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Loreto

Storie di cucine e brigate. Errico Recanati sceglie la marchigiana Caterina Moss Gasparri

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Ho il privilegio di gustare spesso la cucina di Errico Recanati da Andreina a Loreto. Sto bene lì con Ramona che mette a suo agio i miei amici. Il suo, quello della sala, ne ho già scritto su Tyche (QUI), è un lavoro che si fa o per passione o per amore. Così come quello del cuoco.

Piatto Errico RecanatiL’ultima volta, giorni fa, lo stesso Errico mi spiegava come coniuga, mentalmente, la sua fantasia e la sua inventiva con la tradizione che si respira accanto alla brace ed alla griglia. Da Andreina si può fare metà, metà o tutto creativo o tutto tradizione. Qualunque siano le vostre preferenze le entrée della Famiglia Recanati arrivano sempre al vostro tavolo. Sono prima da guardare perché molto belle, poi da annusare perché le calde sprigionano grandi profumi, da assaggiare e da incrociare. Da mangiare con le mani leccandosi le dita. Anche se diverse fra loro per temperature, consistenze e materie prime. Un bel gioco tanto per cominciare. Il mio consiglio, se mi permettete, si rivolge ai primi piatti. Ho mangiato un brodo di cipolla di Suasa cotta sotto la cenere con raviolini di fagianella e fegato grasso di grande impatto emotivo.  E poi fatevi pure un piccione allo spiedo. Semplice semplice solo con un filo di sale. Ovvio se la vostra scelta di vita ve lo permette. Potete seguire anche un percorso alternativo. Che sarà dello stesso valore di quello “carnivoro”. Ma chi va da Andreina ha già fatto la sua scelta di vita.

Sapevo da amici comuni che nella cucina di Errico ora c’è Caterina Moss Gasparri. Ma quando l’ho vista a fine cena, bella come il sole, con il suo sorriso di bimba, mi si è aperto il cuore. Cuore di mamma. Che ci posso fare? Dopo il diploma ad Alma (la scuola di cucina più ambita dagli aspiranti cuochi di ogni dove guidata dal rettore Gualtiero Marchesi) si è incamminata verso orizzonti che le hanno aperto ancora di più la mente. La sua strada professionale è piena di tappe splendide, invidiabili, emozionanti, costruttive. Alla tenera età di 26 anni, da compiere a breve, ha un concetto materico della cucina come fosse una cuoca adulta. Ama Antonia Klugmann che considera la sua guida di cucina. Si è fatta 7 mesi al Noma da Renée Rezdepi. Lo chef più premiato al mondo. Per poi decidere che quella non era la sua cucina. Non imparava nulla ma eseguiva come in una catena di montaggio ricette fatte con erbe, licheni, alghe. Procededimenti segreti di umidificazione e macerazione. C’era solo il pro di essere nella brigata del ristorante internazionale, riconosciuto da tutte le guide come il luogo della sperimantazione pura. Dell’avanguardia. Ma la ragazza è intelligente e quindi decide di mollare. Tornata in Italia ha la gioia di essere del gruppo del Metropole di Venezia che in quel momento prende la prima stella e di far parte della rinnovata squadra del Ristorante Borgo San Jacopo a Firenze. Credo che Errico la seguisse da un po’. Poi, e qui ci metto del mio perché non ho chiesto come è giusto che sia, ci sarà stato un incontro di fronte ad uno spiedo fumante e ad un calice dei vini di Ramona. Errico è contagioso. Con la sua esuberanza. Lei è una lavoratrice caparbia e costante. Una ragazza forte che non teme la fatica e le sfide. Che Errico le mette di fronte per farla crescere e per dare al locale altri stimoli. Come i petali di rosa essiccati la sera di San Valentino. Di memoria rezdepiana, se si può dire così. Con Caterina in cucina e Ramona in sala Errico ora prova (ho scritto prova, attenzione, perché Andreina è sempre pieno, per fortuna), a portare la sua professionalità, richiesta, in paesi lontani che stanno apprezzando la vera cucina italiana. Dulcis in fundo forse non sapete che Caterina è marchigiana, vive a Montecassiano. Una ragione in più per gustare le ricette di Errico con la sua collaborazione. Tanto per fare del gossip che mi fa sempre piacere fare, l’avrete vista su Canale 5 nel programma del Maestro Marchesi il Pranzo della Domenica duranta la puntata dedicata alla scuola di Alma. Dalle Marche il tifo per lei era da stadio! Se Marchesi l’ha voluta in trasmissione con lui ci sarà un perché. Ed ora vola Caterina che con Errico sei in ottime mani!

