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Cultura

Daniele Baldoni, nelle sue sculture l’antidoto ad ansie e paure

in Arte/Cultura/Tyche Magazine da

Daniele Baldoni un’esperienza artistica per scoprire se stesso. Una facilità nella manualità, l’ha fatto approdare alla scultura. Ci racconta la sua storia attraverso una interessante intervista e una galleria fotografica con alcune sue opere portate in redazione. Una frase di Leonard Cohen, “C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce”, sembra descrive perfettamente il nostro giovane artista.

intervista video di Kruger Agostinelli

foto di Federico De Marco

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Il segno di Giancarlo Vitali negli “Occhi di Testori”. La mostra ad Urbino

in Arte/Cultura da

Il segno di Vitali negli occhi della poesia. Ad Urbino, nella “Casa della Poesia”, è in scena la mostra dedicata all’ultimo pittore. Come Vittorio Sgarbi ha definito Giancarlo Vitali.

Ero lì. Ho ascoltato in silenzio ed ora vi scrivo perché non potete non andare a vederla. A parte che adoro quest’uomo. Le sue pennellate decise, la sua ironia delicata. Un mito vivente. Sono rimasta colpita da questo luogo che non conoscevo. Un luogo dove la fragile ma eterna forza profetica della poesia ha trovato un ambito. Uno spazio museale, ch’è una “CASA” tutta sua, intima ed emblematica. La poesia va in mostra a Urbino con una stagione di eventi culturali di folgorante trasversalità e osmosi con le altre arti. Appena chiusi i battenti della mostra dedicati ai carteggi poetici di Ungaretti e ai rapporti personali e artistici che Guglielmina Otter, fotografa di verità e disegnatrice di minuziosa ma non calligrafica introspezione, è la volta del pittore di Bellano (o “il bellanasco”, come lo definì con felice epiteto riferito all’antico, il suo scopritore e mentore Giovanni Testori) Giancarlo Vitali, classe 1929, una vita votata al genio della pittura.

E proprio dal rapporto di reciproca ammirazione e di profonda amicizia di questi due protagonisti del Novecento prende abbrivio la mostra fortemente voluta da Vittorio Sgarbi e curata da Luca Cesari. “Occhi di Testori. Giancarlo Vitali e la poesia” è il titolo della mostra che in tre sale ripercorre alcuni momenti paradigmatici del loro rapporto umano e professionale. La critica è unanimemente concorde nel riconoscere ai ritratti che Vitali fece all’amico il massimo raggiungimento di realismo introspettivo. E così, proprio nella prima sala, la mostra si apre con l’esposizione di 5 opere, fra tavole e tele, che restituiranno ai visitatori il volto intenso, sofferto e pensoso del grande intellettuale lombardo. Si prosegue poi con uno fra i paradigmi dell’arte di Vitali, con uno dei suoi temi più identificanti: la carne scuoiata, sacrificata sull’altare della nostra atavica fame. Tema sentito fin dai tempi di Rembrandt e, negli ultimi decenni, ripreso con risultati arditi e sorprendenti da Bacon e da alcuni protagonisti della pittura europea e americana contemporanea.

toro vitali tycheLa mostra espone uno dei Tori Squartati, dipinti da Vitali nel 1984, origine e ispirazione del Trittico del Toro, tre straziate e bellissime poesie dello stesso Testori che costituiscono un raro quanto prezioso documento artistico di riflessione sulla umana ferocia, accompagnate da un’incisione di Vitali, che, anni dopo ritornerà sul tema con la cartella Souvetaurilia, anch’essa in mostra (prefazione Carlo Bertelli). Nella terza e ultima stanza l’arte incisoria di Vitali entra in relazioni con la poesia di Franco Loi e Giancarlo Consonni, con cui, negli anni ha realizzato importanti libri d’artista e cartelle d’incisioni a tema, commentati, o meglio dire disvelati, dai modi poetici di questi due protagonisti della poesia italiana contemporanea.

La “Casa della poesia” è curata da Luca Cesari ed è a Palazzo Bonaventura Odasi, in via Valerio 1. La mostra dura fino al 29 maggio. Per sapere tutto di più su Giancarlo Vitali ecco il suo sito. www.giancarlovitali.com. Andate e mi ringrazierete!

