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Bontà delle Marche

La Capannina di Portonovo, la scelta giusta di fine estate

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La mattina presto è un momento più che magico. Meglio dello scontatissimo tramonto. I sughi già bollono in cucina e i cuochi sfilettano il pesce. Alle 7.30 la Portonovo gastronomica è già attiva. Mi fermo a prendere un caffè alla Capannina. Il cielo è coperto ed è uguale al mare.

Sento ancora i rumori sommessi della sera prima. Cocktail e grandi spiriti nella notte guardando verso l’orizzonte. Dopo una cena che avrà fatto “ridere” il vostro palato. La Capannina si vive dalla sera alla mattina e viceversa. Un tuffo, una brioche, un bagno di sole, l’ombrellone, la sdraio, una pizza bianca ed una padellata di paccheri. Gabriele Capannelli alle 7.30 è già qui. Organizza la giornata e poi scappa ad Ancona, a Bontà delle Marche (ne ho scritto QUI). Imprenditore audace è convinto che non si può smettere di fare. Sua è anche l’iniziativa, molto ben riuscita, al porto del capoluogo, che si chiama “Ticiporto”: spettacoli gratuiti e street food per rinfrescare le serate anconetane. Ma torniamo alla Capannina. Gabriele sta dietro le quinte e davanti, sul palco, due belle donne, Beatrice e Lorenza, accolgono gli ospiti e li seguono in ogni loro desiderio. Qui se ne possono esprimere tanti. Dalla pizza. Unico bagno al mare con il forno a legna che “sforna” pizze bianche e rosse firmate da Rudy. Con farciture classiche e di fantasia. Croccanti, da mangiare a spicchi con le mani. E la “marinara” vi farà leccare le dita. C’è un menu di lusso e uno degustazione. La lista delle vivande alla carta. Gli immancabili moscioli che ogni cuoco interpreta a modo suo. Il cuoco della Capannina li lascia assolutamente al naturale. A profumare di sale e di mare.
Una lavagnetta accanto all’entrata indica ogni giorno il pescato del giorno con accanto il prezzo al chilo. Come una “borsa” del pescato. In questo modo, appena arrivati, potete scegliere il pesce di vostro gradimento che sarà condito e cotto solo per voi. In tempi di fermo pesca è una solida garanzia di freschezza e qualità. In attesa, insieme ai moscioli e al loro sughetto perfetto per fare scarpetta, due crudi, se vi piacciono, ed un eccellente baccalà mantecato, potrebbero essere il vostro inizio. Da bere? Gabriele è un cultore del buon bere. Si rifornisce direttamente dalle cantine. Sia locali che fuori regione. Ha una lista di bolle, dal Franciacorta al marchigiano, che strizza l’occhio ruffiano alla Francia migliore. Con il pesce le bollicine sono da tutto pasto. Soprattutto se cominciate con il crudo. Non mancano birre artiginali, non solo da abbinare alle pizze. Gusterete dei paccheri con i moscioli che arrivano a tavola ancora saltando in padella e gli spaghetti con ragù di mare. Quello in bianco con tutti i pesci cotti a tempo. A ciuscuno il suo tempo. Mentre il vostro grande pesce starà borbottando nel forno con gli aromi del Monte Conero accanto a lucidi, immancabili, pomodorini. Potete stare dentro, fuori, fra fuori e dentro. Continuare a stare in branda. Rilassati e, forse, se riuscite, spensierati per qualche ora. Lo scopo di Beatrice e Lorenza è solo questo. Donarvi cibo e vino che si fondano con l’atmosfera ed il paesaggio unico che la natura ci regala, senza chiedere nulla in cambio.
Perché il vostro soggiorno sia indimenticabile e vi costringa a tornare qui. Dove un caffè alle 7.30 della mattina ti fa tirare un sospirone come fosse un sollievo. Ed il mare ha sempre il colore del cielo. La Capannina è attiva tutto settembre. Il periodo più bello. Per prenotazioni e informazioni tel. 071 801562, info@lacapanninadiportonovo.it

Carla Latini

Non è Pasqua senza pizze di formaggio! Ecco le ricette per tutti i gusti

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pizza formaggio 2Ebbene sì! Pizze al plurale perché ogni marchigiano ha la sua ricetta. Da mamma, zia e zia acquisita ai fornai/pasticceri (più fornai che pasticceri) fino ai venditori di cose buone. Passando per il libro cult di Marcella Hazan, che si chiama Marcella Cucina. Un cult quasi come lei. O da mia nonna Agnese, jesina doc, e dalla ricetta tramandata, fino a mia mamma Marisa.