Carla Latini

Un’H incoronata al piede: sandali d’autore Made in Marche per Ilde Soliani

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Ricordate la mia amica Ilde Soliani e il suo video realizzato per il progetto SensHilde con Mauro Uliassi? Ne ho scritto abbondantemente su queste pagine diversi mesi fa (Lo ritrovate QUI). Le Marche sono per Ilde non una terra di passaggio ma rappresentano luoghi dove fermarsi, incontrare e progettare, bere e mangiare bene.

showroom pignatelliCi sono delle coincidenze e dei segni che non possono essere trascurati. Che diventano segnali precisi lungo un percorso. Nel progetto Senshilde c’è un visual stylist che si chiama Rosario Costantino. Rosario conosce Claudio Postacchini e lo presenta a Ilde. Un colpo di fulmine che va oltre il professionale. Che non fa parte della sfera sentimentale. Claudio Postacchini, per chi conosce il mondo delle scarpe delle “Marche sporche”, ha fondato nel 1996 Officine e Modelli srl con Luca Sabbioni e Massimiliano Caporali. Un gioiello di azienda. Una fucina creativa e di grandissima classe nel mondo delle calzature di alta moda. Officine Modelli produce anche per la Carlo Pignatelli spa per la quale disegna e commercializza scarpe classiche, sportive e per cerimonia, accessori e album fotografici di elevato standing. I due, complici me e la piadineria Magritte a Loreto (vi ho già raccontato di Matteo e Michele Fusillo QUI) si sono incontrati qui. Fra una piadina e l’altra, un club sandwich e bicchieri di verdicchio “lauretano”, lievita, come la pasta della piadina di Matteo, il progetto di Claudio per Ilde. Poi saliamo in macchina e la nostra strada ci porta verso Officine e Modelli a Sant’Elpidio a Mare. Mentre Ilde e Claudio ragionano sui pellami e su dove andrà messa la fibbia con la H di SensHilde e la corona, io passeggio per lo showroom come una bimba nel paese dei balocchi. Adoro queste Marche! Oltre alle scarpe Claudio e company producono per Pignatelli anche una linea da donna che si chiama Jolie. Sandali incastonati dentro gioielli. Ed una linea giovane che si chiama iShu+. Dedicata a chi fa una vita dinamica e cosmopolita. Scarpe a prova di tutto. Che alla sera puoi mettere tranquillamente con lo smoking o con un abito lungo per sentirti come Jessica Sarah Parker in Sex in the City. Le mie mani si fermano ad accarezzare degli album fotografici lavorati uno per uno a mano dai nostri pazienti artigiani marchigiani che si raccontano così: sia la carta interna che le veline che l’esterno sono nati per proteggere e conservare i nostri ricordi più belli… Intanto Ilde e Claudio hanno finito. O quasi. È un grande privilegio per noi che Ilde, Miss Tranchant, abbia scelto Claudio per inventare i suoi sandali “magici” con l’H incoronata. Ilde ritornerà a breve e saranno altri i nostri percorsi marchigiani. Non mancherò di raccontarveli perché è bello scoprire, in viaggio con Ilde, la nostra splendida terra.

Per dovere di cronaca e perché Claudio e i suoi soci meritano lodi assolutamente meritate, le Officine Modelli srl vantano 15 showroom monomarcha e 550 boutique di alta moda nelle principali città di ogni parte del mondo. E scusate se è poco!

