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Carla Latini

Nikita Sergeev, non più come prima ma più di prima fra Ristorante L’Arcade e Banco_12

in Carla Latini/Mangiare e bere da

E’ il terzo anno consecutivo che l’amico Chef Nikita Sergeev invita me e il direttore Kruger a degustare le sue ultime invenzioni e le sue evoluzioni. Ma questo è un anno speciale, purtroppo, e siamo entrambi curiosi si capire come il nostro ha saputo trasformare il lockdown in una grande opportunità. Durante il viaggio sulla sempre più impraticabile A14, sai quando entri ma non quando arriverai a destinazione, ci sembra di essere in vacanza. Eterni ragazzini. E poi rivedere Nikita ci mette sempre di buon umore.

Prima tappa Banco_12 ai numeri 1 e 2 del mercato coperto di Porto San Giorgio che offre alla cucina dello Chef Francesco Pettorosso, collaboratore stretto di Niki, prodotti contadini e pescato locale. Davanti a un bel bicchiere di Franciacorta, ci fa assaggiare, nell’ordine, ostriche irlandesi, quelle più carnose e gustose, calamari arrostiti al profumo di rosmarino e crema di borlotti, sanno di cucina casalinga, di tradizione, crostone di pane casareccio con peperoni di piquillo e ricotta al forno, croccante e ricco di sapori forti, e vitello tonnato, rucola emulsione di pomodoro secco. Queste leccornie e tutte le altre del menu sono anche da asporto. Ma non diciamolo troppo forte. Niki rimane sempre contrario ma se il mercato lo chiede si fa. A L’Arcade no. Non c’è asporto. Bisogna andare e sedersi al ristorante.

Ci avviamo accanto al nostro Chef che non ci anticipa nulla di quello stiamo per vivere a breve. A parte mascherine e sanificatore all’entrata qui nulla è cambiato e Leonardo Niccià, il prezioso Maitre, ci sorride con gli occhi. Invece il menu si apre con questa frase: nulla sarà più come prima. Ma lo renderemo un motivo per migliorarci. Seguono verbi come sperimentare, cercare, non confinarsi nella comfort zone, cambiare con i nostri ospiti e fornitori. Segue la pagina delle proposte che sembra una partita a poker.

L’amore per il gioco, l’ironia e il doppio senso è un sentimento forte nel cuore e nella mente del nostro colto Chef. Estate 2020, Piccolo Buio (4 portate) Grande Buio (7 portate) Percorso Nikita (11 portate). Non ci sono nomi di piatti ma indicazioni tipo appetizer piuttosto che primo e secondo. Iniziamo il percorso concentrati fra assaggi, belle foto, racconti e scambi di idee. E’ così bello farlo con lui che ha una risposta saggia per ogni domanda. Le mie qualche volta possono sembrare stupide e lui le fa diventare intelligenti. Trasformazioni, evoluzioni, divenire.

Ecco il nostro aperitivo con finta oliva al forno con arancia, una vecchia conoscenza, cracker ricotta e pomodoro essiccato, indimenticabile, cannolo ripieno baccalà mantecato, zafferano e saor, da leccarsi i baffi, spugna rapa rossa e tonno, un’altra conferma. Ma il freddo profuma? Il nostro appetizer sì. E’ un brodo freddo di pomodoro verde e finocchietto selvatico. Geniale il ragazzo. Negli antipasti esplode la sua arte di saper incastrare, sciogliere, fermetare ogni ingrediente che diventa un altro ingrediente. Ostrica irlandese vinaigrette allo scalogno e distillato di prosciutto crudo ne è prova vincente. Bevuto one shot esalta la sapidità del boccone.

E’ a questo punto che ci raggiunge Luca Pesaro, la mia valida spalla radiofonica, che ha il suo primo incontro molto positivo con l’ostrica poco amata. Coquillages “molluschi e gelatina di pollo” ci catapulta, come in un film di fantascienza, in una scena casalinga dove con nonna spolpiamo ossa di pollo ‘marino’ nella sua gelatina. E’ con gamberi rosa, ciliegia sottaceto e mirto che Kruger esclama: “Il piatto dell’Eden. Siamo in Paradiso! Non ci sono confini. Un piatto universale.”