Ma chi è Marcella Hazan? La musa/cuoca di tutti i gourmets americani. Dopo Giulia Child è arrivata lei. Un’elegante e gentile signora, curiosa e tenace. La marchigiana pizza di formaggio è una delle tante ricette italiane tipiche che Marcella ha “semplificato” e reso di facile realizzazione. Nel 1996 abbiamo passato insieme tre giorni a cavallo di Pasqua. Io, Marcella, suo marito Victor e la mia famiglia. Tre giorni a girare le Marche alla ricerca della ricetta perfetta. Abbiamo infornato su due piani di casa e tre forni. Riempito congelatori. E poi lei ha deciso. Quella della mia mamma è la ricetta che ha pubblicato su Marcella Cucina e si chiama Osimo Easter’s Cheese Bread. Ci credete che me ne sono accorta solo oggi, dopo 20 anni? Parlando con mamma e ritrovando il libro di Marcella.

Questa pizza ha origini pastorali e contadine. Cominciamo con la ricetta di nonna Agnese raccontata da mamma. Per poche persone lei impasta 3 uova, 1/2 etto di lievito di birra sciolto in mezzo bicchiere di latte tiepido, con 1/2 bicchiere di olio evo, sale e pepe, 75 g di pecorino e parmigiano grattugiato e 50 g di emmental o gruviera a scaglie, un pizzico di zucchero e farina quanto basta. È il suo occhio a decidere quando è ora di infornare e di sfornare. Zia Maria Grazia (zia Mariola per tutti) ha conservato la ricetta della mamma e me la racconta così: <<Gli ingredienti, in genere, sono sempre quelli ma io metto il doppio di emmental e pecorino e quando la voglio più ricca al posto dell’olio uso il burro. La porto a tavola la domenica di Pasqua con la frittata con le erbette che è tipica di Jesi. Se vai da Ivo trovi i mazzetti già pronti>> (Ci sono andata. Ivo, via San Giuseppe al numero 22 , per la cronaca, è un frutta e verdura piccolo che si approviggiona dalle campagne).

Zia Leonella a Polverigi (la zia acquisita), invece la fa con solo pecorino romano grattuggiato e tanto pecorino fresco. Qualche consiglio per il procedimento? Ma che domande? Ad occhio! La Osimo Easter’s Cheese Bread è famosa, oltre che per la pizza di Osimo nel libro di Marcella Hazan, anche per la ricetta di Natalina che Marisa della Tavernetta fa in versione arricchita con noci e nocciole che con il formaggio “cantano”. Natalina non usava emmental o gruviera così come tanti che addirittura denunciano il fatto che era impossibile, negli anni passati, reperire formaggi svizzeri. Quindi l’introduzione “estera” è stata fatta in tempi moderni. Forse perché, come mi racconta sempre Marisa, l’emmental e la gruviera non reagiscono al lievito e all’impasto, non colorano di rosso la pizza e non si sciolgono al calore. Fanno, invece, quei buchi golosi e “formaggiosi”. Al posto degli “svizzeri” Marisa mette il pecorino a latte crudo a scaglie, e grattugiati romano e parmigiano. Qualche goccia di Varnelli firma la marchigianità della sua pizza.

pizza formaggio 3D’accordo con Marisa sugli “svizzeri’” è il nostro Flavio della Lanterna di Fano. Lui, fedele alla vecchia ricetta, inserisce pezzi di pecorino fresco in abbondanza. Fa meno buchi “spettacolari” ma si riconosce al morso quando la pasta si fa più morbida e saporita. Per Gabriele di Bontà delle Marche ad Ancona la pizza di formaggio vuole la formula del doppio misto. Che non è un torneo di tennis ma il mix equilibrato dei formaggi grattugiati che devono essere uno più stagionato ed uno meno stagionato. Sia Gabriele che Marisa vi offrono la pizza intera, a metà, a spicchi. Tradizione vuole che venga “consumata” durante la prima colazione della mattina di Pasqua con salumi, il salame che ha finito di stagionare e la prima lonza dell’anno. I più audaci la gustano con la coratella d’agnello e la frittata strapazzata con verdure fresche tipo mentastro, borraggine e aglio da taglio. Da non confondere con il mix jesino che contiene anche erbe selvatiche sconosciute i cui nomi sono dialettali tipo caciarola ecc… Se siete parchi, e ne dubito, la pizza di formaggio rimane in dispensa fino a dopo le feste. Di solito si secca. Ed ha un suo fascino anche nel momento della “decadenza”. Ideale per zuppe di verdure e legumi trova il suo apice culinario sbriciolata, scaldata in padella e usata come “parmigiano” su spaghetti al pomodoro o aglio e olio e quello che volete voi.