Carla Latini

From grey to green: a Macerata si studia la “Metafisica del Paesaggio”

in Cultura da

Nell’auditorium San Paolo, all’interno della sede dell’Aula Magna dell’Università di Macerata, professionisti esperti di fama internazionale hanno “proiettato” un’ipotesi (che poi tanto ipotesi non è più) di paesaggio in trasformazione. Come ha detto Giovanni Sala, l’agronomo milanese mio amico prestato all’architettura, un paesaggio che passa dal grigio al verde. From grey to green. Ma vado per ordine, nel rispetto di tutti i relatori sperando di essere comprensibile e di aver compreso. Come ben sapete mi trovo più a mio agio fra padelle e cuochi. Ma non siamo tanto distanti e capirete man mano perché.

Enzo Fusari, presidente dell’ordine degli architetti della provincia, ha fatto un’introduzione-cappello che abbraccia tutti gli argomenti e ha cominciato parlando di trasformazione del paesaggio, ricordando che ci sono state cose belle e cose molto meno belle. Ha lasciato poi la parola alla vice sindaco di Macerata Stefania Monteverde, che volge il pollice “verde” della città in alto. Macerata aperta al from grey to green. Ha Raccolto la provocazione di Fusari e rincarato la dose, affermando che ora ci vuole una pausa, che la trasformazione del paesaggio è un argomento politico molto sentito. Subito dopo l’ingegnere Fabio Spalletti ci ha portati in un mondo sonoro che a volte diamo per scontato e che invece non lo è. Partendo dal “soundscape” di Raymond Murray Schafer, compositore canadese che coniò questa espressione per indicare un qualsiasi campo di studio acustico. Dalla composizione musicale, al programma radio, all’ambiente. Soprattutto ambiente acustico naturale e quindi suoni delle forze della natura, animali e uomini. E’ stato un collaboratore di Schafer, Barry Truax che ha invece introdotto il concetto di ecologia acustica o ecologia del suono, ovvero l’equilibrio tra suoni e ambiente e quindi gli effetti che l’ambiente acustico produce sugli individui. Perché siamo immersi nei suoni e l’uomo è il principale responsabile delle caratteristiche sonore dell’ambiente in cui vive e ha ovviamente il potere di trasformarlo. Per fortuna i cittadini, spontaneamente, stanno riscrivendo il loro rapporto con la campagna e per fortuna le nostre città marchigiane, come ha sottolineato più volte la vice sindaco Monteverde, stanno ritrovando e rinnovando la loro relazione con il verde. Il problema si pone più impellente per le grandi metropoli del mondo.

A tal proposito l’architetto Giovanni Marucci di Camerino, attraverso alcune immagini, ha presentato alcune soluzioni pensate e realizzate a Seul, Parigi, Manhattan. Dove parchi lineari vengono definiti e sono opportunità di recupero di architetture esistenti, che riescono a convivere con l’ambiente e a dare vita a trasformazioni intelligenti. I parchi lineari, serpeggiando tra le costruzioni, sono un benessere per i cittadini che spesso ne sentono l’esigenza. Ha presentato, con dovizia di particolari e supportato dalle immagini, anche quella che ha definito la madre di tutte le freeways, quella Emerald Necklace progettata da Frederick Law Olmsted, architetto americano del paesaggio a cui si devono, tra le tante cose, anche il Central Park e la Riserva Verde delle Cascate del Niagara. Era stato chiamato a sanarne le paludi e fece invece un percorso che dal municipio di Boston collega i vari stagni e persino una piantagione di essenze preziose oggi appartenente alla Harvard University, fino al Franklyn Park. In Italia siamo riusciti, al momento, soltanto a pensare alle “Rotaie Verdi” di Milano, che lasciano i vecchi percorsi ferroviari affiancati da siepi e bassa vegetazione autoctona.

giovanni sala tycheInfine ha parlato Giovanni Sala, che ci ha illustrato i progetti di paesaggio di cui si occupa l’azienda Land di Milano attraverso mission e filosofie. «Macerata è un delicato equilibrio tra natura e cultura», ha detto Sala, sottolineando come in tutte le Marche l’equilibrio sia costante, anche per le dimensioni ridotte di territorio e città, rispetto a Milano e alla Lombardia. Certo è che il futuro dell’Europa dipende “dalle città del futuro” e sarebbe ormai tempo di tenere presente che cultura, ambiente ed economia sono indivisibili. Anzi, hanno stretti rapporti fra loro, perché solo quando la cultura dialoga con l’ambiente si ha una ricaduta economica di grande interesse. Citando un po’ lo scrittore Italo Calvino e le città come luoghi di scambio e un po’ l’economista Jeremy Rifkins per la natura come nostra migliore alleata, ha usato l’acronimo inglese di Land (la sua azienda). Ovvero Land, Architecture, Nature and Development (territorio, architettura, natura e sviluppo) per sottolineare come la buona progettualità possa aiutare il futuro, utilizzando una vision aziendale come “From grey to green” (dal grigio al verde), una mission come “We cultivate dreams, rebuilding nature” (coltiviamo sogni, ricostruendo la natura), adottando un motto inglese che calza a pennello come “Project to protect” (progettare per proteggere), che in definitiva è proprio ciò di cui questo mondo ha bisogno.