Dopo tanti anni riassaggio la Murena, un pesce difficile e brutto ma tanto buono. Niki la fa fritta in salsa di pomodoro e mirto fresco. Confortante e golosa come scampo, yuzu, basilico e tartufo nero che, in più, è rotondo e avvolgente. E adesso arriva il mio preferito. Cervo e cozze. Siamo tutti d’accordo che è un piatto erotico, sensuale con quei petali di rosa sulla tartare che si inebria di acqua di cozze allo zafferano.

“Adesso arriva il primo, fettuccelle, crema di pesci di scoglio e gamberi rossi, un piatto sveglia” Il nostro ha una padronanza della lingua italiana e un vocabolario ricco e complicato molto gradevole. “Cucina anche quando parla.” Dice Kruger. Prima del secondo c’è il predessert. La pungente ironia culinaria esplode nel limone sorbetto. Che apre il palato al piatto forte: anatra, wakame e foie gras. Siamo in Francia, avvolti nel burro con una carne cotta alla perfezione accompagnata da un’insalatina di alghe e nocciole.

Un dolce salato, poteva essere diversamente? conclude il nostro Percorso Nikita. Un po’ più lungo del normale. Di fronte alla piccola pasticceria registriamo una puntata per il mio retrocucina che andrà in onda Mercoledì 15 Luglio. Ma senza i nomi dei piatti come funziona con gli ospiti? E’ facile. Alla prenotazione viene spiegato il tutto e chiesto preferenze, intolleranze, crudo o cotto, carne, pesce ecc…

Le informazioni raccolte si incastrano con le scelte della cucina e di quello che offre il mercato. Un lavoro sottile, intelligente e matematico che permette di non avere sprechi e di trovare sinergie nuove con gli ospiti. Se nulla sarà più come prima qui è tutto meglio di prima.

Carla Latini

A Casa Mirizzi il Pranzo di San Martino per Festeggiare i primi 50 anni della Montecappone

in Carla Latini/Mangiare e bere/Vini di Montecappone da

Sara Pandolfi è una Fatina Bionda munita di un mestolo magico capace di trasformare un’accogliente e calda cantina in un salone delle feste. Di quelle sontuose, quasi natalizie.  Al suo fianco il marito, lo Chef German Scalmazzi, arriva come il principe azzurro con la sua corte, il sous Chef Gianluca Guidi e un carrozzone favoloso dove ha caricato l’intero Chalet La Rotonda di Porto Recanati. Anticipato di pochi minuti da Mauro Follenti, il mitico macellaio di Civitanova Marche, che in questa favola domenicale somiglia al Gatto con gli Stivali. Nel corso della narrazione capirete perché. Il padrone di casa, Gianluca Mirizzi con la bella moglie Annarita, accoglie i numerosi ospiti. Che sono amici, clienti fedeli, giovani coppie. Insomma quella che mi viene da chiamare: bella gente. Il vero scopo di questo conviviale non è solo mangiare bene e bere meglio. E’ ascoltare ed imparare. Per questo, motivo in fondo alla sala, German ha costruito un palco dal quale ci racconterà ogni passaggio dei piatti che degusteremo. Accanto a lui Mirizzi, con il suo eloquio colto ma di facile ascolto, ci porta nel magico mondo delle vigne, del vino e dell’olio. Con la semplicità di linguaggio di chi segue la vita della produzione dalla terra al bicchiere.