Carla Latini 

La Via Maestra a Loreto, un percorso attraverso l’artigianato artistico

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La Via Maestra a Loreto si trova lungo il corso principale ed è un locale unico nelle Marche. Chi lo ha creato (da poco tempo) si chiama Stefano Pantaloni ed è, a mio parere, guidato da una mission etica che gli fa onore. “Sulla Via Maestra” si possono incontrare tanti veri artisti artigiani marchigiani. Conosco Stefano Pantaloni da 15 anni o forse più. Il suo negozio, Il Buono delle Marche, è ormai un cult per tutti i pellegrini che ritornano a Loreto. Qui Stefano offre tutto – e fa molto bene – dal frigo con bottigliette e bibite commerciali a prodotti eno-gastronomici di pregio della nostra terra. Sia fresco che secco con un occhio appassionato a tutto ciò che deriva da spezie ed erbe.

la via maestra fischiettiL’idea de La Via Maestra gli è venuta perché non c’è. Non c’è in nessuna città un locale che ospiti ceramisti, scultori, pittori, decoratori, falegnami, fabbri, restauratori, cappellai e scrittori. Il percorso – fatelo perché vale veramente la pena – è una via, un museo con vetrine molto ben illuminate e le opere sono raccontate da locandine e pieghevoli personalizzati ma anche da due persone preparate e colte che sanno tutto di ogni artista. Ritrovare e rivedere i fischietti di legno (avete capito bene, quelli per fischiare) mi ha quasi commossa. Se avete in mente di fare un regalo importante o di riportare a casa qualcosa di marchigiano autentico, Stefano Pantaloni è l’uomo che fa per voi. In maniera semplice e molto astuta, ha pattuito con tutti gli artisti un accordo per cui i prezzi che trovate da lui a Loreto sono uguali a quelli che potreste trovare nei laboratori degli artigiani. Per cui anche pezzi di grande valore hanno costi possibili. Insomma abbordabili. Mi provo una decina di cappelli ammirandomi, permettetemi di dirlo, in uno specchio antico con cornice in ferro battuto. Bellissima! Non io, ma la cornice! Poi Stefano mi dice: <<e non hai visto tutto…>>. Ma come? Io già sono stordita e ubriaca di queste meraviglie insieme alle mie amiche reggiane/modenesi che mangiano un gigantesco panino con il ciauscolo (made in Il Buono delle Marche): di cos’altro posso emozionarmi ancora? Stefano critica la mia solita esagerazione. Mi conosce bene il ragazzo! E mi invita a varcare una soglia. E La Via Maestra si allunga. Mi fermo davanti ad un secretere in legno di olivo vecchio con tanti cassettini nascosti e rimango folgorata. Penso che per oggi la mia mente si sia arricchita abbastanza di bellezza e dico a Stefano che dobbiamo andare. Ma sulla destra del secretere c’è una scala in legno che sale. Saliamo in silenzio – chissà perché? – e mi appare La Via Maestra del piano di sotto, da percorrere al contrario. Ci sono tante sedie messe in fila come in un teatro e in fondo, al posto del palco, un lungo tavolo fratino, così straordinario che lo accarezzo più volte. Alle pareti, le stesse vetrine di sotto piene di libri e di altri pezzi rari. <<E qui che succede?>>, domando sapendo già la risposta. <<Ci facciamo le presentazioni dei libri, gli incontri con gli artisti, con gli artigiani. Facciamo degustazioni di vini, presentazioni di cantine. Qui facciamo>>. Stefano è di poche parole e sembra timido e mite. Non fatevi ingannare dall’aspetto e dai modi. È come la goccia sulla roccia. Non si ferma davanti a nulla. Per questo lo stimo e lo ammiro. Per informazioni più dettagliate e per farvi un giro nel “paese dei balocchi marchigiano”, www.laviamaestra.com.

Carla Latini

Magritte a Loreto: le piadine che meritano un “pellegrinaggio”

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Loreto sta diventando, sempre di più, un polo di cultura gastronomica di grande livello. Prima di una cena da Errico e Ramona al Ristorante Andreina, è obbligatoria una “pausa pranzo senza eguali” da Magritte. Ma perché Magritte?