Sono state due ore intense che mi hanno fatto bene. Mi auguro che Giovanni Sala possa tornare ancora da queste parti. Abbiamo bisogno sempre di nuovi stimoli e di persone come lui. E non dimenticate che fino al 29 maggio potrete visitare la mostra Metafisica del Paesaggio a palazzo Carradori, sempre a Macerata.

Carla Latini

Tyche Magazine ha un anno in più. Il saluto di Pino Scaccia

in Arte/Cinema/Cultura/Itinerari/Libri/Moda/Racconti da

Se il tempo che scorre veloce è sintomo di benessere, allora siamo in ottima salute. Abbiamo saziato un po’ delle nostre curiosità affidandoci a pensieri e luoghi, a persone e idee. Un percorso interessante in una direzione densa di cambiamenti e suggestioni. Abbiamo aperto, come fossero dei laboratori, cantieri per musica live, visitato cucine di chef da scoprire, fatto vivere un club di concerti nei venerdì, e rese complici le Università marchigiane. E’ c’è stato anche spazio per un musical ideato e prodotto, dal titolo “I Love Music”. Non solo. Fervono i lavori in corso per il primo Tyche Festival che lanceremo nel prossimo agosto. Vi abbiamo proposto oltre 700 articoli sul web, oltre 200 video sul canale youtube e ben 340mila copie di giornali distribuiti nelle nostre belle Marche. Pure Pino Scaccia, giornalista ed amico, padrino del nostro esordio pubblico, ci ricorda (in un video stile tv Kabul) che Tyche Magazine ha ora un anno in più. Auguri a tutti noi!

Kruger Agostinelli

il video saluto di Pino Saccia

il video riepilogo di un anno di eventi

Scanzi conquista Ancona: “Mi nutro di curiosità e…verdicchio, mentre sono allergico alla superficialità”

in Cultura da

Lo vedi da lontano e lo riconosci subito. E’ Andrea Scanzi. Fuori dalle cornici sia televisivi che degli schermi pc e degli smartphone, è disponibile e pronto alla battuta. Lo incontriamo durante lo spettacolo “Fuochi sulla collina” (QUI l’articolo), omaggio a Ivan Graziani con il figlio Filippo. Qui, nell’aula magna del Polo universitario Monte Dago dell’Università Politecnica delle Marche, Andrea Scanzi si sente subito a suo agio. Ed è naturale e piacevole intervistarlo (sotto il video).

Andrea, sei un professionista eclettico giornalista, scrittore e attore su temi vari, dalla musica alla politica, dallo sport alla cucina. Frutto di un animo inquieto e di un irrecuperabile curioso?

<<Entrambe le cose. Sicuramente sono curioso. Sono sempre stato uno che se si innamorava o se si interessava di un argomento poi doveva studiarlo e sviscerarlo. Se mi piaceva un artista dovevo conoscere a memoria tutta la sua discografia; se mi piaceva uno sport dovevo sapere tutta la sua storia e così con il vino, con la politica e con qualsiasi cosa. E’ una maniera per restare attivo. Al tempo stesso probabilmente è anche qualcosa che dipende da me: non riesco a stare per troppo tempo fermo. Sono una persona che si annoia in fretta di tutte le cose e quindi il fatto di cambiare e saltellare da un argomento all’altro mi aiuta molto. Non ce la farei a scrivere soltanto di politica così come soltanto di musica. Aggiungo che sei stato garbato a non aver usato la parola “tuttologo”, un falso problema che abbiamo soltanto in Italia. Cioè è un concetto tipicamente italiano questa idea che un giornalista o uno scrittore debba per tutta la vita parlare di un argomento solo. Ribadisco che, per fortuna, non scrivo solo di politica>>.

In un’epoca in cui si leggono più notizie che libri c’è il rischio che si possa diventare sempre più superficiali nel pensiero?