I convenuti sono accolti dalle mie rosselle, piccoli crostini di grano duro al verdicchio, farcite con la concia fresca della salsiccia di Follenti. Cominciamo con golosa aggressività e brindiamo ai 50 anni dell’Azienda con il Sauvignon spumante Charmat. Una sorta di ‘in alto i calici’ che scalda subito l’atmosfera. La bella Sara ci invita a sederci. Tavoli tondi, centro tavola di croccanti grissini. Sembra di stare allo Chalet La Rotonda. Mentre ci servono la stupenda tartare di Follenti il padrone di casa ha in mano una bottiglietta preziosa. Contiene l’extravergine  monovarietale di Rosciola che ci viene portato a tavola un una ciotolina. Da annusare, da pucciare con l’indice e da leccare. Qualcuno fa giustamente scarpetta. Quella della produzione dell’olio per la Montecappone è stata un vero e proprio recupero delle piante già esistenti. Curate con maestria e professionalità hanno portato questi eccellenti risultati. Così come le vigne. Dalla carne cruda passiamo al celebre ‘ragù de lo Batte’. Mauro e German sembrano il Gatto e la Volpe, e Mauro ha sempre gli Stivali, quando raccontano la storia contadina del rito del raccolto. Io, nel mezzo, posso solo che divertirmi. Ma quanto ha bollito il ragù? Due ore anche di più. I trucioli godono di cotanta bontà e il ragù ringrazia. Un giro di parmigiano a piacere passa fra i tavoli. Come a casa. Perché, in fondo, siamo a casa. Casa Mirizzi. Rende omaggio al piatto il Verdicchio dei Castelli di Jesi 2017 Muntubé. Che in dialetto jesino vuol dire ‘molto bene’. Un vino pensato da Gianluca per ricordare, appunto, gli anni passati. Tutti i pregi del vino di una volta senza i difetti. Per il celebre Federico II Verdicchio dei Castelli di Jesi 2016 Scalmazzi crea sul palco i ‘Tortelli di ricotta e limone, brodo di parmigiano, zucca e pancetta’. Una delizia per gli occhi. Un’esplosione di sapori per il palato. Il pubblico, perché questo pranzo è uno spettacolo, applaude. Mirizzi spiega con soddisfazione la grande evoluzione di Federico II e, reduce da Merano Wine Festival, ci racconta dei numerosi premi presi quest’anno che arricchiscono il medagliere dei suoi meritati successi. Ed ora arriva il momento più sconvolgente della giornata. Follenti porta sul palco un coniglio crudo intero. Testa compresa. Mi aspetto reazioni poco simpatiche ed invece anche le signore in prima fila si dimostrano interessate a capire perché il coniglio non può essere scambiato per un gatto e come si fa a dissosarlo ad arte. Lo mangeremo di lì a poco trasformato dall’estro di German in ‘porchetta e pop corn’ di cotenna. Utopia Verdicchio dei Castelli di Jesi di Jesi Classico Riserva 2015, una delle chicche della cantina Mirizzi, rende omaggio a questo grande piatto. Gianluca ha dedicato al nonno Kylix Marche IGT passito che, nel tempo, si è affinato e ha trovato in questo nome la sua giusta dimensione. Lo beviamo con due pecorini marchigiani, uno meno stagionato dell’altro e con un dolce spettacolare, poteva mancare? Un cannolo di cioccolato fondente ripieno dal nome ‘sigaro di cioccolato, crema al mascarpone e crema di latte, terra ai cantucci e cacao 70%. Sazi, felici e ‘socializzati’, sembriamo ad una festa di matrimonio, Mirizzi ci accompagna in cantina. Per me non è la prima volta. Ma ogni volta è come se lo fosse.Un grande grazie va al Direttore Kruger Agostinelli che, come il pifferaio magico, conosce i nostri desideri e sa come realizzarli.

Buon Compleanno Montecappone! Ah, dimenticavo, al ritorno dalla cantina ci aspettavano caldarroste bollenti.

Carla Latini

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La cucina dello Chef German Scalmazzi con i Vini di Montecappone secondo Carla Latini

in Carla Latini/Mangiare e bere/Vini di Montecappone da

Il pranzo con gli amici. Se deve essere è così.