matteo fusilloMatteo Fusillo, il patron insieme al giovane Michele, mi risponde diretto: <<Perché amo Magritte>>. Capisco al volo il personaggio e mi piace molto. Schietto, simpatico e soprattutto sincero. Un Francesco Pannofino bello e magro (non me ne voglia Francesco!), con gli stessi occhi interroganti e indaganti. Ridenti anche quando si “scontra amichevolmente” con qualche cliente. Che poi ritorna. Perché è anche bello farsi strapazzare un po’. Magritte a Loreto apre 8 anni fa. Matteo, reduce da un incidente di percorso lavorativo (chi non ne ha avuti vuol dire che non sa nulla della vita), riceve la proposta di prendere in gestione questo piccolo locale che sta proprio sotto porta Romana, a condizione di non fare pizza e panini perché c’è una pizzeria poco più in là. Lui da buon milanese ama i panini e non le piadine. Che fare? Abbandonare l’idea mai! Matteo ha troppa voglia di riscatto. Deve dimostrare a sé stesso e alla sua bella famiglia che è tornato in gara. E vuole vincere. Per prima cosa lavora sull’impasto. Proprio quello che a lui non piace della piadina tradizionale. Ci mette il lievito e sogna le michette della sua Milano. Sogna anche i sapori dei primi panini d’autore che sono nati proprio nella città meneghina. Abbinamenti azzardati, provocanti e, nell’insieme, di grande armonia. Quando Matteo è soddisfatto dell’impasto e raggiunge la sua idea di piadina artigianale (è più mordida, spessa e gaudente) nasce la piadina che si chiama come il locale, Magritte. Che lo riporta nella sua città, nella sua paninoteca preferita. La farcia di Magritte è composta da patè de foie gras, cotto affumicato, brie, insalata e salsa piccante. piadina magritte L’ho assaggiata e merita il “pellegrinaggio”. Così come ho assaggiato la Martina, la preferita di questo momento, che sembra un’amatriciana rivisitata con scalogno caramellato, bacon croccante, pecorino giovane e pomodoro. E’ Michele la mente che inventa le farce. E ce ne sono più di 13. Ovvio, accanto alle azzardate, provocanti e di grande armonia, ci sono le classiche con prosciutto crudo, squacquerone e rucola, mozzarella pomodoro e insalata; ci sono le regionali, fra tutte, visto che siamo su Tyche, vi consiglio quella con il ciauscolo di Brocani, un grande macellaio che a breve sarà su questi schermi, erbette saltate e pecorino giovane. E se volete dare un tocco internazionale alla vostra sosta gastronomica lauretana ordinate i club sandwich: ingredienti di grande qualità (io non amo il tacchino ma questo è buonissimo!) presentazione divertente su un piccolo bancale, stile magazzino dei corrieri espressi e perfetti da portar via. Perché un’altra peculiarità di Magritte è l’asporto. Una telefonata a Matteo o a Michele ed ecco pronte le vostre piadine da mangiare a casa o in ufficio. Buone anche fredde (lo scrivo perché le ho provate), perfette riscaldate da ambo i lati su una padella antiaderente incandescente. C’è anche un’ampia scelta di birre artigianali marchigiane e italiane, vini di ottima beva e, quasi dimenticavo, potete fare tutti gli abbinamenti della vostra fantasia, sfidando quella già molto fervida e intelligente di Michele, sia su piadine e focacce, sia nelle insalate che chiudono il menu di Magritte. Quando Matteo si siede con me c’è anche Lucia. La moglie e la consigliera perfetta. Lucia mi dice che all’inizio temeva che il carattere di Matteo sarebbe potuto essere un ostacolo. Ma perché? Io lo trovo stimolante, pieno di vita. Si va da Magritte anche perché c’è Matteo con la sua verve e simpatia. L’ho ascoltato scherzare, in perfetto spagnolo, con una famiglia di argentini sui nomi degli ingredienti e sui nomi delle piadine. Lo trovo un ottimo uomo di sala e di strada. E sì, di strada! Perché Magritte “esce” sulla stradina sotto la porta Romana. I tavolini sono tanti in autunno/primavera/estate di meno in inverno ma ci sono sempre. E, se non piove, sono tutti occupati. In realtà “esce” sulla strada anche Michele mentre prepara le comande. Accanto alla porta di entrata c’è una grande finestra aperta che dà sulla cucina. Da lì escono i profumi che fanno fermare i clienti. Attenzione solo ad un particolare da non trascurare: una porzione (una piadina) è molto grande e farcita in abbondanza tanto da rimanere a bocca aperta! Sa va sans dir che qui l’altissima qualità della materia prima è una costante tutto l’anno. Per prenotazioni visitate www.piadineriamagritte.it tel. 071 978385. Matteo e Michele vi aspettano…