<<C’è un grande rischio. Quello che secondo me l’Italia ha sempre avuto e anche per colpa di ciò si spiegano tante derive. Non dimentichiamoci che è un Paese che ha sempre letto poco, che non ha mai fatto la rivoluzione e che ha sopportato per anni o per decenni dei politici spesso impresentabili. In questo momento storico che è del tutto particolare, perché abbiamo assistito e stiamo vivendo una rivoluzione tecnologica e anche dell’informazione, c’è un aspetto positivo: grazie alla rete tutti possono informarsi, tutti possono emergere, possono farsi leggere e possono scrivere. Però c’è anche l’altra faccia della medaglia. Ovvero, la sensazione di poter avere tutto spesso si traduce in un “leggo soltanto i titoli”, in un “mi fermo alla superficie, non vado mai alla profondità”. Questa rischia di essere un po’ l’epoca della grande superficialità, del non andare mai a fondo e del fermarsi al “titolone”. Ed è un peccato perché se fai così sei convinto di sapere tutto ma non sai bene niente>>.

Prendendo a riferimento un pensiero di Pessoa, che dice come un’epoca di molti talenti non vale un’epoca di un solo genio. Un’epoca, aggiungo, dove sono nati tanti talenti ma sono diminuiti i geni.

<<Di geni li vedo sempre di meno e, tutto sommato, vedo anche pochi talenti. Li vedo nel cinema, nello sport, nel giornalismo (si spera) ma non li vedo tantissimi nella musica. Qualche talento ancora c’è nel nostro Paese, che è meglio di quanto lo si racconti nonostante quello che vive tutti i giorni>>.

Cosa ti lega alle Marche, intendo come luoghi o persone?

<<Mi legano alcuni amici che ho da anni, per esempio a Civitanova, e mi lega il fatto che io nelle Marche mi sono sempre sentito a casa. Parlo di quella sensazione che mi capita non sempre, ma per fortuna spesso, di trovarmi subito a mio agio. Poi ci sono dei ricordi. Per esempio quando scrissi il secondo libro sul mondo del vino, che si intitolava “Il vino degli altri”, facevo dei viaggi nelle regioni e nel mondo. Uno dei più belli fu legato alle Marche e fu legato ad un produttore di Verdicchio. Fu una grande scoperta. Come piccolo tasto dolente in questi anni nelle Marche a livello teatrale sono venuto pochissimo. Su 240 date credo di averne fatte 4, o comunque non arriviamo a 5. Uno dice, “perché ce l’hai con le Marche?” No, non è così, semplicemente gli spettacoli si fanno dove il teatro e la stagione ti cerca. Evidentemente e del tutto legittimamente (ma non per scelta mia) le Marche mi hanno voluto poco. Forse perché non sono secondo loro interessante o c’è qualcosa che non funziona. La data di Ancona mi riempie di gioia perché finalmente torno in questa regione e spero di tornarci un po’ più spesso>>.

Kruger Agostinelli

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L’unicità di Ivan Graziani attraverso le parole di Andrea Scanzi e le note del figlio Filippo

in Cultura da

Ivan Graziani al Bar Torino di Ancona 1982Frugavo nella confusione dei miei ricordi come un gatto randagio in cerca di cibo. Ho ritrovato un 45 giri rarissimo dell’Anonima Sound, una foto in cui giovanissimo andai a trovare con lui i mitici amici (Gualtiero, Argento e l’indimenticabile Rita) nello storico bar Torino di Ancona e il flashback di una memorabile partita a biliardino in cui in coppia con Anna vincemmo inspiegabilmente contro di lui. E la musica? Quella proprio non ho bisogno di ricordarla, è sempre lì presente, immune dall’effetto del tempo. Un punto di equilibrio avanzato fra il sound dei cantautori e il rock. Mentre nei suoi testi, descrizioni capaci di immaginare ambientazioni e personaggi da film d’autore. In poche parole, “il tuo sorriso e tuoi capelli, fermi come il lago” descrizioni che ubriacano la fantasia di ognuno di noi.

Ah dimenticavo, sto parlando di Ivan Graziani e di come mi stavo preparando ad assistere al suo omaggio grazie a “Fuochi sulla collina”. L’evento fa parte della rassegna davvero lodevole dal titolo “S4U Storie e Suoni all’Università”, promossa dalla Politecnica delle Marche in collaborazione con l’Amat. Filippo Graziani talentuoso custode dei gioielli sonori di famiglia, propone in acustico un repertorio di inestimabile valore. Un valore aggiunto che si moltiplica all’ennesima potenza, grazie alla narrazione convincente ed appassionata di un Andrea Scanzi magnifico, diciamo in sintonia con la gremita Aula Magna di Ateneo “Guido Bossi”. Una sorta di credibile John Keating in “Attimo fuggente”. E l’ovazione finale ed infinita del pubblico ne è stata l’inevitabile conclusione. Tutto questo mentre Filippo continua con dei bis alla sua maniera ed Andrea, tanto per rimanere in tema con il finale del film che ho citato, si allontana dopo aver detto “grazie!” con il suo sguardo rivolto in basso.