Ormai, sono i rapporti, quelli veri sui social, a creare collisioni, incontri, contaminazioni. Per me la parola contaminazione è bella e positiva. Vuol dire uscire dall’orticello e provare a portare altrove le proprie idee. Dove c’è cultura c’è sempre spazio per un buon vino e per un buon cibo. Detto ciò o detto questo, come amano intercalare tutti i politici oggi, succede che Gianluca Mirizzi, ai social Gianluca Utopia (come uno dei suoi vini di punta) si scrive e si chatta (si può dire si chatta?) con Mauro Follenti. La terza generazione della Macelleria Follenti a Civitanova Marche. Quella che nonno e babbo non avrebbero mai immaginato. Si vogliono incontrare, il vignaiolo illuminato (è mio amico e quindi sono di parte ma nel giusto) e il macellaio che nella sua bottega (bellissima) prepara leccornie con il roner a bassa temperatura. Mi coinvolgono e visti i passati recenti, decido che un pranzo da German Scalmazzi con Sara Pandolfi in sala sarebbe l’ideale. Mirizzi vuole spiegare a Follenti i suoi vini e solo la pazienza e la professionalità di Sara lo possono aiutare. Il destino vuole che per un pelo, ma proprio un pelo, Kruger non ci raggiunga con Bobo Vieri. E’ da solo. Meglio. Confondo Vieri con Alberto Tomba.
Ma questo è un problema mio. Siamo puntuali tutti, caso strano, e facciamo fare a German. Ogni suo piatto sarà perfetto con i vini che abbiamo la gioia di degustare. Con Follenti c’è un suo carissimo amico. Da qui in poi denominato ‘appassionato di buona cucina’.
Con i primi antipasti ‘fai te!’ di German, Mirizzi ci stappa Millesimé. Lo spumante della sua nuova azienda biologica Mirizzi a Monte Roberto. 100% Verdicchio. Profumato, corposo, bollicine raffinate, piccole, una dietro l’altra in fila indiana. Mangiamo il salmone affumicato al cedro, maionese al lime, salsa di guacamole, cialde di pane carasau e polvere di olive nere, lo sgombro piastrato con la cipolla rossa caramellata e la tagliatella di seppia con i germogli. Io continuerei a bere Mirizzi Millesimè. Ma è un pranzo ‘didattico’ oltre che goliardico. Quando German ci porta i tortelli ripieni di raguse in porchetta e le irrora con l’acqua bollente di finocchietto selvatico Mirizzi stappa Muntobè che è sempre all’interno della produzione bio. Muntobè in dialetto jesino vuol dire ‘molto bene’. Un Verdicchio di facile comprensione che, però, fa ragionare tutto il tavolo. Kruger è impegnato a provare il suo nuovo telefono e a darci cenni della sua frenetica vita mondana. Follenti mangia, beve, gradisce e alla fine farà le sue riflessioni. Il suo amico ‘appassionato di buona cucina’ sembra essere felice di stare con noi. E ci credo! German prevede un secondo primo piatto che sono degli gnocchetti fatti in casa, con un locale e stagionale ragù di pesce in bianco. E’ il momento si stappare Ergo. Un grande Verdicchio sempre biologico e sempre Mirizzi. Che ricorda i difetti piacevoli e avvolgenti, quasi commoventi, del famoso ‘vino del contadino’.
Un Verdicchio schietto e diretto. Quasi 14 gradi di elegante ‘campagna’.
Mentre proviamo a dire a Sara e German che noi ci fermiamo qui, ben mangiati e ben bevuti, Mirizzi annuncia il prossimo vino che con la ventresca di tonno ai carboni, verdurine miste qualcunque esse siamo, è quanto di meglio potevamo aspettarci. Si chiama Utopia Castelli di Jesi. Un Verdicchio elegante e molto longevo. Un Verdicchio che invecchia bene  fino a 20 anni. Il suo vino più amato e più premiato. Per farla breve: il primo della classe della Montecappone.
German e Sara si siedono con noi e il conviviale va avanti con un piatto misto di dolci al cucchiaio dove c’è una torta al cioccolato veramente notevole. Potremmo bere altro ma finiamo con Utopia. Dopo la foto di gruppo di rito, io, Kruger e Mirizzi andiamo a trovare Follenti nella sua Macelleria. Qui vorremmo ma non possiamo stappare Utopia Rosso, 100% Montepulciano. Lo lasciamo a Follenti. Con le sue meravigliose salsiccie sarà perfetto. E’ nata una nuova amicizia fatta di stima e confronto.
Come sempre io e Kruger ne siamo diretti testimoni e complici indiretti. O diretti?
German e Sara e tutti i ragazzi di cucina e di sala ormai siete una delle mie ‘case’ marchigiane preferite. E i miei amici concordano.