Carla Latini

Che profumo è Mauro Uliassi? Un’essenza creata da Ilde Soliani

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Succede che una signora “naso” – il suo è piccolo ma molto allenato e sensibile ai profumi ed ai sapori della cucina – capiti spesso nelle Marche perché innamorata del “naso culinario” di Mauro Uliassi. Così tanto innamorata da dedicargli un video, unico nel suo genere, nel quale Mauro, addirittura, canta. E pure molto bene. Ilde Soliani è una mia buona e cara amica, l’avete capito, e nella vita crea profumi che poi vende nelle più chic boutique del mondo. Nel suo piccolo tour nelle Marche, ha sostato da Ramona ed Errico al ristorante Andreina, da me allertati sulla qualità e sulla sincerità del personaggio (Ilde dice sempre, veramente, quello che pensa). Dopo la cena si sono intrattenuti fino alle 4 della mattina. A parlare di quello che uno che si siede a tavola e l’altro che cucina e l’altro ancora che serve, vorrebbero dalla vita. Dalla vita professionale che si intreccia e non si slegherà mai con quella personale. Il giorno dopo carico Ilde sulla mia piccola macchina e torniamo a Loreto. Alle 4 della mattina la Basilica era chiusa. La porto nella Sala del Pomarancio a conoscere il “mio ciuchino”. Il ciuchino più bello della storia dell’arte. Almeno per me. Entrate, alzate gli occhi verso sinistra. I suoi occhioni azzurri vi guarderanno in ogni luogo voi siate. Immagino di averlo già scritto e, se l’ho fatto, chiedo scusa. Io ed Ilde siamo lì mentre il suo cameraman, nonché fotografo, cerca di cogliere qualcosa di buono in una luce rarefatta. È quasi l’una. Il sole dalle finestre ovali della Basilica entra a picco e rende tutto senza contorni. Anche noi. Une breve visita alla Casetta di Maria e poi, a proposito di contorni, ci viene fame. Sono le due. Decido che qualcuno dei miei amici cuochi a Portonovo riuscirà ad accogliere “tre pellegrini” come noi. Due pescetti fritti non si negano a nessuno. Detto ma non fatto.

Mentre con Ilde ricordiamo delle idee di Uliassi che ci emozionano, come Bagnasciuga e il burro con l’acqua di ostriche; mentre ricordiamo l’oliva da ricomporre di Errico, mi trovo a discutere, senza metterci troppo tempo, con i parcheggiatori di Portonovo che, capisco siano in “alta stagione esagerata”, ma non offrono un minimo di collaborazione. Vabbè! È <<alta stagione esagerata!>>. Ai miei amici propongo due bolle locali, due tipi di ciasculi diversi e due spaghetti a casa mia quando, miracolo, un parcheggiatore, complice un amico cuoco, ci fa “poggiare” la macchina. Che è molto diverso da parcheggiare. Due spaghetti con i moscioli e due pescetti fritti ci fanno dimenticare che c’è un esercito di automobilisti che deve parcheggiare. Ilde a fine serata mi fa annusare i suoi nuovi nati. Profumi che sanno di sapori e luoghi. Sapori e luoghi che profumano? Decidete voi. Uno sa di ciliege si chiama: una tira l’altra. Uno è dedicato a Mauro Uliassi: burro e acqua di ostriche. Un altro sa dell’aria notturna dell’esterno di una discoteca vicino Modena. Un altro ancora sa di cespuglio mediterraneo con origano, rosmarino, menta, salvia, basilico, pomodoro e si chiama Buon Appetito. L’ultimo è Peccatrice. Un peccato di gioventù che mi spruzzo molto volentieri. In questi giorni so di ciliegia. Poi vedremo. Volete sapere dove è andata a cena Ilde quella sera? Indovinate… Per saperne di più su di lei, i suoi profumi e i suoi video, c’è un sito e la sua pagina Facebook.

Carla Latini

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