Kruger Agostinelli

Foto di Federico De Marco

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La Via Maestra a Loreto, un percorso attraverso l’artigianato artistico

in Arte/Cultura/Itinerari da

La Via Maestra a Loreto si trova lungo il corso principale ed è un locale unico nelle Marche. Chi lo ha creato (da poco tempo) si chiama Stefano Pantaloni ed è, a mio parere, guidato da una mission etica che gli fa onore. “Sulla Via Maestra” si possono incontrare tanti veri artisti artigiani marchigiani. Conosco Stefano Pantaloni da 15 anni o forse più. Il suo negozio, Il Buono delle Marche, è ormai un cult per tutti i pellegrini che ritornano a Loreto. Qui Stefano offre tutto – e fa molto bene – dal frigo con bottigliette e bibite commerciali a prodotti eno-gastronomici di pregio della nostra terra. Sia fresco che secco con un occhio appassionato a tutto ciò che deriva da spezie ed erbe.

la via maestra fischiettiL’idea de La Via Maestra gli è venuta perché non c’è. Non c’è in nessuna città un locale che ospiti ceramisti, scultori, pittori, decoratori, falegnami, fabbri, restauratori, cappellai e scrittori. Il percorso – fatelo perché vale veramente la pena – è una via, un museo con vetrine molto ben illuminate e le opere sono raccontate da locandine e pieghevoli personalizzati ma anche da due persone preparate e colte che sanno tutto di ogni artista. Ritrovare e rivedere i fischietti di legno (avete capito bene, quelli per fischiare) mi ha quasi commossa. Se avete in mente di fare un regalo importante o di riportare a casa qualcosa di marchigiano autentico, Stefano Pantaloni è l’uomo che fa per voi. In maniera semplice e molto astuta, ha pattuito con tutti gli artisti un accordo per cui i prezzi che trovate da lui a Loreto sono uguali a quelli che potreste trovare nei laboratori degli artigiani. Per cui anche pezzi di grande valore hanno costi possibili. Insomma abbordabili. Mi provo una decina di cappelli ammirandomi, permettetemi di dirlo, in uno specchio antico con cornice in ferro battuto. Bellissima! Non io, ma la cornice! Poi Stefano mi dice: <<e non hai visto tutto…>>. Ma come? Io già sono stordita e ubriaca di queste meraviglie insieme alle mie amiche reggiane/modenesi che mangiano un gigantesco panino con il ciauscolo (made in Il Buono delle Marche): di cos’altro posso emozionarmi ancora? Stefano critica la mia solita esagerazione. Mi conosce bene il ragazzo! E mi invita a varcare una soglia. E La Via Maestra si allunga. Mi fermo davanti ad un secretere in legno di olivo vecchio con tanti cassettini nascosti e rimango folgorata. Penso che per oggi la mia mente si sia arricchita abbastanza di bellezza e dico a Stefano che dobbiamo andare. Ma sulla destra del secretere c’è una scala in legno che sale. Saliamo in silenzio – chissà perché? – e mi appare La Via Maestra del piano di sotto, da percorrere al contrario. Ci sono tante sedie messe in fila come in un teatro e in fondo, al posto del palco, un lungo tavolo fratino, così straordinario che lo accarezzo più volte. Alle pareti, le stesse vetrine di sotto piene di libri e di altri pezzi rari. <<E qui che succede?>>, domando sapendo già la risposta. <<Ci facciamo le presentazioni dei libri, gli incontri con gli artisti, con gli artigiani. Facciamo degustazioni di vini, presentazioni di cantine. Qui facciamo>>. Stefano è di poche parole e sembra timido e mite. Non fatevi ingannare dall’aspetto e dai modi. È come la goccia sulla roccia. Non si ferma davanti a nulla. Per questo lo stimo e lo ammiro. Per informazioni più dettagliate e per farvi un giro nel “paese dei balocchi marchigiano”, www.laviamaestra.com.