Carla Latini

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La cucina di Chef Nikita Sergeev del Ristorante L’Arcade secondo Carla Latini

in Carla Latini/Mangiare e bere da

Ogni anno il giovane chef invita il nostro Direttore ad assaggiare il nuovo menu. Spesso quello estivo. L’invito si allarga ed io, volentieri, mi associo al ‘percorso nikita’ studiato apposta per noi. Il 24enne Nikita Sergeev è stato scoperto dal mitico Luigi Cremona all’apertura del suo locale ben 5 anni fà, L’Arcade a Porto San Giorgio. Il piatto galeotto fu un risotto al sedano rapa e sentori di mare, limone candito e capperi. Ancora presente nel menu fra “gli storici”. Oggi è considerato all’interno di tutte le guide e nelle associazioni più importanti. Intanto sul tavolo tondo di legno e senza tovaglia quattro entrè profumano l’aria. Tutti i piatti freddi, tiepidi e caldi, emanano profumi prepotenti. Le due olive taggiasche con la mandorla predispongono subito il mio palato a fare un altro boccone che, con il crostone con mozzarella, pomodoro e salsa carpione, diventa subito caldo. Ottime le chips di riso che nascondono una pallina di baccalà in saor. La spugnola di barbabietola e tonno placa un poco le mie papille e le prepara al primo antipasto. Che mi introduce a capire un concetto: quando due grassi si incontrano si sgrassano. Ecco l’insalata di astice e pesca con il foie gras e la cipolla bruciata. Altro punto fermo della cucina di Nikita. Il bruciato al limite estremo . La mia bocca è pulita e pronta per l’esperienza delle verdure fermentate. Il crudo di gamberi rosa è adagiato su estratti di barbabietola, di sedano e carote. L’agrume che lo chef ritiene coprente sul pesce crudo si traveste nella buccia di limone carbonizzata. Una polvere scura che sprigiona al naso e in bocca freschezza e non acidità. L’ostrica Royale è seduta su un trono di ghiaccio. C’è gin, ginepro, aneto, panna e caviale. Tutta d’un fiato. Nel penultimo antipasto la crema di carote con zenzero e quella alla vaniglia addolciscono lo sgombro dell’Adriatico marinato all’anice e poi piastrato. L’aceto, la cipolla, l’aglio sono ingredienti forti. Nikita li trasforma e li traveste di bello e buono. Il concetto grasso elimina grasso, si spiega completamente con scampone, midollo fritto e asparagi verdi. C’è la freschezza dell’asparago appena condito con una citronette, lo scampone del Conero crudo laccato con il suo fondo di cottura e il midollo a sua volta è fritto in una panatura di cotenna di maiale. Saltellano, croccanti, fettine di asparagi sopra e sotto in un contenitore scenografico a forma di osso. I piatti di portata sono uno più bello dell’altro. C’è la mano elegante e femminile di mamma Ekaterina anche negli arredi che sono essenziali, sobri. Il sous chef di Nikita è il giovanissimo Edoardo Corpetti, con lui da tanti anni. Poi c’è Francesco Pettorossi “secondo” braccio destro dello chef che segue la linea dei pani. La sala è il regno di Leonardo Niccià e Irene Tulli. Il riso, brodo di manzo, ricci di mare e alghe mi fa ringraziare Kruger dell’invito. Il brodo non è proprio un brodo è un estratto ottenuto dalla cottura del muscolo del manzo sottovuoto e a 100° fino a che della carne rimanga solo la fibra. Ne deriva un brodo denso dove Nikita cuoce il riso lo condisce con i ricci di mare crudi, con le alghe e lo spolvera con cavolo nero essiccato. In questa creazione c’è tutto il suo essere cuoco. Nei secondi trasforma l’idea del branzino al forno con le patate e del classico polpo. Il branzino, crescione e foglie di pepe, sembra un trancio di pesce ed invece all’interno ci sono le patate condite con l’acqua delle vongole ad aumentare la sensazione umami. Il polpo è unito alla dolcezza del cocco e del cipollotto bruciato. Al posto del sorbetto, a fine pasto, ci porta uno scrigno dorato. Lo apro e mi arrivano al naso cioccolato bianco, aceto e polvere di carcadé. Un pre-dessert molto originale che anticipa la scelta di tre dolci monocromatici. C’è dell’ironia nei dessert e anche nella piccola pasticceria che seguirà. Ci sono tre dolci (Trelatti, Fragola, Pistacchio) non dolci. E la piccola pasticceria, invece, ricorda i classici dolci italiani. La mia preferenza va sul candido Trelatti (marshmallow al latte caprino, gelato di buffala affumicato, spuma di latte vaccino al cardamomo e fior de sel). E’ nelle corde del mio palato perché non è un dolce. Sembra di mangiare burrata, mozzarella, fiordilatte nelle consistenze che tutti conosciamo, ogni tanto risvegliano il palato delle micro meringhe. Il mio ‘percorso nikita’ finisce con un mini bacio di dama e una cheesecake mignon entrambi buonissimi. Abbiamo abbinato a questi piatti dei Vini di Montecappone, l’azienda jesina di Gianluca Mirizzi. Grazie Kruger. Quando torniamo?