Mentre la mente mi lavora e impasta la pizza di formaggio faccio una pausa e saluto un amico delle Marche che si chiama Lorenzo Cantoni. Un cuoco umbro giovane e molto capace. Umbertide è la sua città d’origine. Lorenzo ha lavorato la stagione scorsa da Marcello al Laghetto di Portonovo ed ama la nostra terra. Con lui c’è Daniele Lo Cicero. Panettiere, pasticcere, romano e suo socio. Di cosa volete che parliamo? Ma di pizza di formaggio. Così ho anche la versione umbro/romana che prevede lo strutto al posto dell’olio evo. Daniele usa la farina Manitoba adatta ai dolci che lievita più facilmente, uova, latte e cinque diversi tipi di formaggi. Pecorino stagionato, parmigiano, pecorino romano, pecorino viterbese, provola dolce e tanto pepe nero in grani.
A Pasqua ogni panetteria, gastronomia marchigiana, umbra e laziale ha sul banco, insieme alla classica Colomba e alla pizza dolce pasquale (sembra un panettone ma non lo è), la pizza di formaggio. Che sarà sempre e solo artigianale perché l’industria con tutto “sto” formaggio non rischia la conservazione. Buonissime sono quelle classiche tradizionali di Lombardi, sempre ad Osimo, di Cilè a Loreto. Anche i ristoranti si allineano alla tradizione e troverete versioni mignon assolutamente deliziose. Una fra tutte quella di Andreina che si pappa in un boccone.

Sono certa di aver dimenticato qualcuno e qualcosa e di non avre reso giustizia a “tutte” le pizze di formaggio della nostra terra. Scrivetemi su Tyche la vostra che la pubblico molto volentieri. Buona Pasqua!

Carla Latini

(Nella foto la pizza di formaggio di Elide Pastrani, della Lanterna di Fano)

 

 

 

Alla Bottega di Pinocchio nessuna bugia: un’Osteria dove sono custoditi i segreti della tradizione anconetana