Carla Latini

Profumi e sapori nel romanzo “20 anni” di Maria Anna Mastrodonato

in Cultura/Libri da

20 anni copertinaMaria Anna è un’amica di un’amica e quindi, per “osmosi”, anche mia amica. I miei lettori sanno bene quanto io sia sensibile ai profumi, ai sapori e alle emozioni che questi trasmettono. Quando il ritmo della nostra vita viene scandito dagli odori che ci trascinano dentro le passioni e ce le fanno ricordare, vuol dire che siamo sulla strada giusta. Vuol dire che siamo dei “buongustai, bon vivant”. Com’era scritto sul biglietto da visita di Licia Granello qualche anno fa. Che ci siano ancora questa parole? A Licia, Maria Anna piacerebbe. Ha scritto questo primo romanzo, dal titolo “20 anni”, pensando all’amore. In occasione di una delle presentazioni del libro, avvenuta nella biblioteca di Polverigi, erano presenti soprattutto tanti lettori e fans dell’autrice per un romanzo che ha vinto il concorso nazionale di narrativa “Storie nel cassetto” dell’Associazione La Guglia. Un romanzo che, anche se parla d’amore, non per questo ci risparmia colpi di scena e sorprese. E’ stata proprio l’autrice a confidarlo, intervistata, dopo la lettura di un brano del libro, dalla giornalista Cristiana Carnevali: lei ama i gialli, ma ha deciso di esordire con una storia romantica, scegliendola tra le tante bozze custodite dal suo cassetto magico! Ci sono almeno altri quattro romanzi lì dentro, c’è un altro testo che sta viaggiando a gonfie vele nel concorso della Guglia per il 2016 e un noir che è in concorso a Torino. E lei continua a scrivere, vivendo appieno ogni istante, incamerando tutto, profumi, sapori, situazioni, emozioni. Qualsiasi cosa la colpisca resta intrecciata nei cassettini della sua memoria come la nebbia si abbarbica agli alberi, quando il sole tenta di farla da padrone. Ogni cosa custodita salterà fuori prima o poi, all’occorrenza, per diventare parole, situazioni, avventure, risvolti di una vita o di una sera… Il numeroso pubblico presente in biblioteca ha approvato pienamente la spontaneità della scrittrice, ha posto domande e ha partecipato attivamente all’evento e la fila di lettori pronti a farsi dedicare e autografare una copia del libro, sembrava non finire mai! Ed ora, prima di chiudere, alcuni cenni sulla vita di Maria Anna che servono a capire le sfaccettature del suo scrivere: è nata nel 1970 si è laureata in lettere e specializzata in restauro. E’ impiegata nel settore pubblico, molto sportiva (Nordic Walking, palestra, partecipa alle maratone del territorio). Ha una grande passione per la parola. Per lei non fa differenza il modo di esprimersi: è una instancabile oratrice (a detta di tutti quelli che la conoscono), una inarrestabile lettrice e una indomabile scrittrice. Vive a Polverigi, con il marito e le tre figlie (Giuliana, Giorgia e Gemma che hanno lavorato tutte alla presentazione del libro, accogliendo gli ospiti, facendo da padrone di casa e… la più piccola da valletta alla giornalista Cristiana Carnevali). In fondo la motivazione del premio è stata: con un linguaggio moderno e scorrevole l’autrice compone un vero romanzo con un impianto narrativo ben articolato e coinvolgente. Una storia d’amore che si snoda lungo vent’anni di vita, vissuta in piena intensità.