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Carlo Latini racconta il suo Senatore Cappelli con lo Chef Paolo Paciaroni

in Carla Latini/Mangiare e bere da

Un invito a Borgo Lanciano non si rifiuta mai. È un luogo magico e ricco di energia vitale positiva. Da quando a dirigere la cucina c’è lo Chef Paolo Paciaroni il viaggio ha un valore doppio.

Borgo Lanciano

Il 3 Maggio ho partecipato ad una cena speciale organizzata per due amici speciali: Carlo e Carla Latini. La coppia che, in tempi non sospetti quando nessuno parlava di grano duro e figuriamoci di grani antichi, riprese a coltivare il grano duro Senatore Cappelli nel lontano 1991. La serata inizia così. Con il benvenuto di David che cura le relazioni esterne del Borgo, con Carla che ci mette in guardia su una possibile commozione di Carlo, con Carlo e la sua storia . Dalla cucina comincia anche Paolo Paciaroni che ci delizia con un primo antipasto, fra creatività e terra: Tacos con erbe di campo con erbette spontanee e melissa, Al Contadin non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere, Peperone candito al miele di Luca Bianchi, guanciale Sa.Di.Fà, alla brace.

antipasti di terra Paolo Paciaroni Borgo Lanciano

Alla fine degli anni ’80 Carlo Latini conosce Cesare Maliani, genetista agronomo di Recanati, figlio dell’allievo prediletto e maggior divulgatore dell’opera di Strampelli, padre della moderna cerealicoltura mondiale e selezionatore dell’ormai famosissimo Senatore Cappelli. Si arrossano gli occhi e trema un po’ la voce al nostro amico Latini quando ci fa vedere con le sue parole la prima raccolta che risale al 1992 e ci descrive il sapore di questo che, a ragione, possiamo definire un vero recupero storico. Un sapore immutato nel tempo che troviamo subito nei pani fatti a mano dallo staff di Paciaroni. 100% semola di grano duro Cappelli che rendono ancora più gradevole il secondo antipasto: Terrina di Fagianella con verdure primaverili tartufo, crema di albicocche, piselli e lime.

antipasti di Paolo Paciaroni Borgo Lanciano

Apro una parentesi che dedico ai vini della Fattoria Colmone protagonisti anche loro della serata. Il Bianco del Moro che accompagna gli antipasti è un Sangiovese vinificato in bianco. Molto interessante. Ma torniamo a Carlo. Un primo raccolto di Senatore Cappelli poteva essere pastificato solo applicando il metodo classico artiginale, trafile di bronzo ed essiccazione lenta a bassa temperatura. Per rispettare completamente tutte le caratteristiche organolettiche del primo grano italiano iscritto all’Ente Nazionale Sementi Elette nel 1915. Il grano della Battaglia del Grano che si legge sui libri di storia. Che sapore ha la storia? Sa di pane cotto a legna, di mandorla tostata, di paglia profumata. A questo punto interviene Paciaroni. Lo fa con il primo dei primi di Cappelli che stupisce perché sembra una carbonara ma non lo è: Chitarra Semola Cappelli con pomodoro verde, finocchietto selvatico e lonza.

