un’età media di 30 anni o giù di lì, e sono pieni di entusiasmo, altrimenti certe imprese non riescono nemmeno a nascere. Hanno unito competenze, doveri, diritti e responsabilità. Nell’anno passato si sono dedicati a cercare, scegliere, assaggiare e, soprattutto, incontrare e conoscere personalmente giovani produttori enogastronomici. Giovani in due sensi: per età anagrafica e perché poco noti al rutilante mondo dei già noti. Nessuno dei loro produttori o partner (i quattro di notonlyspaghetti amano definirli così) è inserito nella grande distribuzione organizzata sia in Italia che all’estero. Va da sé che, siccome il mondo è piccolo, molti dei produttori selezionati sono marchigiani. Potrete rendervene conto da soli facendovi una navigata, senza impegno, sul sito.  I quattro si sono impegnati a fare, per i partner, delle traduzioni in inglese, ad arricchire brevi presentazioni senza pathos e a “rimpaginare” siti obsoleti o, addirittura, inesistenti. Lo scopo è stato ed è quello di far uscire, come protagonista, l’artigiano, la sua personalità e la sua identità al giusto prezzo. In questo modo si innesca, mi dicono i quattro, un meccanismo che fa in modo che la vendita sia direttamente dal produttore al consumatore e che notonlyspaghetti.com funzioni come una piattaforma/vetrina utile per la logistica. La logistica. La brutta bestia! Anello mancante, molto spesso, delle e-commerce.

I quattro aggiungono: <<Notonlyspaghetti vuole rispettare i prodotti artigianali italiani che sono il frutto della tradizione delle persone e del paese in cui vivono. Sono prodotti che raccontano dei luoghi di produzione, di sacrifici e di gioie>>. Sono i prodotti artigianali, e qui rubo le parole di un amico cuoco italiano, Francesco Guarracino, che lavora a Dubai: fatti da quelli che “sorridono mentre lavorano”. Quando ho incontrato per la prima volta Cristian e Massimo ero scettica, lo confesso. Ne ho viste e vissute tante che ero pronta a dire dove poteva fare acqua il progetto. Poi mi hanno fatto assaggiare alcuni prodotti ed un olio marchigiano di cui avevo solo sentito parlare (lo trovate sul sito). Oggi tifo per loro perché più canali alternativi si creano e meglio è per tutti quelli che “sorridono mentre lavorano”.

Notonlyspaghetti.com si rivolge al mercato europeo intero. Ma se siete di casa e non trovate un prodotto che vi piace, scrivetegli e chiedetelo. I quattro accettano, ovviamente con entusiasmo, consigli. In questa sede non posso fare a meno di ricordare, con nostalgia e soddisfazione per esserci stata, Esperya. Il primo sito di cibo e vino di e-commerce italiano. Un fenomeno marchigiano diventato, nel tempo, di proporzioni mondiali grazie alle idee visionarie di un grande che si chiama Antonio Tombolini. Da lì Antonio ha spostato la sua mente illuminata su un altro settore di avanguardia di cui, quando vorrà “darmi udienza” sarò ben felice di raccontarvi. Siamo sempre online ma questa volta di tratta di ebook. Perché Tombolini ora è la Antonio Tombolini Editore. Anche con i 4 quattro Notonlyspaghetti ho parlato di Esperya ma loro erano piccoli a quei tempi e giocavano con il Re Leone e la Play Station. Auguri “magnifici quattro” di Notonlyspaghetti.com. Che il 2016 sia per voi l’anno di conferma che siete sull’online giusto! Per informazioni www.notonlyspaghetti.com

Carla Latini

 

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