Carla Latini

“La cucina delle Marche”: un affresco d’amore nel libro di Petra Carsetti

in Cultura/Libri/Mangiare e bere da

Come nonna Lavinia comanda! Petra Carsetti conferma il clamoroso successo con il suo libro cult. Petra è la moglie di Carlo Cambi (con lei nella foto) nonché sua stretta coadiutrice e coautrice. Una coppia, una garanzia per l’enogastromia marchigiana. Oltre 450 ricette della tradizione gastronomica marchigiana raccontate, come in un romanzo, con gli abbinamenti ai vini di questa meravigliosa terra. Un ricettario che è prima di tutto un saggio storico-antropologico, dove i piatti della più stretta tradizione marchigiana non hanno più segreti. Petra riedita La Cucina delle Marche dopo il grande successo che dal 2010 accompagna questo volume. E lo fa con l’inchiostro della passione e il vocabolario dell’amore. Passione per la cucina, amore per la sua terra. L’autrice infatti è maceratese Doc e ha trasfuso prima nella ricerca – durata oltre un anno tra conventi, case nobiliari, osterie e famiglie delle Marche – poi nel racconto delle ricette questo sentimento d’appartenenza alla sua terra meravigliosa di cui narra profumi sapori e restituisce immagini folgoranti. Sono oltre 450 le ricette contenute nel volume e seguendo il metodo di Pellegrino Artusi, Petra le ha tutte sperimentate con l’ausilio di una sua “Marietta”, Emilia Migliorelli, che ha eseguito le preparazioni prima di affidarle alla codificazione del libro. La Cucina delle Marche è edito dalla Newton Compton (382 pagine 4,90 euro), la casa editrice con la quale Petra Carsetti collabora da anni come una delle massime esperte di gastronomie regionali. Basta leggere la dedica in premessa di Petra per capire l’essenza di questo volume: “A nonna Lavinia che è stata mamma, culla di affetti, maestra di vita e che mi dato il senso del rispetto della natura, il valore dell’onestà, il piacere dell’amore; a mia figlia Carlotta che possa avere altrettanto dalla vita”. E’ infatti prima di tutto una cucina degli affetti, del territorio e della familiarità quella che si incontra nelle pagine di questo libro. A cominciare dall’introduzione che rappresenta uno snello trattato di cultura gastronomica e un intenso ritratto della terra marchigiana. Dai brodetti ai vincisgrassi; dallo stocco all’Anconetana al torrone di Camerino; dalle olive all’ascolana al coniglio in porchetta; dal ciambellone alla ricetta del mistrà; dal pottacchio al fritto. Tutti i classici marchigiani sono spiegati, motivati, narrati con il doppio scopo di fare del libro un testo di cultura gastronomica e un praticissimo ricettario al quale ispirarsi per ritrovare il calore dell’affetto, il sapore della cucina di casa, il valore del convivio. A completare il volume ci sono, per ogni ricetta, gli abbinamenti con i vini esclusivamente marchigiani. Si può dire che il volume è anche una sintetica ma informatissima guida al nettare di Bacco delle Marche.

Petra Carsetti, durante gli studi di medicina, ha coltivato la sua vera passione: l’enogastronomia. Ha studiato con alcuni dei maggiori chef della Regione Marche e di tutta Italia, ha partecipato a numerosi stage di formazione sulla cultura del vino spaziando dalla Napa Valley a Bordeaux, dall’Australia alla Franciacorta, da Montalcino alla Nuova Zelanda. La sua attività editoriale l’ha portata a collaborare con numerose testate nonché alla stesura di autorevoli guide enogastronomiche. Dal 2010 ha una rubrica fissa di enogastronomia sull’inserto “LiberoGusto” del quotidiano Libero. È la coautrice della guida Il Mangiarozzo, vero e proprio bestseller pubblicato dalla Newton Compton. Ha inoltre collaborato alla redazione de Le ricette e i vini del Mangiarozzo, 101 osterie e trattorie di Milano dove mangiare almeno una volta nella vita, Le ricette d’oro delle migliori osterie e trattorie italiane del Mangiarozzo, Alberghi e Ristoranti della DeAgostini, Le Locande e gli Agriturismi del Mangiarozzo. Nel presentare la sua fatica Petra Carsetti ha semplicemente affermato: <<Ho voluto fare un atto d’omaggio alla mia terra, alle mie radici, ai sapori della mia vita. Spero che possa essere per molti l’occasione di riscoprire la gioia di cucinare per fare del cibo un atto dativo e nativo. E mi auguro che in fondo ad ogni ricetta, ad ogni vino che ho raccolto, descritto e segnalato, tutti possano riconoscere il profilo delle mie colline, il fascino delle mie montagne, il calore dei miei borghi, quell’azzurro infinito dei Sibillini e dell’Adriatico, le nostre armonie. Devo un enorme grazie a quanti mi hanno per mezzo – dalle famiglie nobili, alle suore di clausura, dagli artigiani del gusto ai ristoratori – di scartabellare tra i loro ricettari per estrarre il contenuto di questo libro che mi auguro sia per le mie Marche un’occasione per farsi scoprire attraverso la suggestione dei suoi sapori>>.

Carla Latini

Loretta Grace canta con passione l’Inno di Mameli: “Sono Italia anche io”

in Cultura da

C’era una simpatica ragazzina di colore che girava nel mio storico negozio falconarese, Disco Fantasia. Amava la musica Loretta Grace bambina, quando arrivava con le sue amiche per comprare o ascoltare le ultime novità. <<Ero un venditore prevenuto nei tuoi confronti?>>, gli chiedo e lei sorridendo mi promuove. Ho rivisto dopo diverso tempo Loretta in veste di star di importanti musical e ultimamente su La7: con la sua interpretazione di grande effetto, hashtag #litaliasonoanchio, dell’Inno di Mameli (il video potete vederlo QUI)

Loretta mi confermi che l’italiano è meno razzista quando ha a che fare con un’artista o uno sportivo?