Chitarra Semola Cappelli con pomodoro verde, finocchietto selvatico e lonza Paolo Paciaroni Borgo Lanciano

Ma quanto è diventato bravo Paolo? L’idea dell’uovo è data dall’acqua del pomodoro verde che lui prepara all’inglese. Un giorno ci faremo spiegare come si fa. Il sapore della pasta descritto da Carlo è lì. E cresce con il secondo dei primi: Spaghetti Senatore Cappelli Semi Integrali alla puttanesca. Bocconi robusti e intensi. L’esaltazione del Cappelli. Cresciamo anche con i vini e passiamo a Re Piero, vino rosso Marche IGT che vola nella compagnia aerea degli Emirati Arabi.

Spaghetti Senatore Cappelli Semi Integrali alla puttanesca Paolo Paciaroni Borgo Lanciano

Dal 1992 ad oggi, ogni anno eccetto alcune annate poco produttive (“Il Cappelli è alto quasi un metro e 80 centimetri, ha una spiga molto grande e pesante. Se si raccolgono 25/30 ql per ettaro è un successo.” Sottolinea Latini e aggiunge: “Se realmente in tutti i prodotti attualmente sul mercato che riportano la dicitura Senatore Cappelli in etichetta ci fosse il vero seme certificato la ditta sementiera dedicata avrebbe quintuplicato il fatturato.”) i Latini hanno proposto al mondo questa che Carla ha chiamato ‘pastificazione in purezza’. Visionari e pionieri apprezzati prima all’estero e poi in Italia. Parole forti e sicure come il piatto forte inventato da Paciaroni. Sembra quasi che il ritmo della serata sia stato concordato fra parole e cucina. Ma credo sia impossibile. Carlo, che conosco bene, parla a braccio. Ma Paolo lo segue e accompagna con intuizione affettuosa.  Il invita i commensali a giocare con il gelato e l’agnello. Abbinamento assolutamente riuscito e buonissimo. Da ripetere. Con il Cosciotto beviamo Ciacco da Colmone DOC, un blend Montepulciano/Sangiovese. Come per il gelato di alici, abbinamento perfetto.

Cosciotto d’Agnello dei Sibillini, sfoglia di mela e pane, gelato all’alici, scarola e lime Paolo Paciaroni Borgo Lanciano

Al tavolo con noi c’è l’amica giornalista Agnese Testadiferro del Corriere Adriatico. Piacevole e intelligente compagnia.

Agnese Testadiferro Paolo Paciaroni Carla Latini Borgo Lanciano

Un applauso forte accoglie Paciaroni e la sua brigata. Siete stati tutti straordinari.

Lo staff della serata di Borgo Lanciano

Chiedo venia perché non ho fatto in tempo a fotografare il dolce… me lo sono mangiato subito!

Kruger Agostinelli Borgo Lanciano

 

 

 

Paolo Paciaroni porta le Marche alla seconda stagione di Cuochi d’Italia su TV8

in Carla Latini/Mangiare e bere da

Un gioco, una gara nuova e intelligente che vede a confronto, attraverso i cuochi che le rappresentano, tutte le regioni italiane, le ricette della tradizione e i prodotti storici. Il programma è condotto da Alessandro Borghese insieme a i due cuochi stellati Gennaro Esposito(Vico Equense)  e Cristiano Tomei (Lucca). Come annuncia il titolo, per le Marche è stato selezionato il nostro Paolo Paciaroni. Nato a San Severino Marche, classe 1979, è diventato cuoco per amore. Prima vicino casa, a Tolentino poi, spinto dal desiderio di crescere e di nuove sfide, ha lavorato in Alta Badia, nel grossetano e al celebre Casta Diva di Blevio con la conduzione di Gennaro Esposito. Arricchito da tutte queste esperienze è rientrato, felice, nella sua amata terra di cui non ha mai dimenticato prodotti e tradizioni. Paolo Paciaroni, oggi, è l’excetuve chef del bellissimo ristorante i Due Angeli sito all’interno del Relais Benessere Borgo Lanciano a Castelraimondo. Qui, nel verde delle morbide colline, ammaliati dalla serenità che questo luogo trasmette, potrete assaggiare i suoi. Intanto ‘tutti in piedi sul divano’ a fare il tifo per lui! Mi raccomando, tutti i giorni, dalle 19 e 40 su TV8 del digitale terrestre.

Carla Latini

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