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Si chiama Fabio Fiatti. Avete presente il quartiere di Ancona quello con la statua di Pinocchio che fa marameo? Pochi passi e siete nel cuore dell’osteria La Bottega di Pinocchio che Fabio cura e coltiva insieme alla bella moglie Cristina. Ma che persona è Fabio Fiatti? Spontanea, acuta e piena di carisma. Ha cominciato dal basso facendo il cameriere in uno dei più bei locali della città. Andava a portare lo stoccafisso, dentro le teglie, al forno e poi dopo quattro o cinque ore, tornava a riprenderlo. Da ragazzino era affascinato dalla cucina, dalle mani delle anziane cuoche e delle cuoche della sua famiglia. Poi ha aperto la Bottega del Pinocchio. Era il 1989. Da autodidatta, è cresciuto e nel tempo la Bottega da semplice alimentari è diventata anche una gastronomia. Piatti pronti da asporto. Una bella scommessa per uno come Fabio che porta lo “stoccafisso all’anconetana” nel cuore. Arriva, quindi, il momento, per lui, di decidere che ricetta scegliere. Da quale parte far battere il suo cuore. Mentre parla si emoziona e mi trasmette così tanto il suo amore per questo piatto che mentre assaggio sono convinta, ed è vero, che sto mangiando uno dei più buoni stoccafissi della mia vita. Ma torniamo alla scelta della ricetta definitiva. Da ragazzino vedeva stoccafissi rossi di pomodoro, quasi bianchi perché con poco pomodoro, verdi perché con tante erbette e senza pomodoro. Ha fuso insieme i ricordi dei movimenti delle vecchie cuoche fermando nella mente gli ingredienti principali. Ha incontrato la ricetta storica codificata ed è diventato uno dei soci dell’Accademia dello Stoccafisso (ne abbiamo già parlato su Tyche). Nel rispetto della ricetta storica ha aggiunto tante erbette, sedano e carota. Il suo stoccafisso diventa pian piano uno dei migliori della città. Passano gli anni e la Bottega di Pinocchio cresce. Entra nella brigata anche Andrea, il figlio di Fabio e Cristina. La Famiglia di Pinocchio si impegna con grandi capacità a rendere sempre felice il cliente che esce. Ma a Fabio non basta. Manca qualcosa nella sua vita che vuole realizzare: l’osteria. Prende forma una cucina più professionale, due sale con veri tavoli da osteria con i colori delle favole. In fondo c’è Pinocchio che veglia su di loro. L’Osteria ha lo stile di Fabio. Informale, scanzonato, allegro. I colori delle favole spuntano dal guardaroba, dal bar, dal bancone della gastronomia. Il menu viene raccontato a voce, come nelle vecchie osterie: “oggi ci sono come primi ecc.. come secondi… come antipasti ecc…”. Mi sono fatta portare le alici marinate da loro con i famosi paccasassi del Monte Conero, l’insalata russa di vecchia memoria e lo stoccafisso. Per forza. Mentre parliamo di paccasassi, l’amica che è con me gli chiede: <<ma è vero che ogni anconetano ha il suo cespuglio segreto e non si fa vedere quando va a raccogliergli?>>. Fabio sorride ma non risponde. Ed io: <<ma si possono anche cucinare e non solo marinare in limone e aceto?>>. Mi giro e Fabio non c’è più. Rientra da una porta che da sul retro, sull’orto, e mi porta un ciuffetto di paccasassi appena tagliati. <<Questi qui fuori mi fanno da spia. Come vedo che crescono e sono pronti per il taglio vado a raccoglierli sul Monte>>. Dove non ce lo dirà mai. Segreto di cuoco. Ho scritto la parola cuoco? Mirco Principi è il cuoco, quello “vero” dell’Osteria. Con un passato molto interessante. Fabio e Mirco sono complementari e si integrano perfettamente in cucina. Ognuno ha il suo compito. Tanto Fabio è esuberante, tanto Mirco è timido e schivo. Per questo il primo sta sempre in sala in mezzo alla gente con il figlio Andrea e la giovane Denise Goffi e il secondo sta in cucina con il suo aiutante Miguel Raynoso. Sto così bene che non vorrei andar via. Parlare con Fabio è come vivere la storia dell’Ancona culinaria. Parliamo e parliamo. Ma quando tocchiamo il ricordo di un comune caro amico, Terenzio Montesi, Fabio si commuove ed ha i brividi. <<Non ero nessuno e non lo sono nemmeno ora – racconta – durante una delle prime fiere alle Tredici Cannelle organizzate da Bontà delle Marche (ne abbiamo già parlato su Tyche) avevo partecipato con le mie lonzette di fico. Fatte seguendo un’antica ricetta. Si ferma al mio banchetto un distinto signore. Facciamo due chiacchiere e assaggia una fettina delle mie lonzette. Saluta garbatamente, fa un giro, ritorna e me ne compra tre. Era Terenzio Montesi e la ricetta codificata l’aveva ritrovata lui. Poi siamo diventati amici>>. Abbraccio Fabio e lo ringrazio per questa giornata di stoccafisso, paccassassi, lonzette di fico, emozioni e ricordi. <<Anche la tua trippa è spettacolare, vero? Ne vuoi portare via un po’?>> Come faccio a dire di no? Chiamate Fabio Fiatti all’Osteria Bottega di Pinocchio allo 071 898010  www.bottegadipinocchio.it. Conoscerete un oste, un uomo, che quando vede un ingrediente da cucinare prima ci parla un po’ per capirlo meglio…

Carla Latini

Bontà delle Marche ad Ancona, una finestra chic aperta sulle gustose proposte regionali

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entrata Bontà delle MarcheProssima l’apertura, su corso Mazzini, ad Ancona, della vetrina accanto all’entrata. In modo che chi passa possa sentire i profumi della cucina del ristorante e della gastronomia e, senza entrare, possa assaggiare e acquistare direttamente dalla strada. Molto parigina, la trovo una bellissima idea.

Bontà delle Marche ad Ancona (perdonatemi anconetani, ma non mi viene “in” Ancona) è la boutique del buon bere e del buon mangiare che, in tempi assolutamente digiuni (in tutti i sensi) di cultura eno-gastronomica, ha saputo inventare, creare e far crescere tanti artigiani del territorio. Ora famosi ed affermati. Gabriele Cappannelli, il patron, ricorda l’avventura iniziata con papà Dario. Un uomo colto, sensibile, retto e lungimirante. Ricorda l’iniziale difficoltà di riempire gli scaffali con prodotti “made in Marche” che fossere di grande qualità e la difficoltà di formare uno staff preparato e accogliente.