<<Penso che l’italiano, discorso generico, abbia paura della diversità e che solo quando si tratta di calcio, di arte o di spettacolo tende sempre a non vedere più differenze di colore o di provenienza>>.

Come combattere allora questa paura?

<<Mah, più che combattere per me bisognerebbe sensibilizzare i bambini, fin dalle scuole elementari, sul fatto che la diversità non è brutta, non è da temere. E’ invece qualcosa che può dare un valore aggiunto. La possibilità di confrontarsi, di avere uno scambio culturale con chi è diverso, ci arricchisce>>.

Non deve dividerci.

<<Esatto. Siamo ormai nel 2016 e non più negli anni Ottanta, quando mio padre o mia madre sono venuti in Italia. Oggi però non è giusto dare per scontato che una persona scura o comunque con tratti somatici non caucasici venga per forza considerata straniera. Esistono ragazzi italiani di seconda generazione come me, mio fratello, o come tantissimi altri. Ecco vorrei una maggiore apertura. Bisogna accettare che questa è l’Italia di oggi. Sono Italia anche io>>.

Com’è nata l’idea di fare il video con l’Inno di Mameli?

<<In realtà volevo farlo già lo scorso anno ma per impegni di lavoro non mi è stato possibile lanciarlo prima. E’ però sempre rimasto nei miei desideri. In questo momento si parla di Ius Soli e tutto ciò mi ha colpita in prima persona: quando ho compiuto 18 anni non mi fu riconosciuta la cittadinanza perché avevo sei mesi di residenza anagrafica che non mi erano stati riconosciuti. Di fatto in quel periodo non risultavo residente da nessuna parte, nonostante mio padre studiasse Architettura a Pescara e avesse una casa a Silvi Marina con mia madre. Parlando con gli avvocati mi hanno spiegato che ci sarà stato qualche problema burocratico negli enti, durante il passaggio dall’archivio cartaceo al digitale. Mi sembra comunque assurdo: ho una formazione e una cultura italiana, non sono mai stata in Africa o in America, non conosco altro fuorché l’Italia. Bisogna creare una legge che tuteli il bambino, l’Italia ormai deve adeguarsi a quello che è il resto del mondo. Sono nata in Italia, conosco la storia italiana, ho studiato in Italia. Quindi se ho una cultura italiana mi sembra giusto che mi venga riconosciuta la cittadinanza>>.

Pregi e difetti allora della nostra Italia?

<<Pregi? Ho girato parecchio per lavoro e devo dire che l’Italia mi manca sempre per una questione di cibo, di odori, di arte. Mi piace l’italianità e il senso d’ospitalità che è ammirevole. Per me il difetto è invece che c’è poco spirito di patriottismo. Quando si tratta di calcio siamo tutti davanti alla tv, ma per il resto… Se non ci sono problemi che ci toccano violentemente nel privato restiamo dentro casa a fare post su Facebook scrivendo cosa non ci va bene>>.

Se avessi una bacchetta magica come ripareresti questa società sempre più attratta dalla violenza?

<<Più amore, più comprensione e più tolleranza. Oggi, anche nei rapporti interpersonali, si tende ad essere poco tolleranti e pazienti. E bisogna riscoprire i valori>>.

Cosa stai facendo e soprattutto cosa farai? Insomma hai qualche anticipazione della tua attività artistica per noi di Tyche Magazine?

<<In questo momento sono in tournée con uno spettacolo, The Blues Legend, che sta andando particolarmente bene. Purtroppo nelle Marche, non so perché, ma non ho mai avuto possibilità di venire con gli spettacoli. Come per Sister Act. Questo musical sarà quest’anno di nuovo prodotto dalla Compagnia della Rancia: mi avevano chiamato ma purtroppo non abbiamo trovato l’accordo e a malincuore ho dovuto rifiutare la proposta>>.

Per scaramanzia non ci dici nient’altro?

<<A livello musicale e teatrale sì, non dico nulla per scaramanzia. Come blogger ho collaborazioni con brand importanti. Grazie a loro sto riuscendo a sensibilizzare un po’ di più le case di prodotti cosmetici per far uscire negli store fondotinta e altro per chi come me ha la pelle scura. Quando ero piccola a Falconara non c’era nulla e dovevo farmi inviare tutto da mia zia dall’America>>.

Kruger Agostinelli

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