Quando si entra da Bontà delle Marche c’è sempre qualcuno che ti sorride e che ti invita ad assaggiare. Oggi, mentre mi intrattengo volentieri con Gabriele (lo seguo dai 18 anni, ho visto evoluzioni, cambiamenti, nuove avventure) il locale è completamente rinnovato. I colori sono quelli del legno quasi bianco. Le sedie comode e scure così come i tavoli. Le tovagliette rosse mi ricordano che domani è l’ultimo dell’anno e che oggi è il 30. Il compleanno di Gabriele. Nemmeno a farlo apposta! Nel 2000 avevamo festeggiato con la “fetta di prosciutto tagliata a mano più lunga del mondo”. L’Associazione dei Bottegai Italiani, fondata da Gabriele insieme ad altri suoi colleghi nelle principali città, oltre a lanciare iniziative simili organizza corsi di formazione per imparare a fare il banconista. La figura professionale che sa, appunto, “sviolinare” un prosciutto a mano, sa riaffinare i formaggi, sa conoscere i diversi tipi di pane. Sa raccontare la storia dei prodotti che ha davanti. Saul è accanto a Gabriele da sempre. Il suo sorriso è nella memoria dei tanti marchigiani, e non, che si fermano qui per un panino o per portarsi via un pranzo, per fare la spesa, per mangiare bene e bere meglio, per organizzare un catering che sia una festa familiare o un meeting professionale o aziendale. In poche righe vi ho riassunto le molteplici attività che “deve” offrire una bottega/boutique degna di questo nome.

<<I tempi sono cambiati>>, dice Cappannelli, <<anzi>>, e si corregge, <<cambiano in continuazione. Se prima rispondevo al telefono, perché stavo lavorando, solo prima dell’inizio del servizio e dopo, ora rispondo sempre o, comunque, leggo i messaggi e le e-mail. Questi cambiamenti repentini in corso d’opera di solito sconcertano chi lavora con te. Così ho fatto fare ai miei ragazzi un corso di “comprensione e adattamento” insieme ad uno psicologo che conosce questo mondo. Il mondo dello stare al pubblico. Un pubblico che cambia attraverso i social e le informazioni globali e vuole idee nuove adeguate ai suoi cambiamenti. Quindi via la vecchia formalità. Piace l’informale? Noi ci siamo adeguati. Anche quando sistemiamo la tavola abbiamo imparato ad essere più easy. E i clienti si sentono a loro agio>>.

Da Bontà delle Marche si mangia a qualsiasi ora. La cucina sforna piatti di eccellenza. Ricette tradizionali ben fatte. E tutto ciò che si mangia e si beve seduti ai tavoli, nel ristorante al secondo piano o anche fuori quando il tempo lo permette, si può comprare. Comprare è il verbo giusto ma non esaustivo. Comprare ed imparare a conoscere ed usare. Come la giusta temperatura della padella per far divertare croccante un grande guanciale, la giusta temperatura per servire a tavola una mozzarella di bufala affumicata. Il tempo giusto di ammollo della cicerchia piuttosto che di una fagiolina. I segreti per cucinare un cotechino da “crudo”. I segreti per usare confetture e marmellate in abbinamenti classici o audaci. Potrei continuare all’infinito, tante sono le parole che Gabriele sta “producendo” da mezz’ora.

Il Patron di Bontà ha un sottile rimpianto. Avrebbe voluto far crescere in professionalità tutto il centro e la città di Ancona. Ma gli anconetani (gli italiani direi) sono così. Un campanile in ogni portone. Anche se, di professionisti in gamba, sottolinea Gabriele, ce ne sono eccome! Io però, Gabriele Cappannelli, non mi preoccuperei più di tanto. Ci sono tanti giovani che hanno voglia di fare. Diamogli tempo e fiducia. <<Due parole sulla tua nuova gestione della Capannina a Portonovo le vogliamo fare?>>. <<La Capannina si è lentamente evoluta e adesso posso confermarti che ho deciso, dal prossimo anno (il 2016 appena entrato), di usare solo grandi prodotti. Grandi risi, grande paste artigianali di semola e all’uovo. Tutto al top dall’antipasto al dolce passando per la pizza. Perché ho fatto i miei conti e quasi quasi risparmio>>. Aspettiamoci, dunque, una Capannina con proposte di piatti al top!

In attesa di vedere aperta “la finestra delle Bontà”, quando la vetrina lascerà spazio ad un banco all’aperto che fa tanto parigino chic, auguro a tutti gli amici di Tyche un goloso e classico 2016 eno-gastronomico! Per info su Bontà delle Marche www.bontadellemarche.it tel 071 53985.

Carla Latini

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